
Silvia Gambadoro (Roma)
È veramente una rivoluzione. Per decenni, nei laboratori di tutto il mondo, brillanti scienziati si sono scervellati per capire il ruolo di una proteina, la S100B, scoperta circa 60 anni fa. Inizialmente si pensava fosse presente solo nel cervello, una sorta di vis nervosa, ma nel tempo è stata individuata anche in altre cellule e organi.
Come il Dr. Jekyll, che è il vero volto di Mr. Hyde, questa proteina ha una funzione trofica originariamente molto studiata, ma poi soffocata dall’urgenza di fornire risposte alle principali malattie. Infatti, a concentrazioni eccessive, la S100B è considerata patologica ed è stata utilizzata nella medicina come marcatore di traumi cranici, ancora oggi impiegato in diversi ospedali del mondo.
Oggi, però, arriva un colpo di scena grazie a uno studio tutto italiano condotto da Fabrizio Michetti, già Ordinario di Anatomia Umana e Direttore dell’Istituto di Anatomia Umana e Biologia Cellulare dell’Università Cattolica di Roma, e Vincenzo Romano Spica, Ordinario di Igiene e Sanità Pubblica e Direttore del Laboratorio di Epidemiologia e Biotecnologie dell’Università di Roma “Foro Italico”: la S100B non è solo nel cervello, ma anche in alcuni alimenti tipici di una dieta sana.
Era già noto che fosse nel latte materno, ma nessuno capiva perché. Oggi sappiamo che si trova anche in diversi vegetali e frutti molto diffusi, come le mele. Ma come funziona? Gli scienziati hanno raccolto evidenze che questa proteina agisce sulla flora intestinale, il famoso microbiota, e, di conseguenza, sull’intero organismo.
Chissà che non sia proprio questo il motivo per cui “una mela al giorno leva il medico di torno”?
Il doppio volto della S100B: protezione e infiammazione

La S100B è una proteina legante il calcio, abbondante nelle cellule gliali del sistema nervoso centrale. Per anni è stata studiata per il suo doppio ruolo:
• A livelli bassi, ha un effetto protettivo e trofico, stimolando la crescita e la riparazione neuronale.
• A concentrazioni elevate, diventa proinfiammatoria e tossica, contribuendo a malattie neurodegenerative.
Per questo motivo, la ricerca si è concentrata principalmente sul suo “lato Hyde”, ossia sugli effetti dannosi in patologie come il morbo di Alzheimer. Tuttavia, la recente scoperta della sua presenza in alcuni alimenti sani ha acceso l’interesse verso il suo “lato Jekyll”, ovvero il suo potenziale benefico.
Dalla dieta all’intestino: il legame tra S100B e microbiota
Il dato più sorprendente emerso dallo studio italiano è che la S100B non solo è presente in alcuni alimenti, ma potrebbe anche interagire direttamente con il microbiota intestinale, ossia la popolazione di miliardi di batteri che regola digestione, sistema immunitario e benessere mentale attraverso l’asse intestino-cervello.
Dove si trova la S100B negli alimenti?
• Latte materno e latte di animali come mucche, pecore e capre.
• Frutta e verdura, tra cui mele, durian e jackfruit.
• Derivati del latte, seppur in concentrazioni inferiori rispetto al latte fresco.
Gli scienziati ipotizzano che questa proteina possa funzionare come un vero e proprio modulatore del microbiota, aiutando a mantenere un equilibrio sano tra i batteri intestinali. Studi su modelli animali hanno dimostrato che la presenza di S100B correla con una maggiore biodiversità del microbiota, fattore essenziale per la salute intestinale e generale.
La S100B e il suo impatto sulla salute: nuove prospettive di ricerca
Il fatto che una proteina inizialmente studiata per il suo ruolo nel cervello possa avere un impatto così profondo sul metabolismo e sull’equilibrio intestinale apre scenari inediti per la ricerca. Se la S100B funziona come “nutrient driver”, ossia come un fattore alimentare capace di influenzare processi biologici essenziali, potrebbe avere implicazioni per:
• La prevenzione di malattie neurodegenerative, grazie al suo effetto protettivo sui neuroni.
• Il miglioramento della salute intestinale, regolando la composizione del microbiota.
• L’ottimizzazione della nutrizione infantile, dato il suo ruolo nel latte materno.
• L’equilibrio del sistema immunitario, riducendo stati infiammatori cronici.
Se confermata, questa scoperta potrebbe portare a nuove strategie nutrizionali per il benessere mentale e intestinale, aprendo la strada a diete mirate per migliorare la salute del microbiota attraverso l’assunzione di alimenti ricchi di S100B.
Lo studio di Fabrizio Michetti e Vincenzo Romano Spica dimostra che la S100B è molto più di un semplice biomarcatore di malattie neurologiche. Il suo “lato Jekyll” emerge come una possibile chiave per comprendere meglio il legame tra alimentazione, microbiota e salute cerebrale.
La sua presenza in alimenti sani e il suo potenziale ruolo benefico nel regolare l’equilibrio del microbiota intestinale suggeriscono che il vecchio detto sulla mela potrebbe avere più verità di quanto immaginassimo: mangiare bene potrebbe letteralmente migliorare la nostra salute a livello cellulare.
Questa nuova prospettiva invita la comunità scientifica a esplorare ulteriormente il ruolo della S100B nella dieta, gettando le basi per un approccio sempre più integrato tra nutrizione e medicina preventiva.
I risultati e la nuova “prospettiva” per la ricerca scientifica e la medicina è disponibile su:
https://www.mdpi.com/2072-6643/17/5/881
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