Fatima, italiana di origini somale , racconta a Londra la sua esperienza di bambina sottoposta a mutilazione genitale per rispettare una tradizione considerata ora un crimine contro la persona nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’Onu. Fatima aveva appena otto anni quando l’anziana del villaggio l’ha tagliata con un vecchio coltello e poi ricucita con dello spago.
L’infibulazione è una pratica crudele e dolorosa, praticata soprattutto in Africa, ma anche nel Medio Oriente, in Indonesia e Malaysia così come all’interno di alcune comunità d’immigrati in Europa, Stati Uniti d’America e Australia. Si è vista anche utilizzare da alcune popolazioni di religione musulmana dell’Asia meridionale.
I tassi di prevalenza noti più alti sono stati registrati in una trentina di paesi africani, in una fascia che si estende dal Senegal all’Etiopia e dall’Egitto alla Tanzania e in uso però ancora anche nei nostri paesi nelle comunità degli immigrati: si calcola infatti che siano circa 103 mila le ragazze che vivono in Gran Bretagna vittime di questa barbarie inflitta dalla famiglia stessa. In prima linea a Londra per curare le ferite lasciate sul corpo delle vittime di questa violenza sono i medici italiani dell’associazione Italian Medical Society in collaborazione con il servizio sanitario britannico, NHS (National Health Society) attraverso la chirurgia rigenerativa e ricostruttiva.
‘’La novità di questo progetto consiste semplicemente nel rendere certi trattamenti accessibili a donne che hanno avuto mutilazioni genitali femminili, questi trattamenti già sono utilizzati per le cicatrici, fibrosi vulvari e altre patologie, è giusto includere anche le donne con MGF.’’ ha detto la dottoressa Aurora Almadori, specialista in chirurgia plastica, intervistata dalla Rai.
Anche la senatrice di Piu’ Europa Emma Bonino che contro la mutilazione genitale femminile ha condotto campagne per decenni ha aderito all’iniziativa dell’Italian UK Medical Society.
L’associazione rappresenta gli oltre tre mila medici italiani che vivono e lavorano oltremanica. Purtroppo però anche per questa professione le cose dopo la Brexit sono cambiate: oltre ad un esame professionale più rigido chi viene a studiare oltremanica non ha poi la garanzia di potersi fermare per lavoro e deve chiedere un altro visto.