Abbattere il virus dell’inimicizia tra i popoli e gli stati

Giungono sempre sorprese positive da papa Francesco, che ha deciso di rendere permanente la possibilità di assolvere dal grave peccato di aborto le donne e quanti le hanno aiutate. Il giorno precedente la chiusura del giubileo della Misericordia, a 50 anni dal Concilio Vaticano II, ha in certo senso proseguito il cammino aperto dall’evento conciliare voluto in modo profetico ed inaspettato da papa Giovanni XXIII. Evento centrale per il rinnovamento della chiesa e la sua apertura al mondo contemporaneo e che ha riguardato i problemi di tutta l’umanità. Prospettiva proseguita da tutti i pontefici che si sono susseguiti, anche se l’ideale della “Pacem in terris” a cui papa Roncalli aveva dedicato una bellissima enciclica è rimasto più una aspirazione che un reale impegno per contribuire davvero alla affermazione universale della pace. Sono prevalse le guerre con violenze e atrocità di ogni genere in tanti parti del mondo. Papa Francesco si è fatto messaggero di pace sin dall’inizio del suo pontificato, sollecitando in tutte le direzioni popoli e governanti, uomini e donne di ogni condizione, a farsi costruttori di pace a difesa dei più deboli, dei poveri, dei migranti. Incontrando i 17 nuovi cardinali  che concorrono a costituire il concistoro rappresentativo di tutte le aree geografiche del pianeta, ha voluto usare l’espressione “inimicizia“ che deve essere bandita tra gli stati, i popoli e le persone. E’ responsabilità primaria dei cristiani contrastare il virus della inimicizia. Atteggiamento, questo,  da testimoniare verso tutti come scelta di vita da praticare in ogni circostanza perché la categoria dell’ inimicizia è come un tarlo che corrompe la vita delle società, promuove lacerazioni e contrapposizioni.                                                                                             

Ne registriamo un riflesso preoccupante anche nella campagna referendaria sempre più aspra a meno di due settimane dal voto. Volano parole grosse e volgari, si minacciano sfracelli e timori spropositati e strumentali, si usano linguaggi che esasperano e strumentalizzano posizioni differenti.                                                                                                                  Ben altro clima si respirava ai tempi dell’Assemblea costituente, nonostante si fosse all’alba della tragica guerra fredda e di aspre tensioni economiche e sociali. Alcide De Gasperi presidente del Consiglio non interferì nei lavori dei padri costituenti e Piero Calamandrei  raccomandava che i banchi del governo restassero vuoti durante i lavori dell’assemblea. Tra qualche mese sarà pubblicato un grosso volume di Giorgio La Pira e Fioretta Mazzei, frutto di un epistolario spirituale e politico durato tutta una vita. In una lettera autografa  su carta intestata “Assemblea costituente”, Giorgio La Pira scrive della gioia provata lavorando insieme a Lelio Basso, esponente di punta della sinistra socialista, ideologicamente molto lontano dalle posizioni lapiriane. Il professore siculo-fiorentino successivamente straordinario sindaco di Firenze e promotore di dialoghi di pace nel Mediterraneo e dimissioni a Mosca e nel Vietnam di Ho Chi Minh , racconta con entusiasmo della positività del confronto con Lelio Basso e del reciproco arricchimento in parte anche sorprendente, per il risultato del buon lavoro ottenuto insieme. Il fine della politica è infatti operare per il bene comune, specie in materia costituzionale, che rappresenta sempre la casa comune e le fondamenta condivise tra portatori di differenti posizioni.

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