Anche la parola ‘carità’ ha avuto un’ infelice storia e come molte altre ha smarrito il proprio senso originario. Era infatti in greco antico ἀγάπη’ che vuol dire amore smisurato, disinteressato. In questo Natale 2020 di restrizioni dovute al Covid, di disgregazione e società ‘nucleizzata’ in piccoli frammenti che ne è stato delle persone più deboli e povere, quelle che nella ‘macchina straordinaria della carità’, cristiana, cattolica o solo filantropica erano destinatarie di pasti caldi, mense con addobbi e colori, raccolte di pacchi alimentari o vestiario?
A Bolzano c’è stato il Babbo Natale ‘sospeso’ in collaborazione con l’Unicef; a Viareggio il regalo sospeso con la Caritas Don Bosco; a Castellabate la distribuzione del panettone agli anziani la farà il Comune in collaborazione con i volontari Caritas delle parrocchie e l’adesione dei commercianti. La vigilia di Natale a Bari è stata organizzata con i senza dimora e le famiglie in difficoltà: non la classica cena a tavola con qualche canto e un sorriso strappato al freddo, ma un camper che dalle 18.30 alle 21 ha portato cibo e pandoro e a fine anno focaccia e pizza calda. E il nuovo anno a Balenzano si festeggia con il ‘pranzo degli sguardi’: piccoli kit distribuiti alle persone sole, che vivono per strada o in condizioni di grande disagio.
Dopo il lockdown l’attività della Caritas nelle grandi città è stata ulteriormente potenziata per far fronte all’emergenza che ha messo ancor più ai margini le persone vulnerabili e quelle fuori dalla rete del welfare o della famiglia. Da fine marzo, a Roma, ai quattro centri di accoglienza diocesani – Ostello “Don Luigi Di Liegro” alla Stazione Termini, Casa di accoglienza “Santa Giacinta” alla Cittadella della carità, Centro di accoglienza “Gabriele Castiglion” a Ostia, Centro per il Piano freddo a Ponte Casilino – si è aggiunto il Centro di accoglienza straordinario “Fraterna Domus” a Sacrofano.
L’effetto Covid qui non ha portato le persone a diminuire, anzi. Da un’indagine della Caritas diocesana di Teramo emerge con chiarezza che ‘sono aumentati i casi di richiesta ad accedere al servizio della mensa dei poveri della Caritas Diocesana, se prima c’era una prevalenza di stranieri ad oggi è maggiore di pochi punti percentuali il dato sugli italiani legato sicuramente all’emergenza sanitaria’. File, distanziamento e mascherine, ma è comunque gremita la fila delle persone davanti al portone delle mense dei poveri, sempre a Teramo: ‘Più famiglie ed anziani, ma anche giovani e donne sole con figli a carico che non possono permettersi cibo in tavola. Dopo la crisi economica, ora la crisi sanitaria dovuta al virus Sars-co-2 ha accelerato la crescita dei nuovi poveri’.
C’è una narrazione della crisi che parla di riscoperta di valori e ideali. Ce ne è un’altra, meno idealista, che mostra, dall’altra parte della strada, di fronte alle vetrine dei negozi, un’altra foto: ‘Da marzo a maggio sono state quasi 450.000 le persone accompagnate dalle Caritas diocesane (hanno risposto al questionario 169, pari al 77,5% di tutte le Caritas), di cui il 61,6% italiane. Di queste il 34% sono nuovi poveri, 92.000 famiglie in difficoltà che hanno avuto accesso a fondi diocesani, oltre a 3.000 famiglie che hanno usufruito di attività di supporto per la didattica a distanza e lo smart working, e 537 piccole imprese che hanno ricevuto un sostegno’.
E questo è solo il mondo Caritas. Le ultime rilevazioni Istat parlano di quasi 1,7 milioni di famiglie in condizione di povertà assoluta con un’ incidenza pari al 6,4% (7,0% nel 2018), per un numero complessivo di quasi 4,6 milioni di individui. E i conti della crisi portata dal virus sono appena iniziati. C’era stato un miglioramento dei numeri dei poveri prima del Covid. E ora? L’aumento delle persone seguite rispetto al periodo dell’anno precedente è aumentato del 12,7%: molti i giovani, tante le persone che non riescono a pagare affitto o mutui, che non riescono a tenere il passo con la didattica a distanza. Il tutto con acuirsi di problemi psicologici e comportamentali. 2,1 milioni di persone stanno finenendo nella povertà assoluta e dal mondo dell’aiuto sociale un Sos è stato sollevato da tempo. E’ riduttivo e quasi offensivo chiamarla solo solidarietà o carità. Il suo vero significato era un altro. Ed è difficile chiamarlo Natale.
* Foto dal piano antifreddo diocesano ‘Come in cielo, così in strada’, Caritas (da Bewnews)