Roma, 10 febbraio 2023 – È di qualche giorno fa la notizia che, nel corso della 38esima missione italiana antartica, la nave rompighiaccio Laura Bassi ha toccato il punto più a sud mai raggiunto da una nave nel Mare di Ross – all’interno della Baia delle Balene, un sito ad oggi inesplorato che si trova alla latitudine di 78° 44.280’ S.
In un certo senso è un nuovo record per Laura Bassi.
Chi era Laura Bassi
Laura Maria Caterina Bassi (Bologna, 29 ottobre 1711 – Bologna, 20 febbraio 1778) è stata la prima donna al mondo ad aver ottenuto una cattedra universitaria. La materia era Filosophia Universa, l’Università quella di Bologna, l’anno il 1732.
La sua vita, ben raccontata nel documentario Una cattedra per Laura Bassi. Bologna 1732 , è straordinariamente attuale e di grande ispirazione per tutte le donne e le ragazze che aspirano ad entrare nella comunità scientifica a pieno titolo.
Fanciulla molto arguta, fu scoperta dal medico di famiglia Gaetano Tacconi che insistette con i genitori di Laura affinché il sapere della piccola venisse reso pubblico; in quel periodo era frequente l’esibizione di bambine prodigio nei salotti aristocratici, come nel caso della coeva Maria Giovanna Agnesi -autrice nel 1748 delle Instituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana e prima donna ad ottenere la cattedra di matematica all’Università di Bologna.
Possiamo immaginare una donna estremamente determinata a non passare in secondo piano, fiduciosa in se stessa e capace di gestire le avversità che la cultura del ‘700 poneva alle donne. Ma anche una donna accolta in un momento di grande cambiamento e di apertura da parte dello Stato Pontificio (nel quale ricadeva Bologna) che, con il papato di Benedetto XIV, comprese che la scienza doveva essere complementare alla fede.
Laura Bassi ha combattuto molti pregiudizi.
Il primo: quello per il quale non si conviene ad una donna nubile di stare così in pubblico. Aveva infatti ottenuto la cattedra in Philosophia universa (sui fenomeni della natura) nel 1732 e, compresi i malumori generati dalla sua attività, decise di sposarsi nel 1738 con un uomo che, ne era certa, non l’avrebbe mai ostacolata. Quell’uomo era Giuseppe Veratti con cui ebbe un matrimonio d’amore (testimoniato dalle loro lettere) e ben 8 figli. Laura non abbandonò la didattica e lo studio, si prese cura dei suoi figli e li crebbe con affetto, “come si conviene ad una buona madre”. Affrontò, come tante donne di oggi, il difficile equilibrio tra le aspettative della società e le aspirazioni di una scienziata.
L’altro pregiudizio era che una donna non potesse tenere lezioni pubbliche. Laura allestì quindi nella sua casa un Istituto di Fisica privato nel quale alle lezioni teoriche univa le sperimentazioni concrete. Da lei passarono studenti come Lazzaro Spallanzani. A lei scienziati quali Alessandro Volta sottoposero le proprie sperimentazioni per essere verificate. A differenza dei suoi colleghi, Laura Bassi teneva lezioni tutti i giorni e non solo qualche ora a settimana, e i suoi divennero insegnamenti talmente indispensabili e complementari a quelli accademici che le fu accordato un aumento di stipendio.
Sorprende a questo punto apprendere che Laura Bassi sia stata fin da subito stipendiata (100 scudi). Dagli atti storici, la sua attività risulta essere stata sempre retribuita. Oggi, a migliaia di ricercatori e ricercatrici non è riconosciuto nient’altro che la gloria di una pubblicazione. Fu lei ad imporsi? O fu un fatto considerato normale in quanto accademica di una Università? Era più scandaloso avere un docente donna o non pagare un docente?
E seppe usare l’ingegno per proporre soluzioni a suo favore. Come quando fu esclusa dai membri -tutti uomini- della neonata Accademia benedettini, voluta da Papa Benedetto XIV per promuovere la scienza. Fu la stessa Bassi a suggerire di essere ammessa in soprannumero e l’astuzia fu ben accolta dal Papa che, espressamente, inserì nella sua nomina anche lo stipendio.
A lei si rivolse Voltaire per essere ammesso tra i soci onorari dell’Accademia e sempre a lei si rivolse il filosofo francese per far ammettere anche Madame du Châtelet, una matematica, fisica e letterata francese. Fu grazie a Laura Bassi che i due vennero inseriti e da quel momento i soci onorari inclusero anche stranieri e donne (tra le altre anche Anna Morandi Mandolini).
Nel 1776 -a seguito di trattative tormentate- le fu assegnata la cattedra di Fisica ed anche il permesso di insegnare pubblicamente, ma Laura Bossi morì improvvisamente nel 1778, solo due anni dopo.
Sono davvero molti gli spunti che le giovani donne possono trarre da questa figura così illuminata ma sono anche molti gli interrogativi che solleva.
Se l’idea di una donna docente era stata sdoganata da Laura Bassi e da Maria Giovanna Agnesi, perché poi per le donne è diventato così difficile affermarsi nel mondo accademico?
Ricorse ad un “gioco di squadra” con le donne della sua epoca per abbattere i pregiudizi sull’universo femminile?
Ebbe modo di aiutare le giovani meno abbienti? Come percepiva se stessa, era cosciente del proprio ruolo “rompighiaccio” e del possibile impatto che avrebbe determinato in termini di inclusività di genere?
E soprattutto: perché, a distanza di trecento anni, dobbiamo ricorre a programmi STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) per incoraggiare le donne a cimentarsi in materie scientifiche? Perché è diventato così difficile per le ricercatrici e le scienziate affermare il proprio talento e il proprio valore? Cosa è andato storto?
Laura Bassi è stata solo un’eccezione o nella storia è stato occultato il ruolo delle donne?
11 febbraio: giornata mondiale delle donne nella scienza
Per mantenere vivo il dibattito su questi temi, nel 2015 l’ONU ha istituito la giornata delle ragazze e delle donne scienziate che si celebra l’11 febbraio. L’intenzione è combattere la disuguaglianza che esiste tra uomini e donne in tutti i campi della scienza e della tecnologia “nonostante gli enormi progressi”.
Sono moltissime le iniziative volte a sostenere le giovani negli studi scientifici: dalle borse di studio STEM all’impegno diretto delle aziende a riequilibrare il personale in termini di quote rose, alle numerose attività delle università e di Enti di ricerca o alle collane editoriali che raccontano le storie di grandi donne nella scienza, e l’elenco delle biografie si allunga di anno in anno.
Forse dobbiamo semplicemente –anche noi donne- iniziare a vedere quello che abbiamo sotto gli occhi e cioè che sono molte le donne nella scienza e che possono essere di più. Non tutte saranno premi Nobel, ma tutte sono e saranno indispensabili al progresso scientifico.
Foto di copertina: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Laura_Bassi_oval_portrait.jpg