A Misilmeri i boss puntavano tutto sulla lista civica, che poi però non si è realizzata perché a fine 2018 il blitz “Cupola 2.0” ha portato in carcere i mafiosi protagonisti della riorganizzazione dei clan, e fra questi anche alcuni uomini d’onore della provincia: Filippo Bisconti, coreggente del mandamento assieme a Sciarabba, che ha poi scelto di collaborare con la giustizia; Vincenzo Sucato, reggente della famiglia di Misilmeri, è stato invece il primo detenuto morto per Covid in carcere.
In questi giorni, un nuovo blitz blocca un altro pezzo del mandamento mafioso di Misilmeri, che era impegnato soprattutto nelle estorsioni a imprenditori e commercianti, per rimpinguare le casse dell’organizzazione. I provvedimenti riguardano: Salvatore Sciarabba, Claudio Nocilla, Stefano Casella, Giuseppe Bonanno e Alessandro Imparato, un sesto provvedimento è per Carlo Noto, l’imbianchino che ospitava a casa sua i summit del clan di Misilmeri: dal 2018, risulta emigrato per motivi di lavoro negli Stati Uniti, non è stato possibile arrestarlo. Ai domiciliari sono andati invece Giuseppe Rizzo e Giuseppe Contorno.
L’ultima indagine della Procura di Palermo e dei carabinieri del nucleo investigativo, che ha portato a otto arresti, svela il progetto lanciato da un gruppo di boss della provincia per le elezioni amministrative che dovevano tenersi in questi mesi: “Se non c’è una candidatura giusta – si sfogavano – noialtri restiamo sempre fuori da tutte le parti”.
“Voglio fare una bella lista civica, senza partito, una lista con i cristiani giusti, se no non fai niente”, così si legge dalle intercettazioni. La politica, gli intermediari politici hanno perso credibilità, ed allora la mafia prova a puntare su una propria formazione, con tanto di candidato sindaco.
Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Gaspare Spedale e Bruno Brucoli hanno registrato in diretta i summit. In uno di questi, tre anni fa, si parlava di politica. Proprio delle elezioni che dovevano svolgersi nel 2020.
Questo evidenzia la grande capacità della mafia di rigenerarsi, anche dopo aver ricevuto colpi ben assestati, tentando nuovamente di prendere il controllo del territorio, non tanto per la gestione in sé, ma per infiltrarsi nel tessuto economico e delle amministrazioni comunali. Ricordiamo che ogni azione della mafia non avviene se non è economicamente vantaggiosa. La mafia di oggi, da poco valore alla gestione delle piazze, punta sempre di più, ma così era anche prima, al denaro, cosa che aveva ben capito il pool antimafia con Falcone, che basò parte della sua indagine proprio nella ricerca del denaro.
L’ideatore di questa “nuova” idea politico-economica è Domenico Nocilla, che aveva lanciato l’idea della formazione civica: “Noi abbiamo un amico in comune – diceva – si chiama Nino… Nino Calandrino… da tempo che glielo dico, Nino candidati”. L’ideologo della politica mafiosa spiegava: “Se non sei là dentro non ci esce niente, quindi pare che sia convinto, fermo restando…che non diamo disturbo a nessuno”.
A chi ha buona memoria questa vicenda richiama le parole che vent’anni prima scriveva il capomafia Bernardo Provenzano in un pizzino, parole di grande sfiducia nei confronti dei politici: “Ora mi informi che hai un contatto di buon livello, che permetterebbe di gestire, molti e grandi lavori, vorresti sapere cosa ne penso io: ma non conoscendo il nome non posso dirti niente… perché oggi come oggi, non c’è da fidarsi di nessuno, possono essere truffaldini, possono essere sbirri, possono essere infiltrati, e possono essere dei sprovveduti. E possono essere dei grandi calcolatori…”. La sfiducia negli “amici” politici era avvenuta già nella Prima Repubblica alla vigilia delle stragi Falcone e Borsellino, il 12 marzo 1992, con l’omicidio dell’eurodeputato Dc Salvo Lima, ritenuto colpevole di non essersi interessato abbastanza per evitare le condanne del maxiprocesso. Dopo le stragi, era poi arrivato il tentativo di un pezzo di Cosa nostra di creare un movimento autonomista, Sicilia Libera, voluto proprio da Leoluca Bagarella, ma vi cono altri casi in cui la mafia “scende” in politica: ricordiamo che Francesco Caruso e Giuseppe Scuto diedero vita al Partito nazionale degli autotrasportatori, che secondo un’indagine della Procura di Catania, a fine 2014 ha portato in carcere 23 persone, al progetto era interessato anche Vincenzo Ercolano, nipote del boss Nitto Santapaola, un filo comune dell’evolversi della mafia sembra proprio il pallino per “il bene comune”.
Ma non bisogna pensare che l’interesse della mafia sia quello di gestire la cosa pubblica, o di mantenere il controllo del territorio, entrare in politica, far parte del mondo politico apre enormi opportunità economiche e finanziarie…. Lavori finanziati con soldi pubblici, poco controllati o controllati “da amici degli amici”.
Per continuare a dare colpi ben assestati alla mafia, ed alla cultura mafiosa, bisogna continuare a seguire il metodo Falcone, ovvero continuare a seguire i soldi, imparare a leggere i bilanci societari, supportare le indagini con esperti di finanza ed economia, ed allora si che lo stato farebbe più paura alla mafia…