Roma, 3 ottobre 2022– Alla stazione Concordia sono le tre del mattino ed è notte fonda. Una notte che però non finirà molto presto. Concordia è nel cuore del continente antartico dove la notte dura tre mesi con temperature che arrivano a meno 80 gradi centigradi. È un ambiente estremo ed ostile e proprio per questo è meta di spedizioni internazionali interessate a studiare le condizioni di vita in una prossima base lunare, quella che servirà da punto di partenza per le spedizioni su Marte.
Cosa hanno in comune l’Antartide e la Luna?
“Anzitutto il buio, poi il freddo, l’aria secca, la necessità di pianificare tutto fin nei minimi dettagli prima di uscire dalla stazione e infine l’isolamento” spiega Massimiliano Catricalà station leader ed elettronico della scienza del CNR a capo della spedizione italiana iniziata a febbraio 2022 e che si concluderà a novembre. È in collegamento con Roma dove si svolge la Notte europea dei Ricercatori, l’iniziativa di comunicazione pubblica della scienza che dal 2005 si svolge l’ultimo venerdì di settembre in tutta l’Unione Europea con l’obiettivo di avvicinare la cittadinanza, ed in particolare i giovani e i ragazzi, ai temi della scienza.
Per dare una misura di quanto sia lontana la base, Catricalà racconta di un viaggio durato 30 ore che li ha visti partire da Roma, passare per Copenaghen, Singapore, Christchurch per poi salire su un volo militare che li ha portati alla stazione italiana Mario Zucchelli che si trova sulla costa della Terra Vittoria. Da lì altre 6 ore di volo interno per raggiungere la stazione italo francese Concordia che dista 1200 km dalla costa e si trova ad un’altitudine di 3200 metri.
La caratteristica di Concordia è che è una stazione scientifica permanente, aperta cioè tutto l’anno. Qui i team italo francesi supervisionano gli osservatori permanenti e svolgono ricerche in molteplici settori: astronomia, climatologia, biologia, medicina, astrofisica, sismologia.
“Alla stazione Concordia tutto è rallentato – spiega Catricalà -. Quando usciamo all’esterno della stazione dobbiamo attenerci a delle procedure, ovviamente abbiamo un abbigliamento studiato per questo clima, ed è indispensabile pianificare tutto ciò che faremo una volta usciti, nei minimi dettagli. Anche le operazioni più semplici, a 60 gradi sotto zero, diventano difficili”. Proprio come nello spazio.
In collegamento c’è Thomas Gasparetto, astrofisico del CNR, che spiega l’importanza dell’osservatorio astronomico in Antartide. “Qui ci sono due telescopi con lenti di 40 cm. Ce ne sono anche altri nel mondo, ma questi resistono alle temperature estreme dell’inverno. Da Concordia possiamo svolgere osservazioni impossibili in qualsiasi altro luogo. Grazie ai tre mesi di buio perenne possiamo osservare, ad esempio, il transito dei pianeti extrasolari anche per 36 ore di seguito, senza alcuna interruzione”.
Interviene anche Thomas Pagano, ICT dell’Università di Catania “Seguo via radio i ricercatori che escono, che sono localizzati anche con il GPS. Considerate che si esce molto spesso sia per le ricerche che per la riparazione alle apparecchiature. La base è illuminata ma in ogni caso è facile perdere l’orientamento e qui sta una delle similitudini con una esplorazione spaziale. Il collegamento con il resto del mondo è in tempo reale perché alcuni dati – ad esempio la rilevazione di un sisma- devono essere condivisi subito”.
L’appello: il clima non ha confini
Da Roma intervengono Antonello Pasini, fisico climatologo del CNR, Roberta Mecozzi, ingegnere chimico di ENEA ed ex capo spedizione delle campagne in Antartide per il PNRA (Programma Nazionale per le ricerche in Antartide) e Nicoletta Ademollo, biologa CNR-ISP (Istituto di Scienze Polari) che ha al suo attivo spedizioni sia al Polo Nord che al Sud, presso la stazione Mario Zucchelli.
Unanime il loro appello: il cambiamento climatico è una realtà scientifica, i cambiamenti sono in atto e non si tratta più di prevenirli ma di gestire questa nuova dimensione.
“L’Italia – spiega Pasini- si trova nel punto più critico e cioè nel mezzo del Mar Mediterraneo. Negli ultimi decenni la circolazione equatoriale è cambiata, e quando l’anticiclone delle Azzorre torna indietro e incontra le correnti fredde e il mare molto caldo avvengono episodi dirompenti come quelli che hanno colpito le Marche”.
Foto di copertina: Programma Nazionale di Ricerca in Antartite, sezione gallery per i media
Foto convegno: Marta Tersigni