Roma – Dal 2008 in Italia, l‘Istituto Nazionale Salute, Migrazioni e Povertà (INMP), ente pubblico del Sistema sanitario nazionale, si impone per numero di accessi, 340mila per 91mila pazienti, di cui il 67% composto da persone immigrate, e per l’impegno nella promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà.
Un vero ‘ospedale dei poveri’ che sette giorni su sette da otto anni, negli ambulatori di Roma a Trastevere, in via S. Gallicano, e Lampedusa, medici, psicologi, odontoiatri, infermieri, mediatori transculturali e antropologi sono impegnati in pratiche sociosanitarie, rivolte alle utenze più fragili composte da italiani e stranieri, con il fondamentale approccio transculturale orientato alla persona. Perché all’INMP, la cura di chi soffre passa anche attraverso la comprensione e il dialogo, spiega Concetta Mirisola, direttore Generale dell’Istituto: “Per una piena presa in carico sanitaria delle persone migranti, che molto spesso hanno subìto gravi traumi nei Paesi da cui sono fuggiti o durante la drammatica traversata, è fondamentale conoscere la loro lingua, il loro universo culturale, coglierne i bisogni che sono anche inespressi, per pudore o paura.’’Una presa in carico integrata del paziente che dal maggio 2015, impegna una equipe allestita dall’Inmp anche negli hotspot di Trapani-Milo.
L’Istituto è un riferimento di eccellenza nel Servizio sanitario nazionale, in grado di sviluppare un’assistenza sanitaria di carattere inclusivo, tanto da aver ottenuto il riconoscimento di best practice dall’OMS(Organizzazione Mondiale della Sanità). Testimonial di temi sociali e solidarietà che ispirano la Giornata Nazionale in memoria delle Vittime dell’immigrazione, istituita con legge del marzo 2016 per il 3 ottobre di ogni anno, l’INMP ha ricevuto la visita ufficiale, nella sua sede romana, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, lo scorso 3 marzo.
L’INMP è inoltre impegnato anche sul campo della ricerca attraverso la realizzazione di alcuni progetti che spaziano dalla attività sociosanitaria sui migranti in transito a Roma, all’osservatorio epidemiologico nazionale ed alla definizione del curriculum del mediatore transculturale in ambito sanitario.
In particolare l’lstituto sta lavorando a due studi per la cura di malattie infettive e diabete. Alla prima la popolazione migrante, presenta un’ alta percentuale di vulnerabilità, e l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà, proprio per potenziare la lotta a questa patologia, ha realizzato un progetto finanziato dal ministero della Salute.
La ricerca sarà condotta su 500 migranti di diverse fasce di età, 250 pazienti provenienti da zone latino-americane edemiche per Chagas e 250 con esinofilia o altri sintomi collegati alle malattie infettive. Lo studio, che si concluderà nel gennaio 2018, ha in protocollo una visita medica iniziale, prelievi e analisi di laboratorio, screening e percorso terapeutico differenziato per patologia, oltre ad attività di formazione e informazione e un convegno finale.
L’INMP con la realizzazione del progetto, punta ad ottenere, ‘’un incremento dell’accesso alla diagnosi e terapia delle persone affette da patologie tropicali neglette alla valutazione e validazione di metodiche diagnostiche per le MTN anche ai fini dell’elaborazione di algoritmi di screening e di follow-up, alla valutazione dell’efficacia del trattamento antiparassitario ad ampio spettro per i pazienti immigrati”.
L’altro progetto dell’INMP, ugualmente finanziato dal ministero della Salute, riguarda la cura del diabete. Lo studio che terminerà nel novembre 2017, è rivolto a migranti di età compresa tra i 20 e 79 anni, di origine bengalese e nordafricana (a Roma) e di origine cinese (presso Asl di Prato e Università di Firenze). E come sottolinea, il direttore generale, Concetta Mirisola, è mirato ‘’a sperimentare un modello assistenziale efficace e sostenibile per la diagnosi e gestione della malattia diabetica dei principali gruppi etnici presenti sul territorio del Centro Italia, attraverso l’utilizzo di dispositivi medici. Le attività puntano a misurare la prevalenza del diabete e delle condizioni correlate anche attraverso la somministrazione di questionari volti a rilevare la percezione della malattia e le difficoltà riscontrate dai pazienti nell’accesso e prosieguo delle cure”.