Il 14 aprile del 1981 alcuni killer della Nuova Camorra Organizzata assassinavano Giuseppe Salvia, vice direttore della casa circondariale Poggioreale di Napoli, mentre rientrava a casa con la sua auto nei pressi dello svincolo dell’Arenella. Salvia, onesto e serio servitore dello Stato, come anche la relazione sul servizio prestato come vicedirettore in prova attestava: “È di carattere serio e riservato con spiccanti attitudini a comprendere le funzioni degli altri operatori penitenziari e le esigenze di trattamento dei detenuti”, fu condannato a morte dal boss Raffaele Cutolo perché sin da quando si insediò nel suo ruolo di direttore osò sfidare il potere criminale della camorra all’interno del carcere di Poggioreale. Una drammatica storia quella di Giuseppe Salvia caduta nell’oblio a causa di un’ipotetica trattativa Stato Mafia, ipotesi avanzata secondo i contenuti proposti dal docufilm RAI “Le ultime parole del boss”: “Solo dopo due settimane l’omicidio Giuseppe Salvia deve essere dimenticato. Lo Stato ha bisogno di Raffaele Cutolo per liberare Ciro Cirillo e tratta alla pari con il capo della camorra offrendo piaceri, soldi finanche di fargli incontrare in carcere i suoi luogotenenti latitanti Vincenzo Casillo e Corrado Iacolare”.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ne ricorda la figura attraverso l’elaborato della studentessa Ludovica Berardi della classe III sez. C del Liceo Scientifico Filolao di Crotone.
“Giuseppe Salvia, vicedirettore e responsabile del reparto di massima sicurezza del carcere di Poggioreale a Napoli, ebbe l’incarico negli anni dove la Nuova Camorra Organizzata reclutava nel carcere stesso nuove persone. Raffaele Cutolo rientrando in carcere da un’udienza in un processo, come da regolamento, doveva essere perquisito; lui si rifiutò, allora il vicedirettore Salvia lo perquisì personalmente. Cutolo reagì tentando di “schiaffeggiarlo”.
Il boss della NCO prese questo gesto come una “sfida”, come se sminuisse la sua figura nel carcere.
Tale azione compiuta da Giuseppe era necessaria per far capire che tutti i detenuti dovevano avere lo stesso trattamento, ma gli costò molto cara: era il 7 novembre del 1980.
Il 14 aprile del 1981 Giuseppe Salvia, che stava rincasando dalla moglie e dai suoi due figli piccoli di cinque e tre anni, vide dallo specchietto della sua auto qualcosa di strano, tentò di salvarsi, ma non c’era nulla da fare. Vide i volti dei suoi sicari. Salvia non tornò più a casa, lasciando la sua famiglia, solo perché aveva agito in nome della giustizia. Raffaele Cutolo, il mandante dell’omicidio scontò l’ergastolo, e giustizia venne fatta, ma non riporterà indietro un uomo che pur il suo incarico non perse la sua umanità, una persona buona e più che rispettabile. Ricordiamo in questo giorno Giuseppe Salvia che pagò con la vita solo per aver fatto il suo lavoro e aver messo la giustizia al primo posto.”
Il CNDDU presieduto dal Prof. Romano Pesavento, invita i docenti delle classi quinte degli istituti scolastici secondari di secondo grado a far visionare il docufilm RAI “Le ultime parole del boss” e ad aderire al progetto #inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità. Gli elaborati possono essere segnalati al CNDDU che li renderà visibili sui propri canali social (email: coordinamentodirittiumani@gmail.com)