Ci sono organizzazioni pronte a intervenire nelle nuove situazioni di indigenza, e anche lo Stato ha incrementato gli aiuti, ma il Covid ha trascinato un milione di italiani nella povertà. Quattro milioni di persone oggi hanno bisogno di aiuti alimentari. La Campania è in cima alla lista.
A San Giovanni a Teduccio, un quartiere industriale in declino, l’associazione Figli in famiglia ha improvvisato una distribuzione della spesa a chi non arriva più a fine mese. Nel loro capannone venivano già assistiti ragazzi e famiglie vulnerabili. Con la pandemia, la situazione si è aggravata: e dalle 30 spese iniziali sono arrivati oggi a 216 con cadenza quindicinale.
I residenti del quartiere sanno cosa significa vivere con la Camorra alla porta. Oggi i vertici dei clan sono stati decapitati, ma le istituzioni vengono comunque percepite distanti.
Se le politiche sociali del Governo al Sud vengono definite inadeguate, sul piano della sicurezza lo Stato risponde con mano ferma da anni. Il post-lockdown vede la polizia in allerta per un possibile incremento delle attività della criminalità organizzata, stando a quanto afferma il capo della Squadra mobile di Napoli, Alfredo Fabbrocini: “Noi abbiamo una strategia che è modulare. Cambia così come cambia la criminalità organizzata cercando anche di anticiparne le mosse. Nel concreto cerchiamo di comprendere, da quelli che ci fanno da orecchie sulla strada, come stanno modulando la loro attività e cerchiamo di arginarla”.
Oggi la camorra non è più forte, cerca di diversificare perché ha bisogno di guadagnare, oggi la camorra ha solo più fame. Non solo le mafie in Italia vogliono guadagnare di più, ma vogliono anche riciclare i loro proventi illeciti. La pandemia ha fornito loro nuove opportunità si calcola che le mafie in Italia solo per il traffico di stupefacenti riescono a incamerare oltre 30 miliardi di euro. La Camorra ha bisogno di trovare dei canali finanziari nei quali occultare il danaro e il canale più semplice è rappresentato dai soggetti economici che si muovono nel mercato, vale a dire società per lo più a responsabilità limitata o società per azioni”.
La grande crisi di liquidità seguita alla pandemia, sentita particolarmente dalle piccole e medie imprese, rischia di trasformare la criminalità organizzata, secondo varie associazioni antimafia, nella più grande banca d’Italia.
Venti mila aziende non sono riuscite a riaprire dopo il lockdown in Campania e 600 mila imprese hanno richiesto i prestiti con garanzia pubblica proposti dal Governo per rilanciare l’economia. Un terzo non ha ricevuto nulla. Le Mafie hanno tutto da guadagnare quando prestano denaro ad aziende in difficoltà, anche se le somme non vengono restituite, spiega il procuratore antimafia: “Laddove non si può restituire il danaro la camorra se ne avvantaggia, perché quel danaro che in parte ha perso le consente di acquisire la gestione dell’impresa, che da quel momento in poi diventerà il canale attraverso il quale mascherare il proprio danaro”.
L’estorsione si aggiunge all’usura. La Camorra sembra abbia ripreso a raccogliere il “pizzo” appena il lockdown è finito. Anche se il Covid ha cambiato gli equilibri tra imprenditori e crimine organizzato, sembra esserci ancora più rabbia, ancora più tensione, perché chi viveva un periodo di crisi, questa epidemia l’ha colpito ancora, l’ha affondato. Quando in questo periodo si presentano estorsori sui cantieri a chiedere il racket, ci sono molti imprenditori che si stanno ribellando.
Le forze dell’ordine temono che l’estorsione possa raggiungere livelli record in agosto, tra le tradizionali scadenze della Camorra per la riscossione. Secondo lo sportello di Napoli antiusura della Cgil i prestiti illegali potrebbero aumentare del 30 per cento quest’anno in seguito al Covid.
