…Nulla di fatto, le leggi messe a disposizione dal Governo italiano non bastano a garantire la protezione e l’incolumità alle donne che vivono situazioni di abusi e maltrattamenti, siano essi di natura fisica, psichica o morale. Questo dato viene confermato dal continuo susseguirsi di omicidi,violenze e torture a danno delle donne che hanno esposto denunce nei confronti dei loro aguzzini e da quelle che non lo hanno fatto per paura di ritorsioni anche sui figli.
Ma analizziamo il dato oggettivo dall’inizio dell’anno ad oggi. Quanto letto, è davvero allarmante e non accenna purtroppo a diminuire. Dal primo gennaio ad oggi, 79 donne sono state atrocemente ammazzate, ma quello che desta ancora più rabbia e scalpore è che a farlo siano principalmente componenti familiari, partner o ex partner che in alcuni casi si tolgono la vita a loro volta o cercano di sfuggire alla cattura.
Il movente è sempre uguale: quello passionale, scaturito da gelosia, possessività, controllo, obbedienza. Per secoli, il “dispotismo domestico”, come lo chiamava nel XIX secolo il filosofo inglese John Stuart Mill, veniva tollerato e giustificato in virtù del concetto di superiorità maschile, che in quanto tale, aveva l’obbligo di vigilare sulla natura “uterina” della donna, la quale doveva soltanto adempiere agli obblighi familiari della procreazione e della vita domestica, sottomettendosi alle condizioni dettate dal “Pater familias”.
Quello che mi duole accettare, è che per diverse categorie di uomini (anche insospettabili), questo principio sia rimasto invariato. A nulla o quasi sono servite le lotte femministe per la parità dei diritti e per la libertà d’azione se ancora oggi una parte del genere maschile considera ciò che è stato, soltanto la protesta di un nutrito numero di “puttane che ha tolto pure il reggiseno in piazza affinchè si potessero vedere meglio le tette al vento!” Il continuo minimizzare, rendere ridicolo e offendere le donne anche mentre stanno conducendo una protesta seria e motivata e cercando di rendere noto che, in quanto esseri umani nulla ci differenzia in ogni settore della vita pubblica o privata che sia, evidenzia ancora oggi la tendenza a controllare il genere femminile con l’ausilio della denigrazione sociale, che ahimè è un ottimo deterrente per mettere a tacere e rimettere al loro posto quelle donne che cercano di ribellarsi alla loro condizione.
Ma se pensiamo che questo genere di strategia (che sia chiaro, non prettamente maschile), sia diretta solo alle donne oggetto di abusi denunciati e di femminicidio, ci sbagliamo di grosso, perchè il giudizio sociale è un arma che uccide alla stessa stregua di un coltello o una pistola. Cosa fare? Si parla, si parla ed ancora si parla … Ci si indigna, si cerca all’interno dell’istituzione scolastica di rendere più consapevoli i ragazzi che si apprestano a crescere, fornendo una educazione ai sentimenti e al rispetto, si organizzano convegni, giornate dedicate, scarpette e panchine rosse, programmi televisivi, seminari educativi, in ultima analisi… si parla e basta!
Credo che, a questo punto, il tempo delle chiacchiere debba necessariamente finire ed evolvere ad un livello superiore. Siamo stretti in una morsa di superficialità e di falsi pregiudizi, ingabbiati dalla ristrettezza mentale ed ancorati alla credenza che in qualche modo, le cose si possano risolvere da sole.
La storia però, ci insegna tutt’altro! Se tutto questo parlare non è ancora servito a fare in modo che gli uomini (ovviamente e per fortuna, non tutti), modifichino il loro atteggiamento, le loro credenze distorte, l’impeto o la premeditazione al femminicidio agli abusi ed ai maltrattamenti, la risposta può essere solo una: non serve a nulla! La situazione necessita di una presa di coscienza collettiva, del bisogno di legiferare in modo ancora più incisivo fornendo strumenti adatti ed autorità, a chi si occupa della salvaguardia e della incolumità delle donne, in modo che possano garantire e sottolineo “garantire” il diritto alle scelte ed alla vita, delle donne. Quante volte un uomo che perseguita la sua ex o un marito/compagno violento deve essere denunciato per scongiurare che poi la uccida? Avendo una stima del numero delle volte che servono, almeno potremmo regolarci…!
