L’udienza finale dell’Alta Corte britannica sull’estradizione negli Usa di Julian Assange si è ormai conclusa, ma non è stato reso noto il verdetto definitivo, né come né quando lo sarà, secondo fonti inglesi. Un rinvio che crea un’ulteriore attesa per il prigioniero di Belmarsh, che anche oggi non si è presentato in aula, rimanendo per ragioni di salute nel carcere di massima sicurezza di Londra, detto la Guantanamo inglese.
Gli avvocati James Lewis e Claire Dobbin, che hanno rappresentato gli Stati Uniti, hanno detto che Assange “ha messo a rischio delle vite” diffondendo documenti statunitensi riservati e dovrebbe essere estradato per affrontare la giustizia americana. Dobbin, in particolare, ha sottolineato che la richiesta di estradizione del giornalista australiano Assange è motivata dalle sue presunte azioni e non dalle sue idee politiche. E ha aggiunto che alcune fonti citate nei documenti resi pubblici da Assange hanno dovuto affrontare “profonde conseguenze”, tra cui l’arresto, la perdita di beni materiali, minacce e molestie.
“Non si è trattato di uno scivolone o di un errore, si è trattato della pubblicazione di una grande quantità di materiale riservato”, ha detto Dobbin in udienza. Nelle dichiarazioni scritte, Dobbin e James Lewis KC hanno descritto la fuga di notizie come “una delle più grandi diffusioni di informazioni riservate nella storia degli Stati Uniti”. Inoltre ”pubblicando queste informazioni sul sito Wikileaks”, Assange ”ha provocato un rischio grave che le fonti ivi menzionate potessero subire gravi danni fisici”. Dobbin ha quindi fatto notare che “l’Amministrazione degli Stati Uniti ovviamente è cambiata durante questi procedimenti, ma ciò nonostante l’accusa contro il ricorrente (Assange, ndr) rimane in piedi. Perché si basa sulla legge e sulle prove, non sulla politica”.
Da ieri i sostenitori di Julian Assange si sono riuniti fuori dal consolato britannico di New York, situato all’885 della Second Avenue e 47th Street, a Manhattan. Il presidio è organizzato da vari gruppi, tra cui NYC Free Assange, Assange Defense e CODEPINK. Ne dà notizia l’agenzia Internazionale Pressenza. Una folla eterogenea che mostra solidarietà ad Assange, tra striscioni, canti e discorsi; i manifestanti chiedono giustizia per il fondatore di WikiLeaks e in mezzo alle persone riunite a Manhattan prende la parola anche l’attrice e produttrice cinematografica Susan Sarandon, che ha sempre unito l’impegno civile e politico alla sua professione. Parla della necessità di difendere la libertà di stampa e del diritto dei cittadini a conoscere l’operato dei governi.
Per il prigioniero di Belmarsh si sta radunando un movimento globale: da New York a Londra e all’Australia, crescono sempre più le voci che si oppongono a quello che in moltissimi ormai percepiscono come un attacco alle libertà fondamentali e al diritto dei cittadini di conoscere la verità. ( Adnkronos)