di Fabio Cavallina – Fonte: Faro di Roma
Quanti diritti vengono negati ogni giorno nel mondo? Sempre più spesso si assottiglia la fascia di persone a cui vengono garantiti diritti fondamentali come una casa, un lavoro, lo studio; fino a far apparire quest’ultimi come lussi destinati a pochi. La realtà appare ancora più preoccupante quando ad essere calpestata è la libertà d’espressione, il diritto all’infanzia, oppure l’uguaglianza. Tutte quelle componenti che rendono gli uomini capaci di vivere un presente degno e di poter sognare un domani migliore. A quante persone, infatti, viene negato ogni giorno il diritto al futuro?
Su questi interrogativi si è concentrato l’appuntamento organizzato dal Faro di Roma a un anno dall’assassinio di Padre Virochea La Florida, nello stato provinciale di Tucuman, in Argentina: un’occasione per non voltarsi dall’altra parte davanti alle ingiustizie del mondo, prendendo esempio da chi ha perso la vita pur di difendere i più deboli.
Nel corso della Giornata – svoltasi all’Università Lumsa – sono stati proprio i diritti negati ad essere posti al centro del dibattito grazie a una tavola rotonda aperta dall’intervento di Paolo Ciani della Comunità di Sant’Egidio, che ha descritto la situazione dei rom, la minoranza più capillarmente diffusa in Europa ma anche la più vessata da uno stigma sociale che impedisce a molti stati, compresa l’Italia, di riconoscerne i diritti. “Prima di tutto – ha osservato Ciani – viene loro negato il diritto all’infanzia: non vengono accolti e tutelati come bambini che debbono poter crescere in modo sereno, come i loro coetanei”. Ciani ha ricordato lo sterminio dei rom ad Auschwitz e sottolineato che di questo sacrificio non si parla abbastanza. “C’e’ una rimozione – ha detto – che accredita invece stereotipi del tutto falsi sui quali si basa la discriminazione in atto nelle nostre società”.
“Tra i diritti negati non possiamo non annoverare la mancanza di un vero racconto del vissuto dei migranti – ha puntualizzato Tiziana Grassi, portavoce Istituto Nazionale Salute Migrazioni e Povertà – a cui neghiamo la possibilità di esprimere ogni giorno la propria voce. Oggi nella rappresentazione mediatica vediamo arrivare gommoni, e al loro interno tanti puntini indistinti; non conosciamo però i nomi delle persone, i loro volti, le cause, i titoli di studio che non siamo capaci di valorizzare, le vicende che li hanno portati fino a qui.” Proseguendo il suo intervento Grassi ha sottolineato, infatti, come ai migranti venga dedicato il 3% degli spazi nei tg a fronte del 30% di politici ed opinionisti: “Abbiamo bisogno di un’informazione matura – ha aggiunto – che racconti le storie e non associ la criminalità all’immigrazione. Il ruolo dei media nell’aiutare la promozione dei diritti umani è fondamentale; può contrastare le derive a cui si assiste, l’istigazione ad ogni forma di xenofobia, a disinnescare allarmismi e ingiustificate paure”. I migranti necessitano del nostro aiuto e della nostra empatia dal momento che “tutti coloro che partono lasciano tre madri: la propria naturale, la madre terra e la lingua”, una condizione che “fa traballare le fondamenta dell’esistenza dell’individuo”. Negare il confronto con i migranti, forse, è un diritto di cui noi stessi ci priviamo perché, conclude Grassi, “l’incontro attento con l’altro è portatore di universi meravigliosi”.
I diritti sono – come scrive il Papa in un tweet lanciato dall’account Pontifex – “l’aspetto positivo, da promuovere con decisione sempre rinnovata”. Si pensi, dunque, alla promozione dell’accoglienza, della verità, della pace; aspetti che ogni Paese dovrebbe sempre sostenere e promulgare, almeno in chiave teorica. Sono per l’appunto le contraddizioni dello Stato italiano a caratterizzare l’intervento alla tavola rotonda di Nello Scavo: “Durante una manifestazione in Venezuela, a Caracas – ha commentato l’inviato di Avvenire – seguì una condanna pubblica da parte dell’Italia a seguito dell’intervento della polizia locale. Una presa di posizione singolare delle nostre istituzioni, dal momento che negli stessi giorni l’Italia esportò e vendette circa 20 mila pistole agli stessi organi di polizia che condannava”. Ancora, prosegue Scavo: “I migranti che noi riceviamo, non sono semplicemente dovuti alla guerra in Siria. In Yemen, luogo un tempo rifugio per tanti profughi, si sta combattendo da tre anni una terribile guerra; a causa di questo conflitto migliaia di migranti sono scappati in Libia e sognano di approdare sulle nostre coste”. Chi è uno dei maggiori fornitori di questa guerra? “Proprio l’Italia, che nel 2016 ha venduto alla coalizione araba che combatte in Yemen 22.000 ordigni. I problemi che affliggono l’opinione pubblica però – termina Scavo – sono i migranti e non quelle guerre che il nostro Stato finanzia”.
“Questo è il secolo in cui si calpestano i diritti a mangiare e istruirsi; in cui si condanna la partecipazione politica, la libertà di culto e d’orientamento sessuale” ha sintetizzato Geraldina Colotta, esperta di America Latina, ritornando sull’argomento del Venezuela. Il governo guidato da Nicolas Maduro, a detta di Colotta, è l’unico ad esser stato penalizzato da sanzioni internazionali nonostante “il Messico sia un’immensa fossa comune, dove il mestiere del giornalista, ad esempio, è rischioso per la vita; nonostante in Honduras gli ambientalisti siano trucidati”. Oppure: “Haiti è un campo di battaglia nel business umanitario, in cui pletore di ONG guadagnano dove vige la povertà e la Colombia anche non è un’oasi per i diritti umani”. Ad essere negati in Venezuela sarebbero “la democrazia partecipativa e una politica che dà credito ai cittadini”, a discapito “della realtà dei fatti”. “Il Venezuela ha ridotto la povertà del 50%, l’istruzione è gratuita; si continuano a promuovere libertà di genere e rispetto per l’ambiente sotto il segno dell’Enciclica di Papa Francesco. I Paesi che condannano il Venezuela e la definiscono lo Stato come una dittatura – ha affermato Colotti – negano tutti i diritti che questo popolo ha acquisito in questi anni”. Per quale motivo? “Perché non sopportano si possa governare in un modo diverso dal loro”.
Fabrizio Cavallina