Roma – Istituita durante il Giubileo della Misericordia, la giornata mondiale dei poveri è stata fortemente voluta da Papa Francesco per diffondere un messaggio di condivisione e fratellanza e un monito a cambiare prospettiva e visione sulla situazione dei più bisognosi. “Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza”, precisa Francesco nella sua lettera odierna denominata non a caso “Non amiamo a parole ma con i fatti”. Egli ha invitato tutte le parrocchie e le mense attive ad accogliere i bisognosi e a condividere con loro un pranzo da commensali, gli uni uguali agli altri. Riuniti attorno allo stesso tavolo, mangiando le stesse pietanze, le persone sono in grado di comunicare e comprendersi in modo più naturale. Le differenze a mano a mano scompaiono e lasciano il posto alla convivialità. Alla mensa di San Pietro in circa 5.000 sono stati accolti. Le altre mense, a seconda delle proprie possibilità fisiche, hanno fatto la loro parte.Alla Parrocchia di San Giuseppe al Trionfale, non molto distante dal Vaticano, un gruppo di circa 100 bisognosi e 30 famiglie hanno pranzato in compagnia, spalla a spalla, in un miscuglio di voci e colori che hanno fatto dimenticare, forse solo per questo pomeriggio, condizioni sociali, credo e provenienza geografica. Esemplificativa è stata la parabola, recitata dal parroco Don Vladimiro e scritta su ogni posto a sedere, che ha dato inizio al banchetto:
“Un sant’uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese: – Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l’Inferno.Dio condusse il sant’uomo verso due porte. Aprì una delle due e gli permise di guardare all’interno.Al centro della stanza, c’era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola, si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso.Il sant’uomo sentì l’acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall’aspetto livido e malato.Avevano tutti l’aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia.Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po’,ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non potevano accostare il cibo alla bocca.Il sant’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: -Hai appena visto l’Inferno. Dio e l’uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l’aprì. La scena che l’uomo vide era identica alla precedente. C’era la grande tavola rotonda, il recipiente colmo di cibo delizioso che gli fece ancora venire l’acquolina.Le persone intorno alla tavola avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici.Questa volta, però, le persone erano ben nutrite e felici e conversavano tra di loro sorridendo.Il sant’uomo disse a Dio: – Non capisco! – è semplice, rispose Dio, dipende solo da un’abilità.Essi hanno appreso a nutrirsi gli uni gli altri, mentre gli altri non pensano che a loro stessi.”
Un racconto che va digerito e metabolizzato affinché si possa attuare con convinzione, ma che apre scenari imprevedibili e accende i cuori di chi partecipa che, sul finire della giornata, nelle vesti di un bambino si chiede: “perché non la facciamo anche domenica prossima?”