Le cronache sono piene di delitti già annunciati e se questo significa tutela della donna, signori miei, siamo molto lontani dalla verità! Dobbiamo renderci conto del danno individuale ed anche di quello sociale, perchè non riuscire quantomeno ad arginare un fenomeno tanto diffuso e largamente perpetrato, denota un fallimento non solo dello Stato, ma anche di una società che non riesce a prendere coscienza e a reagire di conseguenza. Che sia chiaro: abòrro la “legge del taglione”, ma ho altrettanto orrore di chi si siede sulla propria coscienza e non si espone; di chi si gira dall’altra parte per non vedere; di chi è povero di iniziative; di chi non difende il giusto; di chi considera il femminicidio o la violenza di genere come qualcosa di meritato e scaturito da una punizione; di chi è troppo vigliacco per accettare che c’è un “problema” tra gli uomini e correre ai ripari. Occorre prendere in mano la situazione, occorre che gli uomini sviluppino una coscienza sociale in merito a questo argomento, che debellino false credenze che insozzano pensieri ed azioni e che si facciano promotori di iniziative allo scopo di lanciare un vero e preciso messaggio a quelle categorie di “maschi” che ancora oggi continuano a perpetrare violenze su violenze contro il genere femminile.
Si, gli uomini, non le donne!
Vediamo quanto hanno effettivamente a cuore questo problema e quanto siano disposti a dimostrarlo pubblicamente, mettendoci la faccia e lasciando a casa l’ipocrisia! Tutti pronti a manifestare per il clima, per i trasporti, per l’acqua, per le infrastrutture, per la sostenibilità di progetti etc. ma mai che qualcuno prenda l’iniziativa di manifestare pubblicamente per prendere le distanze da quegli uomini che, con il loro indegno comportamento, di fatto stanno denigrando una intera categoria.
Quanti uomini e solo uomini, sono disposti a manifestare in piazza contro questa atrocità e gridare al mondo che gli uomini sono molto altro, che degli uomini ci si può fidare, che sono pronti a proteggerci da quella fascia sociale disturbata che miete vittime a migliaia, che la violenza non è il modus operandi della categoria, che condannano apertamente e pubblicamente questo modello distorto e malsano?
Quanti uomini sarebbero capaci di manifestare con un cartello in mano che dice ” IO NON CI STO, IO SONO DIVERSO” per dire NO alla violenza di genere senza la paura di mettere in piazza anche la parte più emotiva della loro personalità e creare un “movimento” (ovviamente pacifico), che permetta alle nuove generazioni di considerare con più attenzione questa piaga ed acquisire nuova consapevolezza?
Non pensate che potrebbe essere un ottimo strumento educativo per coloro i quali saranno gli uomini del futuro e che possano adottare un comportamento più solidale col genere femminile senza per questo essere meno maschi?
Le donne non hanno bisogno di maschi, hanno bisogno di “Uomini”, quelli con la “U” maiuscola, quelli con cui crescere e confrontarsi, quelli che stanno dalla nostra parte, quelli che insegnano ai propri figli i veri valori della vita, che sanno ridere e piangere insieme a noi, che ci tendano una mano nei momenti più bui, che ci parlino senza urlare, che non ci giudichino, che non ci tocchino se noi non vogliamo, che non vivano la condizione di maschi come un diritto di nascita… Noi siamo le vostre madri, le vostre sorelle, le vostre figlie, le vostre mogli, le vostre compagne, abbiate decoro e mostrate rispetto!…
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Su autorizzazione dell’autrice il testo è stato ripreso da : fonte https://www.asteriscoduepuntozero.it/blogzine/