Dopo la pausa delle vacanze natalizie tradizionalmente si rientrava a regime nel ritmo dello studio, delle interrogazioni di fine quadrimestre e poi…. Le schede di valutazione.
La ripresa quest’anno è stata rallentata e diversificata nel territorio nazionale e questo stato di confusione ha fortemente inciso sullo stato d’animo degli studenti, i quali hanno attivato anche manifestazioni di “sciopero bianco” chiedendo le lezioni in presenza.
“Vedere gli studenti in piazza a chiedere: garanzia del diritto all’istruzione; autonomia ai presidi e alle scuole mi pare il riscatto della Libertà educativa”, ha scritto Suor Anna Monia Alfieri.
Oltre alla pandemia sanitaria, l’Italia deve affrontare la pandemia educativa, che pone una pesante ipoteca sul successo di una generazione e sullo sviluppo del Paese. Due anni senza scuola regolare, fa registrare un rallentamento nello sviluppo culturale di cinque anni e, purtroppo il tempo perduto non si potrà recuperare, nonostante tutto l’impegno e le innovazioni didattiche e tecnologiche. Il 46%, degli studenti intervistati parla di un “anno sprecato” e la costrizione di vivere incontri solo virtuali ha fatto riscoprire a molti il valore della relazione “dal vivo”.
L’indagine ”I giovani ai tempi del Coronavirus”, commissionata da Save the Children a Ipsos presenta come dato preoccupante l’abbandono scolastico. Sulla base delle affermazioni del 28% degli studenti si registra che “almeno un compagno di classe dal lockdown di primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni”.
Save the Children stima che circa 34mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado potrebbero aggiungersi alla fine dell’anno ai ragazzi cronicamente dispersi anche prima della pandemia.
Tra le cause principali delle assenze dalla Dad vi sono la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi su uno schermo. I dati Istat confermano che circa 850 mila studenti, non hanno a disposizione né pc, né tablet ed è quindi inevitabile che il numero degli “impreparati” sia cresciuto. A conclusione dell’anno scolastico si è registrato che il 35% degli studenti quest’anno deve recuperare più di una materia.
La descrizione dello stato psicofisico degli studenti dall’indagine, dando voce agli adolescenti è così tabulata: dichiarano di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), in un caleidoscopio di sensazioni negative di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che molti si tengono dentro (22%).
Si sono registrati anche casi di “hikikomori”, ragazzi che hanno paura di uscire, di incontrare persone per paura di essere contagiati.
Tra i giovani il 65% è convinto che questo disastro era ed è evitabile ed essi pagano in prima persona l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia; il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio; mentre il 42% ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola. E serpeggiano tanta amarezza, diffusa incertezza e grande confusione.
Le conseguenze di tutto ciò si vedranno negli anni successivi e i casi patologici, la mancanza di alcune gestualità quali: il darsi la mano e l’abbracciarsi, restano come profondi segni negativi che il Covid-19 ha tracciato nella vita personale e sociale.
Nel frattempo non possiamo restare a guardare i cadaveri che scorrono sul fiume. Occorre rimboccarsi le maniche e reagire, operando con coscienza e senso di responsabilità.