Rimini, ottobre 2024 – Sul totale delle persone con diabete, circa il 67% ha più di 65 anni, uno su 5 ha più di 80 anni. Il dato racconta che il diabete è comune nell’età in cui si verifica un calo delle funzioni cognitive: i primi segni della demenza interessano il 20% degli over 65 e uno su 3 sviluppa una forma conclamata nei 5 anni successivi. Ma in presenza di diabete, il declino accelera, colpa dell’eccesso di glucosio e di altri fattori metabolici.
Dato il progressivo aumento della longevità nei prossimi anni, questa relazione è al centro dell’attenzione dei clinici e tema di uno dei simposi del 30mo Congresso Nazionale della SID svolto dal 23 al 26 ottobre a Rimini.
“La persona con diabete mellito è più esposta a diverse forme di decadimento cognitivo e malattie neurodegenerative, determinando un notevole impatto sulla qualità della vita della persona stessa e del nucleo familiare. Inoltre, secondo i dati provenienti dal registro REPOSI (Registro Politerapie della Società Italiana di Medicina Interna) la demenza rappresenta la prima causa di morte nei soggetti con diabete anziani e ospedalizzati, quando confrontati con soggetti di pari età [1] ” spiega la Dottoressa Carla Greco, creator della sessione e Coordinatore Nazionale YoSID (Gruppo Giovani della SID) “Congiuntamente al controllo glicemico, le condizioni spesso associate al diabete di tipo 2 del soggetto adulto, in particolare le complicanza vascolari, contribuiscono ad incrementare la vulnerabilità cerebrale agli effetti tossici dell’iperglicemia [2]”.
“L’invecchiamento induce cambiamenti nella composizione corporea come la perdita di massa muscolare e di osso e l’aumento della massa grassa che aumenta il rischio di sviluppare diabete. Tra le diverse comorbilità, la demenza è tra le più comuni nelle persone con diabete di più di 70 anni: deterioramento cognitivo e fragilità hanno in comune anche meccanismi come lo stress ossidativo e l’origine metabolica” sottolinea il Professor Angelo Avogaro, Presidente SID. Inoltre l’eccesso di zuccheri nel sangue produce sostanze tossiche e l’ipoglicemia determina una sofferenza dei neuroni in pochi minuti. Ecco perché il controllo glicemico della popolazione diabetica anziana rappresenta una sfida ulteriore per proteggere domini cognitivi come memoria, attenzione e attività psicomotorie legate il cui funzionamento garantisce l’autonomia della persona. Studi longitudinali [3] hanno calcolato che il TD2 aumenta il rischio di demenza di Alzheimer del 50-100% e quello di demenza vascolare del 100 – 150%.
Il cervello ha bisogno di un costante apporto di glucosio che gli giunge dal circolo sanguigno attraverso la barriera emato-encefalica mediante specifici trasportatori GLUT. Nel tempo l’insulina è stata riconosciuta come un fattore neurotrofico e neuromodulatore implicata in numerosi processi con recettori espressi in molte zone. L’encefalo deve quindi essere considerato un organo insiulino-sensibile con vie di segnalazione dell’ormone che hanno un ruolo nella neurodegenerazione, la plasticità e l’invecchiamento dei neuroni.
Le quantità sono importanti – se a concentrazioni moderate l’insulina ha effetti neuroprotettivi, in quantità elevate può favorire lo sviluppo di specie reattive dell’ossigeno, aumento di proteina Beta amiloide e Tau, le stesse che inducono i sintomi dell’Alzheimer.
Il ruolo degli AGEs – I meccanismi alla base della relazione tra diabete e rischio di decadimento cognitivo sono molteplici e riconducibili all’effetto tossico del glucosio e di tutte le alterazioni metaboliche associate all’obesità e al diabete. Recentemente, avanzate tecniche di neuroimaging hanno dimostrato un’alterazione della capacità del cervello di modulare il flusso cerebrale a causa dell’iperglicemia cronica che causa la formazione di specie reattive dell’ossigeno, prodotti finali avanzati della glicazione (AGE, advancedglycosilated end products) e altre sostanze neurotossiche [4], oltre che per effetto di uno stato di infiammazione cerebrale subclinica. In questo processo, un ruolo importante è svolto dall’iperinsulinemia e insulino-resistenza cerebrale [5].
Ottimismo dalle nuove classi di farmaci – “Nuove e recenti evidenze hanno messo in luce specifici effetti di una classe di farmaci antidiabetici, gli analoghi del recettore del glucagon-like peptide 1 (GLP1-RAs), in termini di potenziamento della neurogenesi, contrasto alla morte delle cellule cerebrali, protezione dallo stesso ossidativo e della neuroinfiammazione in diverse condizioni neurologiche [6]” conclude la Dottoressa Greco.