Tra potere e interessi. L’affaire Rizzoli, Corriere della Sera, P2 e IOR

L’impero mediatico e la sua vulnerabilità non si comprendono appieno se non si considera il ruolo centrale giocato dalla finanza vaticana e dal Banco Ambrosiano...

di Francesco Saverio Vetere *

Negli anni Settanta e Ottanta l’Italia fu sconvolta da un articolato intreccio di potere e interessi che mise in luce come settori della finanza, dell’editoria, della politica e persino del mondo religioso fossero confluiti in un sistema opaco e potentemente radicato. In questo quadro complesso, l’affaire che vide coinvolse il Gruppo Rizzoli, il “Corriere della Sera”, la loggia massonica Propaganda Due (P2) e l’Istituto per le Opere di Religione (IOR) divenne uno dei casi più emblematici della storia nazionale del dopoguerra, rivelando le fragili basi su cui si reggeva la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

La vicenda prese forma in un momento storico in cui la società italiana affrontava forti tensioni politiche, il dilagare di violenza terroristica e una crescente fragilità economica. Fu in questo contesto che il Gruppo Rizzoli, già affermato nel campo editoriale e cinematografico, decise, nel 1974, di compiere un passo ambizioso: l’acquisizione del “Corriere della Sera”, il quotidiano più prestigioso della stampa italiana e uno dei più influenti nell’Europa. L’impresa era destinata a segnare un momento di svolta, poiché l’espansione, pur rafforzando inizialmente la posizione del gruppo, si rivelò presto eccessivamente onerosa, generando ingenti debiti che misero a dura prova la solidità finanziaria dell’intero gruppo.

Mentre i bilanci evidenziavano crepe sempre più profonde, Angelo Rizzoli Jr. tentò di rafforzare il proprio impero mediatico cercando sostegno esterno. Fu così che la loggia massonica P2, guidata da Licio Gelli, colse l’occasione per estendere la propria influenza ai vertici della stampa nazionale. A dispetto del riconoscimento ufficiale che la Massoneria italiana le conferiva all’epoca, la P2 agiva da rete clandestina, con l’obiettivo di piegare alcuni settori chiave dello Stato e dell’economia a interessi non trasparenti. Attraverso pressioni e accordi riservati, i suoi affiliati riuscirono a ottenere posizioni di potere nella gestione del “Corriere della Sera” e della casa madre Rizzoli, lavorando per orientare la linea editoriale in senso funzionale ai propri fini. L’intento era duplice: da un lato si volevano promuovere figure politiche congeniali alla loggia, dall’altro si cercava di censurare o occultare informazioni che potevano ostacolare i progetti della P2. In quel tempo, uno dei personaggi di maggior rilievo era Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano e membro della P2, che offrì un importante supporto finanziario a sostegno delle iniziative del Gruppo Rizzoli.

L’impero mediatico e la sua vulnerabilità non si comprendono appieno se non si considera il ruolo centrale giocato dalla finanza vaticana e dal Banco Ambrosiano. Quest’ultimo, una delle principali banche private italiane, era coinvolto in complicate operazioni creditizie e in movimenti di capitali difficili da tracciare. Calvi, per la sua prossimità all’ambiente della P2 ei legami con il Vaticano, fu soprannominato il “banchiere di Dio”, poiché l’istituto da lui guidato intratteneva stretti rapporti con l’IOR, la banca del Vaticano. Sebbene la missione ufficiale dell’IOR fosse la gestione dei fondi della Chiesa, divenne chiaro che alcune delle sue attività finanziarie si muovevano in un’area grigia fatta di società offshore, conti esteri e trasferimenti di ingenti somme di denaro. Questa rete di operazioni sollevava sospetti di riciclaggio, traffici internazionali e finanziamenti destinati a fini occulti, mentre la mancanza di trasparenza dei flussi rendeva difficile distinguere i confini tra ciò che era lecito e ciò che poteva configurarsi come illecito.