A fronte della situazione, l’organizzazione antiracket Sos Impresa ha radunato associazioni di categoria, forze dell’ordine e istituzioni per prevenire il rischio usura e l’infiltrazione criminale nell’economia. “Oggi siamo in una fase in cui questo fenomeno criminale dell’usura sta crescendo, ma sta crescendo in modo silenzioso – spiega il presidente di Sos Impresa, Luigi Cuomo – adesso sono le vittime a cercare i propri carnefici, e sono loro che creano questo rapporto viziato. Tra un anno sapremo quanto si è sviluppato e quanto si sta sviluppando in questi giorni questo fenomeno, questo abbraccio mortale”.
Chiunque a Napoli sa che la Camorra si sta muovendo per sfruttare questa crisi, ma pochi sono disposti a parlarne.
Nonostante i timori che gli aiuti europei possano finire in mano alle Mafie, associazioni e istituzioni locali sottolineano che questi fondi sono vitali proprio per tenere le aziende nella legalità. Annapaola Porzio, commissaria straordinaria del governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, giura: “I soldi stanno arrivando ed arriveranno anche cospicui nelle varie forme che il governo vorrà mettere in campo grazie anche ai finanziamenti che l’Europa ci consentirà di avere. Stiamo introducendo tante misure per evitare che vadano a finire in mani improprie”.
Oggi esistono strutture economiche e politiche per proteggere chi dice no a estorsioni e usura. Ci sono fondi per ripartire da zero, leggi ad hoc e associazioni che accompagnano chi denuncia passo passo. C’è chi ha pagato con la vita perché questo fosse possibile.
L’esperto di criminologia Paolo Miggiano, nel libro L’altro Casalese, appena pubblicato, ci dice: che “La situazione è certamente diversa. C’è stato un grande impegno delle forze dell’ordine e della magistratura, che ha smantellato certi gruppi criminali, soprattutto qui in Campania. Sarebbe stato necessario intervenire parallelamente: faccia brutta dello Stato – polizia e magistratura – e contemporaneamente aiuti sociali ed economici per lo sviluppo del territorio, anche se questo non mi sembra sia avvenuto”.
Per Nicola Ricci, segretario generale della Cgil, la situazione è allarmante: “Il Covid ha avuto effetti devastanti. Basti pensare solo che all’inizio dell’anno c’erano 23 milioni di richieste di ore di cassa integrazione, quindi avevamo già un apparato industriale pesantissimo, ora aggravato dal fatto che il 60 per cento delle aziende in questa crisi ci hanno rimesso in termini di produttività di commesse e molte sono state chiuse”.
Gli esperti annunciano una ripresa lunga e penosa per l’Italia meridionale, che paga anche le fragilità del suo tessuto sociale. Ne è convinta l’assessora alle politiche giovanili del Comune di Napoli Alessandra Clemente. Alessandra era una ragazzina quando sua madre venne uccisa da un proiettile vagante sparato dalla Camorra. Era il 1997. Da allora ha scelto un ruolo attivo nelle istituzioni locali per riscattare il dolore e costruire un futuro diverso per la sua città, dice: “C’è una città che mi deve chiedere scusa perché mi ha tolto ciò che per me e per la mia famiglia è di più caro, che è mamma, e a lei giovanissima – era una ragazza soltanto di 39 anni – ha tolto tutto, la sua vita, il suo progetto d’amore. Oggi c’è la voglia di dare il proprio contributo proprio per modificare e rendere forti le realtà sociali economiche e culturali che hanno determinato quella pagina di dolore così forte, modificarle affinché non accada ad altri”.
Il crimine organizzato risponde ai bisogni primari delle persone quando lo Stato volta loro le spalle. Per chi combatte la Camorra sul fronte sociale, l’istruzione e il diritto a lavoro sono le armi più efficaci per preparare i giovani a costruire un futuro diverso.
Fino a quando non si intaccherà il sistema economico delle mafie, e nel contempo non si fornirà ai cittadini un sostegno adeguato, sia economico che relazionale, la lotta alle mafie vedrà lo stato in affanno. In un momento come questo dove tutto è rimesso in gioco, dove è palese la disfatta dei vecchi sistemi, lo stato, la società dovrebbe ricreare un sistema basato sulla persona, sul bene comune, su un “economia del bene”, unica strada per colpire profondamente le mafie.