Roma, 14 aprile 2021 – Che l’emergenza Covid abbia determinato un grave impatto sul sistema sanitario è ormai noto a chiunque: il sistema pubblico ha dovuto concentrare tuti gli sforzi nella cura delle persone malate, sono stati riconvertite alcune strutture e talvolta chiusi dei reparti per fare posto alle terapie intensive. Era la priorità. Guardando adesso al prossimo futuro è indispensabile organizzare nuovi approcci e raccogliere quanti più spunti per un futuro che dovrà essere non solo “normale” ma migliore.
Un aspetto, infatti, che ha messo in crisi molte persone è stata la difficoltà di accedere ai servizi da parte delle persone affette da malattie rare, in Italia circa 1.200.000 persone, per le quali la continuità delle visite e delle terapie è cruciale per la qualità della vita: purtroppo le malattie in questione non solo sono rare (colpiscono cioè una persona ogni 2000) ma non hanno neppure una cura. Tendono ad aggravarsi se non seguite con attenzione.
Parliamo quindi con Annalisa Scopinaro, Presidente di UNIAMO, la Federazione Italiana Malattie Rare, che raccoglie oltre 130 realtà associative.
Presidente, che impatto ha avuto un anno di pandemia sulle persone affette da malattie rare?
Durante la pandemia da SarsCov2 la comunità delle persone con malattie rare ha subito le conseguenze più gravi: interruzioni o forte rallentamento delle visite di controllo, aggravamento delle criticità legate all’inclusione lavorativa e scolastica, incremento dell’isolamento sociale, paura di conseguenze gravi per il contagio. Tutti gli italiani hanno sperimentato e continuano a sperimentare cosa significhi vivere, come i malati rari, in condizioni di fragilità, senza cure, in isolamento sociale e condizioni economiche aggravate dallo stato di salute.
Sebbene riguardino quasi 2 milioni di famiglie in Italia, 30 milioni in Europa e 300 milioni nel mondo, le malattie rare restano malattie sconosciute ai più e spesso anche alla comunità scientifica, come nel caso delle ultrarare e delle orfane di diagnosi.
Per questo motivo oggi più che mai è necessario portare l’attenzione di tutti su queste malattie affinché nessuno sia lasciato indietro, né dalla ricerca scientifica né dalle tutele sociali.
Cosa significa per una persona affetta da una malattia rara ritardare/rischiare di ritardare una terapia?
Le malattie rare al momento conosciute sono più di 8.000 e sono molto eterogenee fra loro. Nonostante la loro numerosità, per molte di queste malattie non esiste ancora una cura ma esistono delle terapie dedicate che spesso rappresentano l’unico trattamento disponibile per garantire alle persone con malattia rara una migliore qualità della vita. La pandemia ha causato rallentamenti non solo nella somministrazione delle terapie con conseguenti effetti psicologici ma anche negli iter diagnostici: purtroppo, le persone con malattia rara impiegano molto tempo prima di ottenere una diagnosi appropriata e cure che siano almeno in parte risolutive.
Ritardare una terapia significa in alcuni casi andare incontro al peggioramento dello stato di salute e quindi alla qualità di vita, in altri si mette proprio a repentaglio la vita del paziente.
Il COVID-19 ha messo in evidenza la necessità di migliorare l’assistenza territoriale grazie a medici e pediatri di famiglia, di offrire servizi di teleassistenza e telemedicina per visite di controllo a distanza e di promuovere l’assistenza domiciliare.
In Italia la programmazione delle vaccinazioni tiene conto di molte variabili (età, fragilità, tipologia di lavoro). Le persone affette da malattie rare sono state tutelate nell’accesso prioritario alla vaccinazione? Perché è importante per loro vaccinarsi? Non ci sono controindicazioni?
Il tema dei vaccini per i malati rari è molto complesso. Il piano vaccinale disposto dal Ministero della Salute è stato recentemente aggiornato (marzo 2021) con l’inserimento delle persone con disabilità grave (art. 3 c. 3 L 104/92) e l’aggiornamento dell’elenco delle patologie ad alta vulnerabilità. In questo elenco sono molte le patologie ancora escluse: alcune con sintomi sovrapponibili a quelle già inserite, altre ignorate completamente (pensiamo alle malattie metaboliche e lisosomiali, solo per fare un esempio). Su richiesta del Gen. Figliuolo che ha indicato UNIAMO – Federazione Italiana Malattie rare come “unico referente istituzionale che possa veicolare tutte le problematiche riferite alle persone affette da malattie rare” stiamo proseguendo nella raccolta dei bisogni delle Associazioni per l’aggiornamento dell’elenco delle patologie tenendo conto dei sintomi e dei bisogni assistenziali, del tipo di danno e delle possibili gravi interazioni con il virus e non soltanto delle singole patologie, questo per evitare disparità di trattamento.
I malati rari e in generale tutte le persone a rischio, devono essere inserite nelle liste di priorità del piano vaccinale. Come detto precedentemente, le malattie rare sono molto eterogenee fra loro per cui è necessaria una attenta valutazione del medico competente sulla tipologia di vaccino da somministrare e sulle possibili controindicazioni per la persona. Importante anche considerare i caregiver ovvero i genitori, i familiari, i professionisti che si occupano delle persone non autosufficienti o dei minori che in questo momento non sono riconosciuti nel piano vaccinale.
Per trovare il vaccino al Covid sono stati necessari pochi mesi. Va considerato che quasi tutte le aziende farmaceutiche hanno attivato i propri ricercatori, così come anche molti istituti pubblici. La collaborazione internazionale è stata elevata. Che conclusioni traete da questa esperienza e che proposte migliorative farete sul tema della ricerca?
La collaborazione pubblico/privato, durante tutta la pandemia, è stata fondamentale per poter risolvere alcune delle criticità che si sono presentate nel sistema.
Sarebbe opportuno che queste sinergie continuassero anche nel dopo-Covid, assicurando la necessaria trasparenza di interazione ma allo stesso tempo ottimizzando le risorse, in modo da ottenere sempre più benefici per tutta la collettività.
È importante inoltre confrontarsi per non sovrapporsi: spesso la carenza di informazioni o di chiarezza su quello che si sta facendo porta a sprecare tempo, esperendo strade già percorse senza successo da altri prima di noi.
Durante i tavoli di confronto che abbiamo organizzato durante il Forum Sistema Salute e anche in quelli legati al progetto Rare2030 clinici, ricercatori, istituzioni hanno sottolineato come sarebbe opportuno pubblicare i risultati di tutte le ricerche, anche quelle che hanno avuto esito negativo; semplificare le procedure burocratiche legate all’accesso alle sperimentazioni, ottimizzando i passaggi con i comitati etici; riconsiderare le numerosità dei campioni, sempre nelle sperimentazioni, avendo un occhio di riguardo per la rarità delle nostre patologie; proporre bandi che possano prevedere una sinergia pubblico privato.
Last but not least, importantissimo coinvolgere i pazienti e i loro rappresentanti in tutte le fasi di progettazione delle ricerche, delle sperimentazioni e in generale in tutti i tavoli in cui si discuta di salute e delle implicazioni organizzative che la presa in carico dovrebbe avere.
A livello europeo si discute sul regolamento sui farmaci orfani; pensiamo che sia necessario conservare un sistema di incentivi per la ricerca su queste tematiche, con meccanismi di premialità crescenti tanto più la patologia è rara, proprio per non lasciare indietro nessuno.
A livello italiano stiamo seguendo il dibattito sui regolamenti attuativi del decreto Lorenzin sulle sperimentazioni, con le proposte condivise nei nostri tavoli di lavoro.