Il castello di carte iniziò a crollare quando, nel 1981, la magistratura ordinò la perquisizione della villa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi. Fu durante questa operazione che vennero scoperti gli elenchi dei membri della P2, comprendenti oltre novecento nomi, tra cui figure di primo piano della politica, delle forze armate, dell’economia e della stampa. Tra questi figuravano anche dirigenti e giornalisti del “Corriere della Sera”. L’emergere di queste liste fece deflagrare la crisi, rivelando agli occhi dell’opinione pubblica un tentativo sistematico di controllare uno dei più prestigiosi organi d’informazione nazionale. La reazione dei lettori e del Paese fu di profonda indignazione: la scoperta minava la credibilità del giornale, metteva in dubbio l’autonomia della stampa e la sua capacità di offrire un’informazione corretta e indipendente. Nel clima già teso della politica italiana, ciò significava alimentare un diffuso senso di sfiducia, non solo nei confronti di singole testate o istituzioni, ma dell’intero sistema democratico, percepito come permeabile a interessi oscuri e consolidati.

Le conseguenze dello scandalo furono pesanti a più livelli. Il Gruppo Rizzoli, già in affanno finanziario, subì un vero e proprio tracollo. Il dissesto contabile e le irregolarità emerse imporranno l’intervento diretto dello Stato, che commissariò l’azienda e avviò procedimenti giudiziari per far luce sulle responsabilità dei dirigenti. Il “Corriere della Sera” dovette affrontare un periodo di profonda ristrutturazione, che comportò non solo il ricambio dei vertici ma anche un serio ripensamento della propria linea editoriale, nel tentativo di riconquistare la fiducia perduta. La P2, smascherata nei suoi propositi eversivi, fu oggetto di un’inchiesta parlamentare che la riconobbe come organizzazione segreta e pericolosa, decretandone lo scioglimento nel 1982. I membri della loggia furono chiamati a rispondere di fronte alla giustizia, sebbene le trame internazionali e la complessità delle connessioni non avrebbe consentito di fare completamente chiarezza su tutti gli aspetti della vicenda. Per il Banco Ambrosiano, il fallimento fu totale e la banca collassò sotto il peso di un buco finanziario di proporzioni ingenti. La drammatica morte di Roberto Calvi, trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra nel 1982, aggiunse una nota di mistero e sospetto che le successive inchieste non riuscirono del tutto a dissipare. L’IOR, pur riuscendo a mantenere una posizione di relativa immunità legata allo status extraterritoriale del Vaticano, non poté eludere il coinvolgimento nello scandalo; fu indotto a contribuire ai risarcimenti dei creditori dell’Ambrosiano, senza tuttavia ammettere responsabilità formali.

Nel panorama italiano, la vicenda lasciò ferite profonde e difficilmente cicatrizzabili. L’esplosione di questo enorme scandalo minò la già fragile fiducia che i cittadini si riponevano nelle istituzioni, nel sistema bancario e nella libertà stessa dell’informazione. Ne derivò un’ondata di sdegno che portò alla richiesta di riforme legislative più incisive. Tra le conseguenze vi fu la legge Anselmi del 1982, che vietava le associazioni segrete e mirava a prevenire nuove infiltrazioni di questo genere nella vita pubblica. Al contempo, lo scandalo smosse le coscienze, incrementò la consapevolezza civica e stimolò il dibattito sulla necessità di una maggiore trasparenza, di una stampa libera e istituzioni pubbliche solide e impermeabili alla corruzione.

L’affaire che intrecciò le sorti del Gruppo Rizzoli, del “Corriere della Sera”, della P2 e dell’IOR è oggi ricordato come uno dei capitoli più oscuri della storia italiana del Novecento. Le sue implicazioni furono talmente vaste da superare i confini delle singole istituzioni coinvolte, incidendo sul tessuto civile dell’intero Paese. Studiare questa vicenda significa comprendere le dinamiche attraverso cui poteri paralleli, circoli finanziari segreti e connivenze internazionali possono logorare le fondamenta di una democrazia, insegnando quanto la vigilanza, la trasparenza e il rispetto delle regole siano elementi indispensabili per la tenuta di un sistema aperto, pluralista e davvero libero.(http://Vetere.it

Photocover: Famiglia Rizzoli

Francesco Saverio Vetere, nato a Cosenza il 26 aprile 1962, vive a Roma. Avvocato patrocinante in Cassazione. Dal novembre 1999 è Segretario Generale e Presidente della Giunta Esecutiva dell’USPI Unione Stampa Periodica Italiana, organismo nazionale di maggiore rappresentanza del comparto Editoria e Giornalismo. Giornalista pubblicista. Docente di Storia della Stampa Periodica, Università “Sapienza” di Roma.Docente di Management dell’Editoria Periodica, Università “Sapienza” di Roma.

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