Ci troviamo ad osservare, oggi, due modelli di intervento, potremmo dire due modelli strategici. Il primo, che chiameremo “popolazione, usato dai cinesi, italiani e sudcoreani, il modello del contenimento del contagio, che prevede provvedimenti in emergenza di isolamento della popolazione. La seconda, che chiameremo “cura”, portato avanti dai tedeschi, britannici, e in parte francesi, in cui nessuna azione mirata sul contenimento, ma solo sulla cura dei malati.
Analizziamo velocemente le caratteristiche del Coronavirus: alta contagiosità, percentuale bassa di esiti mortali, percentuale intorno al 10% di malati bisognosi di cure nei reparti di terapia intensiva.
Il modello “cura”, ovvero quello portato avanti dai tedeschi, francesi e britannici, sembra pre-condannare una quota di persone in genere anziane o già malate, persone che se anche dovessero sparire non comprometterebbero il sistema economico, anzi, favorendo un respiro economico nel sistema pensionistico e sanitario, potremmo essere ancora più cinici evidenziando che queste morti aumenterebbero la liquidità ed il patrimonio dei più giovani grazie alle eredità. Il sistema imprenditoriale in questo modello ne uscirebbe più forte capace di sostituirsi facilmente alle nazioni che hanno prediletto il modello “popolazione”.non richiede alcuna misura di restrizione della libertà: la vita quotidiana prosegue esattamente come prima, tranne che molti si ammalano e una percentuale non esattamente prevedibile ma non trascurabile di essi, non potendo ottenere le cure necessarie per ragioni di capienza del servizio sanitario, muore.
Nel modello “popolazione” adottato da Italia, Cina e Sudcorea, proviamo a distinguere la differenze tra la Cina e l’Italia.
La scelta delle “popolazione”, operata dall’Italia, ha ragioni superficiali e consapevoli nei nostri difetti politici e istituzionali, e ragioni profonde e semi consapevoli nei pregi della civiltà e della cultura a cui, l’Italia continua ad ispirarsi, specie nei momenti difficili: siamo stati senz’altro umani e civili, e forse anche strategicamente lungimiranti, senza sapere bene perché.Questo modello richiede l’applicazione di misure severissime di restrizione delle libertà personali, e anzi esigerebbe, per essere coerentemente effettuato, il dispiegamento di una vera e propria dittatura, per quanto morbida e temporanea, in modo da garantire l’unità del comando e la protezione della comunità dallo scatenamento delle passioni irrazionali, cioè da se stessa. Operativamente, dovrebbe essere affidata proprio alle forze armate, che possiedono sia le competenze tecniche, sia la struttura rigidamente gerarchica adatte.
La scelta della Cina, si ispira a: “La vittoria si ottiene quando i superiori e gli inferiori sono animati dallo stesso spirito” e “Una guida coerente permette agli uomini di sviluppare la fiducia che il loro ambiente sia onesto e affidabile, e che valga la pena combattere per esso.”
La Cina sembra che abbia valutato il vantaggio strategico del lungo periodo rafforzando e preservando la coesione sociale, attraverso la cultura proprio del paese, anche se questa scelta, oggettivamente, superasse il costo a breve-medio periodo del danno economico. La base del pensiero cinese sembra essere basato su tre principi: “Sapere quando si può o non si può combattere. Sapersi avvalere sia di forze numerose che di forze esigue. Saper infondere uguali propositi nei superiori e negli inferiori.”
Senza alcuna timidezza o arroganza devo ammettere di essere fiero e ben felice di essere italiano. Come diceva Gaber in una sua famosa canzone “…Ma per fortuna o purtroppo lo sono (italiano).” … in questo caso per fortuna.