Riceviamo e pubblichiamo il comunicato del SAP Sindacato Autonomo Polizia della Regione Calabria
Reggio Calabria, 1 marzo 2020 – In tempi di grande apprensione per il propagarsi del famigerato COVID-19 che ha già cagionato 34 decessi, le preoccupazioni del personale del XII Reparto Mobile di Reggio Calabria ci sembrano più che fondate, ciò anche in considerazione dell’improvvisazione e/o superficialità dimostrata dalla Dirigenza nell’affrontare la profilassi a seguito del segnalato caso di TBC che ha riguardato un minore extracomunitario sbarcato dalla nave Open Arms lo scorso 2 febbraio nel porto di Pozzallo (RG) che rimaneva ospite dell’Hotspot fino al successivo 5 febbraio.
E’ infatti del giorno 22 febbraio c.a. la comunicazione di quel Reparto che, nell’informare tutto il personale del caso in argomento, invitava i circa 40 dipendenti che avevano prestato servizio tra il 2 ed il 5 febbraio presso il citato centro a prendere contatti con l’Ufficio Sanitario per l’attivazione della procedura relativa alla profilassi da effettuarsi presso le A.S.P., ed inoltre nella medesima nota veniva disposto che l’Ufficio Servizi avrebbe provveduto a comandare il personale interessato affinché fosse posto a disposizione dell’Ufficio Sanitario.
Dunque, dopo circa 20 giorni dall’evento finalmente viene avviata, con una semplice comunicazione, la profilassi che speriamo riguardi la totalità dei dipendenti impiegati nei servizi in argomento che, comunque, nel frattempo hanno continuato a lavorare incontrando centinaia di colleghi; ci chiediamo, forse legittimamente, se una comunicazione seguita dalla prevista profilassi sia sufficiente a restituire serenità a quel personale che, dopo il servizio, nel fare ritorno a casa ha abbracciato i propri cari.
Ci chiediamo se non fosse stato il caso di contattare i singoli operatori, dovunque fossero impiegati, e senza ulteriori ritardi inviarli alle A.S.P. più vicine onde dar corso alla relativa profilassi, è di palmare evidenza che ogni ulteriore ritardo aumenta il rischio di eventuale contagio, quel personale giorno dopo giorno viene in contatto con decine di colleghi su mezzi di piccole dimensioni o nella medesima camera di albergo, con diversi cittadini, con altri operatori delle forze dell’ordine e delle associazioni di volontariato che partecipano alle operazioni di sbarco ed assistenza fino trasferimento dei migranti, ma soprattutto con i loro familiari e con i loro bambini.
Abbiamo più volte lanciato l’allarme sulle condizioni proibitive in cui opera il personale impegnato in queste attività che non possono più essere ritenute emergenziali, ed abbiamo ottenuto, dopo mirati interventi, che agli operatori di polizia fosse garantita un corretto avvicendamento nei turni di servizio e che gli stessi fossero muniti dei più elementari sistemi di prevenzione (mascherine e guanti). Oggi chiediamo a gran voce che l’incompetenza di chi è preposto a dirigere queste emergenze non abbia a cagionare danni irreversibili.
La macchina organizzativa, che ormai dovrebbe essere rodata, spesso evidenzia limiti inspiegabili, occorre comprendere la portata drammatica dell’emergenza ed attivare una pianificazione più oculata di determinati servizi ponendo in essere ogni utile precauzione a salvaguardia del personale impiegato, chiediamo che il prezzo dell’accoglienza non ricada sugli operatori che devono, invece, essere messi nelle condizioni di svolgere il loro compito con dignità e nella massima sicurezza.