Conversano (Bari) – La salsa di pomodoro è uno dei prodotti più rappresentativi del sud Italia, a livello di produzione e consumo. Tra le altre cose è diventata famosa negli ultimi anni anche per lo sfruttamento del lavoro di raccolta svolto dai migranti nelle campagne, attraverso la pratica del caporalato. Questo fenomeno consiste nel reclutamento quotidiano di lavoratori, soprattutto migranti (ma anche italiani appartenenti alle fasce sociali più deboli), da parte di intermediari, detti caporali, che forniscono manodopera a bassissimo costo ai grandi proprietari terrieri per l’attività di raccolta dei prodotti agricoli. Nonostante l’introduzione di una nuova normativa in materia che punisce pesantemente non solo i caporali, ma anche i proprietari che usufruiscono di questa forma di lavoro
(che ha ben poco a che vedere con il lavoro), il fenomeno persiste e in alcune zone è addirittura in aumento. Le ragioni possono rinvenirsi principalmente nella volontà delle multinazionali della Grande Distribuzione Organizzata di lucrare sulla produzione e distribuzione dei prodotti e nella scelta (connotata in parte da indifferenza e in parte da ignoranza) della popolazione italiana di preferire spesso prodotti a basso costo, senza curarsi della loro origine né della ragione del prezzo conveniente. Negli ultimissimi anni si è assistito fortunatamente alla nascita di realtà locali che, consce dei danni sociali causati da tali tendenze, stanno tentando di operare un’inversione di tendenza partendo dal basso. Tra di esse vi è “Solidaria” ONLUS, una associazione nata a Bari nel 2014 da un gruppo di rifugiati e giovani italiani, che nel 2015 è stata promotrice di “SfruttaZero”, un progetto di autoproduzione della salsa di pomodoro con il fine di favorire l’inclusione sociale e lavorativa di migranti e precari italiani attraverso pratiche solidaristiche e orizzontali. Inoltre Solidaria, in collaborazione con “Diritti a Sud” di Nardò e “Fuori dal Ghetto” (oggi Funky Tomato) di Venosa, ha istituito una cassa di mutuo soccorso per sostenere i percorsi di rivendicazione e autodeterminazione dei migranti. La salsa “SfruttaZero” diviene in tal modo un simbolo di lotta contro le pratiche criminali dello sfruttamento lavorativo dei soggetti marginalizzati e di reale inclusione sociale tra italiani e stranieri, dove non vi sono gerarchie e il principio cardine è l’autogestione. Dal 2017 Solidaria cura, in parte, anche la coltivazione dei pomodori (un seme particolare di tipo autoctono) presso la Masseria dei Monelli a Conversano, dove hanno partecipato ai lavori di raccolta e trasformazione, in qualità di ricercatori sul campo, anche i ragazzi di “Di.Fro.” (Diritti di Frontiera) e della Clinica Legale sull’immigrazione di Roma Tre, realtà impegnate nella tutela legale dei migranti e nello studio dei fenomeni di sfruttamento lavorativo agricolo concernenti gli stessi. Questo è un chiaro esempio di sinergia tra associazioni e soggetti di diversa estrazione sociale uniti da comuni intenti ed ideali, che sta favorendo il diffondersi di informazioni e buone pratiche necessarie per affrontare, o quantomeno provare ad intaccare l’attuale situazione di illegalità presente nelle campagne pugliesi. La salsa “SfruttaZero” è inoltre testimone di storie impensabili nel momento storico attuale. Il riferimento è a O., un ragazzo del Burkina Faso che da quest’anno partecipa al progetto e fa parte di Solidaria. Egli ha affrontato innumerevoli peripezie per ottenere prima la protezione umanitaria e poi un’abitazione. Infatti successivamente al riconoscimento della prima è stato espulso dal proprio centro di accoglienza (CARA) per insufficienza di posti disponibili e costretto a occupare uno stabile nella località Santa Chiara a Bari. È stata quindi intavolata una trattativa con il Sindaco di Bari, Antonio Decaro, al termine della quale è stata riconosciuta la possibilità per i rifugiati coinvolti di abitare a Villa Roth, immobile demaniale in disuso in cui alloggiavano abusivamente circa 15 italiani in difficoltà. La bellezza di tale episodio risiede nel fatto che grazie alla vertenza portata avanti dai rifugiati e, soprattutto, su loro personale iniziativa, è stato permesso agli italiani abusivi residenti di rimanere nello stabile in maniera legale. Queste situazioni di attivismo e inclusione “a contrario”, rendono veramente difficoltoso definire tali soggetti come migranti, stranieri o qualsivoglia altro termine di riferimento che non sia invece semplicemente persone, in molti casi tanto più umani di quanto potrebbe essere un c.d. occidentale. L’auspicio è che realtà come Solidaria e il progetto “SfruttaZero” riescano a radicarsi nel tempo e ad allargare il loro raggio d’azione per diffondere nel paese l’idea che legalità e cooperazione sociale sono parole ancora utilizzabili ed attuabili concretamente. Per il momento può essere fatto un accenno all’intento della ONLUS di avviare il progetto “Campagna Meticcia” per il prossimo anno, il quale darà a soci e precari la possibilità di iniziare un’attività lavorativa agricola continuativa, e di allargare “SfruttaZero” anche ad altre colture e lavori stagionali.