Una lettera che suona come un presagio, quella scritta da Guido Bertolaso nel novembre 2010 al suo successore: con una evocativa metafora l’allora capo della Protezione Civile paragonava il dipartimento “ad una splendida nave da crociera, un organismo di cui la pubblicità fa vedere solo i ponti soleggiati, la cabine e gli impianti sportivi … “Una nave solida, buona, ma anche piena di ammaccature e di colpi subiti” e un mare da navigare diventato teatro di tempeste.
Poco più di un anno dopo, quando avvenne il disastro della Concordia, quelle parole suonarono come una profezia.
A raccontarlo nel decimo anniversario dal naufragio che causò 32 vittime è Franco Gabrielli, allora capo della Protezione Civile, nel volume “Naufragi e Nuovi Approdi” ( Francesca Maffini, Baldini + Castoldi). Un appassionato resoconto di fatti, decisioni, intuizioni che lo portarono a gestire, in un contesto politico in forte contrasto, una situazione estremamente dolorosa e delicata, senza precedenti e nessuna “letteratura” da poter prendere come riferimento.
Nella notte del 13 gennaio 2012 la Costa Concordia si schiantava sugli scogli delle Scole, proprio davanti all’ingresso dell’Isola del Giglio.
Gabrielli rievoca quelle terribili ore, le prime telefonate, e man mano che il tempo passava, la consapevolezza crescente dell’immane tragedia. La nave adagiata su un fianco ospitava oltre 4.200 persone a bordo, decine e decine i dispersi. Franco Gabrielli racconta la corsa contro il tempo per cercare i dispersi e le preocccupazioni legate al rischio ambientale. Nonostante il suo ruolo,potrà raggiungere l’Isola del Giglio solo una settimana dopo, e non certo per sua volontà: per assumere il comando delle operazioni dovette aspettare la nomina a commissario delegato del governo. Subendo i ritardi di una politica miope, che aveva limitato il potere della protezione civile, accusata- all’epoca della gestione Bertolaso -di aver utilizzato le ordinanze in modo troppo disinvolto, sperperando fondi per la gestione di grandi eventi e manifestazioni sportive.
L’autore racconta nel libro il benvenuto ricevuto dai gigliesi al suo arrivo: davanti all’hotel Bahamas uno striscione riportava: “Gabrielli togli la nave, cazzo!”. Utilizzando la stessa frase rivolta dal Capo della Capitaneria di Porto Gregorio De Falco al comandante Francesco Schettino, che aveva abbandonato la Concordia prima che tutti i passeggeri si fossero messi in sicurezza, i gigliesi esprimevano con estrema chiarezza le loro aspettative e allo stesso tempo la vergogna di una tragedia da cui volevano prendere le distanze.
Nella sua lucida ricostruzione, Franco Gabrielli non lesina nomi e cognomi, rendendo ancora più interessante la ricostruzione di una missione difficilissima, dal recupero delle vittime alla gestione della minaccia ambientale rappresentata dal possibile versamento del carburante nell’arcipelago toscano. Dal rebuckling, -la messa in verticale della nave – operazione che ha visto il coinvolgimento di intere squadre di ingegneri, allo spostamento, all’approdo verso il porto di Genova e alla demolizione dell’enorme relitto. Ogni fase assume i contorni di un’impresa epica, un grande sforzo corale la cui riuscita nonostante calcoli e studi presentava sempre una parte di incognite , un risultato ottenuto grazie alla solidarietà e al lavoro incessante di tanti uomini che hanno messo a repentaglio la loro stessa sicurezza nella delicata missione di salvare vite, di evitare il disastro ambientale, di dare un corpo ai famigliari dei dispersi, di trasportare il relitto in un porto adeguato. Impresa resa possibile grazie al confronto leale e al dialogo trasparente con tutti gli attori protagonisti, dai familiari delle vittime, ai gigliesi . Pubblico e privato fianco a fianco per portare a termine la rimozione e la demolizione del relitto e restituire il loro mare ai Gigliesi. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: Gabrielli esprime l’amarezza nel dover fare i conti con la tipica mentalità italiana di “fare presto a scapito del fare bene”, delle tante storture, del meschino prendere le distanze di molti , di una pressione mediatica il cui sport preferito è spesso quello di mettere in cattiva luce quanto fatto in nome del titolone da sparare sui giornali. Una vicenda che ha registrato anche scarichi di responsabilità, lunghe trattative, rimpalli e ritardi in nome di quell’atteggiamento del “cerchiobottaggio” finalizzato a salvaguardare i propri interessi particolari e personali e mantenere le proprie poltrone. Gabrielli poteva essere il capro espiatorio a cui dare la colpa se le cose fossero andate male, un commissario delegato con un budget di soli 5 milioni di euro a fronte di una spesa di un miliardo di euro. Dopo 30 mesi, cio’che sembrava un percorso interamente in salita, irto di ostacoli e incertezze è diventato un esempio positivo, grazie al dialogo, alla trasparenza e all’assunzione di responsabilità. Una lezione appresa e di cui fare tesoro per il futuro del nostro Paese e della Protezione Civile.
Franco Gabrielli (Viareggio, 1960) è attualmente Sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri, autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Nella sua carriera ha ricoperto incarichi di vertice nel mondo della security, della safety e dell’intelligence. Entrato nella Polizia di Stato nell’85, si è distinto per meriti straordinari arrivando a ricoprire, nel 2005, la posizione di direttore del Servizio centrale antiterrorismo e nel 2006 di direttore del Sisde. Nel 2009, il Consiglio dei ministri lo nomina prefetto de L’Aquila e vicecommissario vicario per l’emergenza terremoto. In quella veste, gestirà anche la sicurezza del Vertice G8. Nel novembre 2010, assume l’incarico di capo dipartimento della Protezione civile e si occupa delle emergenze legate al sisma nella pianura padana del 2012 nonché, in qualità di commissario delegato dal Governo, delle operazioni per il recupero e la messa in sicurezza della Costa Concordia. Nel 2015 è nominato prefetto di Roma e nel 2016 capo della Polizia e direttore generale della Pubblica Sicurezza.
Con il contributo di Francesca Maffini (Angera, 1985), giornalista, attualmente capo ufficio stampa del ministero dell’Università e della Ricerca, è stata responsabile dell’ufficio stampa del dipartimento della Protezione civile dal 2011 al 2017.