Nasce A.N.P.E.S.A, l’Associazione nazionale dei pazienti con enterospondilloartire

Sempre più spesso il corretto inquadramento clinico di una patologia, talvolta invalidante e sottovalutata, passa attraverso una valutazione multidisciplinare. Occorre rimettere il paziente al centro per sottrarlo a scomode e dannose situazioni sanitarie non integrate e spesso non comunicanti fra loro

Roma, 5 luglio 2021 – 1 persona su 20 nel mondo è colpita da malattie immunomediate e cioè caratterizzate da un processo infiammatorio. Tra queste, le Enterospondiloartriti (EsA). “A soffrirne sono soprattutto i pazienti con IBD (malattie infiammatorie intestinali) o malattie infiammatorie croniche intestinali – spiega il professor Vincenzo Bruzzese,  presidente della Società Italiana di GastroReumatologia SIGR- quali il Morbo di Crohn o la Rettocolite ulcerosa che, lungo il decorso della loro malattia, iniziano ad accusare dolori articolari periferici o a livello della colonna vertebrale e del bacino”. 

La sintomatologia è spesso sottovalutata o non correttamente attribuita (gonfiore addominale, diarrea, aumento progressivo del peso, stanchezza) e la diagnosi viene ritardata di molti mesi o perfino anni e di conseguenza anche l’inizio della terapia. Questa è una delle ragioni per cui la Società Italiana di GastroReumatologia (SIGR) ed il suo presidente Vincenzo Bruzzese, ideatore e promotore dell’iniziativa, ha deciso di far nascere A.N.P.E.S.A. – l’Associazione Nazionale Pazienti con EnteroSpondiloArtriti.

“In Italia si contano circa 250.000 pazienti affetti da IBD (malattie infiammatorie intestinali), con picco intorno ai 25 e poi 70 anni e larga prevalenza femminile. In media, almeno il 20% di questi pazienti sviluppano Enterospondiloartriti (EsA), per cui parliamo di circa 50.000 pazienti stimati solo in Italia” sottolinea Roberta Pica, responsabile UOS Gastroenterologia Territoriale ASL Roma2 e presidente eletto SIGR.

Entrambe le patologie sono di difficile inquadramento clinico ed occorre una visione globale dei differenti sintomi che ne indicano la presenza: uveite, mal di schiena, dolori articolari, problemi ematologici, lesioni istologiche, etc. Questo significa che lo stesso paziente rischia di contribuire al ritardo di diagnosi, approcciando i singoli sintomi in modo separato senza immaginare di poterli configurare in una patologia più complessa.

“Il motivo per cui nasce oggi A.N.P.E.S.A. – Associazione Nazionale Pazienti con Enterospondiloartriti – sta proprio nella volontà di rimettere il paziente, con EsA o a rischio di EsA, al centro del complesso processo diagnostico-terapeutico e di assistenza anche psicologica e legale, per sottrarlo a scomode e dannose situazioni sanitarie non integrate e spesso non comunicanti fra loro. Mettere il paziente al centro significa promuovere una sua presa in carico presso team medici multidisciplinari che sappiano dialogare in sé e con l’Associazione, al fine di accompagnare il percorso di cronicità del paziente verso una sempre migliore qualità di vita” scandisce la presidente dell’Associazione, la psicologa Roberta Cimaglia.

A.N.P.E.S.A. si prefigge inoltre di produrre e stimolare l’informazione su queste patologie per creare una consapevolezza anche nei cittadini e poter quindi intercettare il prima possibile persone con sintomi di allarme oppure a rischio malattia. “Tutto ciò dovrebbe anche servire a sollecitare le autorità politiche/sanitarie affinché si possano creare rapidamente e stabilmente percorsi, ambulatori condivisi per la diagnosi e la terapia precoce”. Ad oggi, “l’effettiva disponibilità di ambulatori combinati si conta solo in alcune Regioni: Lazio, soprattutto, ma anche Marche ad Ancona, e poi Lombardia e Sardegna. Perciò, A.N.P.E.S.A. chiede di avviare un processo di diffusione capillare di centri medici attrezzati sul territorio, cui potersi rivolgere per avere diagnosi tempestive e terapie efficaci, anche attraverso deleghe regionali interne alla Società Italiana di Gastroreumatologia” precisa Roberta Pica.

“Noi tutti di A.N.P.E.S.A. saremo il punto di riferimento, nel senso di ‘tenere insieme’ e rassicurare, assistere e motivare l’intera comunità dei pazienti” intervengono la presidente Cimaglia e lo psicologo e sociologo Walter Monterosso, tra i fondatori dell’Associazione A.N.P.E.S.A. “Ci faremo portavoce della totalità dei bisogni anche relazionali o di carattere legale dei pazienti, naturalmente disorientati dal ricevere comunicazione di cronicità patologica. Sappiamo bene che depressione ed ansia giocano un ruolo fondamentale nella risposta terapeutica alle malattie immunomediate”.

Per quanto riguarda il delicato aspetto farmacologico poi, “saremo accanto ai pazienti anche e soprattutto nell’uso dei farmaci poiché tarare il farmaco significa dialogare con il paziente per ottimizzare e, quando possibile, personalizzare le scelte cliniche. Per esempio, in tempo di Covid-19, è fortemente consigliata la vaccinazione a mRna a chi è in cura con farmaci biologici ma è importante che l’infusione del farmaco non avvenga nello stesso momento della somministrazione vaccinale, per non rischiare un’immunosoppressione combinata” puntualizza la professoressa Pica.

La terapia delle enterospondiloartriti, infatti, è complessa in quanto occorre curare due patologie contemporaneamente: l’IBD (Morbo di Crohn o Rettocolite ulcerosa) e la spondiloartrite (SpA).  “Ad oggi – conclude il presidente SIGR Vincenzo Bruzzese- non esistono linee guida terapeutiche per queste condizioni, ma solo suggerimenti basati su esperienze cliniche e position paper. In generale si tende ad evitare l’uso di farmaci anti-infiammatori se in presenza della malattia cronica intestinale attiva. La terapia con farmaci biologici non va molto ritardata, in quanto questi farmaci vanno ad agire direttamente sulle citochine coinvolte nel processo infiammatorio sia intestinale che articolare. Un uso precoce di questi farmaci può portare alla remissione completa della malattia ed alla prevenzione della disabilità ad essa correlata”.

Photo by Hush Naidoo on Unsplash

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