
Il silenzio prepara, la parola crea. Il silenzio non è assenza, ma matrice. È il grembo da cui germogliano i semi dell’ispirazione. La parola, invece, è il parto della luce: squarcia l’ombra, traccia sentieri nel caos, trasforma il sussurro in grido. Ma oggi, in un’epesa ossessionata dal clamore, il silenzio viene sepolto sotto montagne di frasi vuote, di likes effimeri di parole che nascono morte
“L’arte è l’infanzia della libertà” Friedrich Hölderlin
Esistono due grandi forze nell’universo: il silenzio e la parola. Il silenzio prepara, la parola crea. Il silenzio agisce, la parola dà impulso all’azione. Il silenzio costringe, la parola persuade. Gli immensi, imperscrutabili processi del mondo si perfezionano in un profondo, regale silenzio, ammantati dalla fastidiosa e fuorviante coltre del rumore.
Il silenzio non è assenza, ma matrice. È il grembo oscuro da cui germogliano i semi dell’ispirazione, il respiro trattenuto prima del canto. La parola, invece, è il parto della luce: squarcia l’ombra, traccia sentieri nel caos, trasforma il sussurro in grido. Ma oggi, in un’epesa ossessionata dal clamore, il silenzio viene sepolto sotto montagne di frasi vuote, di likes effimeri, di parole che nascono morte. L’artista autentico è colui che resiste a questa deriva, che scava nel silenzio per trovare diamanti, non carbone.
Pretendiamo misura nel giudizio. Pretendiamo il gesto di una critica autentica, che protegga l’artista degno di questo nome dal gusto effimero del pubblico, che lo difenda da quelli per cui la scrittura è mera attività commerciale. La critica non deve essere un tribunale, ma un faro: non condanna, ma illumina le opere che osano sfidare l’ovvio, che rifiutano di essere schiave del algoritmo. L’arte, quando è vera, non è un prodotto da mercato né un divertissement per masse distratte. È un atto di ribellione silenziosa, un dialogo tra l’inesprimibile e il tangibile, tra il vuoto e il pieno. È il ponte sospeso tra l’anima dell’artista e l’abisso del mondo.
La libertà della creazione artistica risiede nella sua capacità di sfidare il rumore del mondo senza esserne corrotta. Chi scrive, dipinge, compone o danza con integrità non cerca applausi, ma risuona nello spazio sacro del silenzio, dove nascono le verità che il frastuono non può udire. L’artista è un esploratore di mondi interiori: naviga negli oceani del non-detto, porta alla superficie perle di significato che il mercato vorrebbe ridurre a pietre decorative. La critica, allora, deve essere custode di questo santuario: non giudice severo, ma alleato che riconosce il fuoco dell’autenticità e spegne le luci false dell’opportunismo.
Eppure, oggi, il silenzio viene venduto come merce rara. Lo si confeziona in app di meditazione, lo si riduce a trend. Ma il silenzio dell’artista non è un prodotto: è una scelta radicale, un deserto in cui camminare senza mappa, un rischio che brucia le certezze. Chi crea sa che ogni opera è un tradimento del silenzio, ma anche un suo compimento: la parola, pur rompendo l’incantesimo, ne custodisce l’essenza.
L’artista non è un venditore di illusioni, ma un tessitore di universi. E se il silenzio è la tela, la parola è il colore che la storia non potrà mai cancellare. La creazione autentica è un atto di amore per l’eterno: mentre il rumore svanisce nel vento, l’arte che nasce dal silenzio diventa eco di secoli, rifugio per chi cerca risposte nelle domande.
Oggi più che mai, serve una rivolta. Non con petardi o manifesti, ma con la disobbedienza quieta di chi rifiuta di urlare per farsi sentire. L’artista vero non lotta contro il rumore, lo trascende. La sua arma è la profondità, il suo scudo è il silenzio. E mentre il mondo corre verso il nulla, lui cammina lentamente, lasciando impronte che il tempo non cancellerà.
Autori contemporanei liberi
Nel panorama letterario contemporaneo, esistono autori che si distinguono per la loro indipendenza dalle logiche commerciali delle grandi case editrici e per la libertà di pensiero nelle loro opere. Questi scrittori non si piegano alle mode editoriali imposte dal mercato, ma sviluppano una produzione autentica, spesso scomoda e critica nei confronti della società. Questi alcuni esempi di autori italiani che hanno seguito questa strada.
Italo Calvino, con il suo stile innovativo e il suo impegno nel reinventare la narrativa con opere come Le città invisibili e Il barone rampante.
Ignazio Silone, autore profondamente politico e indipendente, noto per Fontamara, una denuncia sociale contro le ingiustizie subite dai contadini.
Pier Paolo Pasolini, che con i suoi romanzi (Ragazzi di vita, Petrolio), saggi e poesie ha sfidato il potere e le convenzioni borghesi.
Leonardo Sciascia, le cui opere come Il giorno della civetta hanno smascherato i legami tra mafia e politica.
Antonio Tabucchi, che con Sostiene Pereira ha dato voce alla resistenza intellettuale contro le dittature.
Dario Bellezza, poeta e scrittore che ha raccontato senza filtri la condizione omosessuale e il disagio esistenziale.
Michele Pecora, noto per il suo approccio anticonformista alla musica e alla letteratura.
Mario Luzi, poeta simbolo di un’espressione lirica raffinata e indipendente, distante dalle influenze commerciali.
Il Cinema indipendente e libero dalle Major
Nel mondo del cinema, il concetto di libertà artistica è fondamentale per sfuggire alle imposizioni delle grandi case di produzione. Il cinema indipendente si caratterizza per una maggiore libertà espressiva, spesso affrontando tematiche controcorrente che le major evitano per motivi commerciali.
Registi come Pier Paolo Pasolini, Marco Bellocchio, Paolo Sorrentino (nelle sue prime opere) e Alice Rohrwacher si sono distinti per il loro approccio autoriale e per aver evitato compromessi con l’industria. Anche il cinema internazionale ha esempi di indipendenza con figure come Jim Jarmusch, Lars von Trier e Agnès Varda, che hanno saputo mantenere il controllo creativo sulle proprie opere.
Le piattaforme di distribuzione alternative e i festival cinematografici indipendenti rappresentano oggi un’importante via per la diffusione di un cinema libero, consentendo a registi emergenti di esprimere la loro visione senza sottostare alle logiche commerciali delle grandi produzioni hollywoodiane.
La farsa degli Oscar 2025: una passerella promozionale mascherata da competizione
L’edizione 2025 degli Oscar ha ormai confermato ciò che da anni è sotto gli occhi di tutti: la più grande cerimonia di premiazione del cinema mondiale è diventata una mera vetrina promozionale per pochi eletti, piuttosto che una celebrazione della vera eccellenza cinematografica. Il processo di selezione è sempre più dominato da logiche di marketing e lobbying, lasciando fuori opere di grande valore artistico a favore di film confezionati su misura per conquistare la statuetta.
Le nomination di quest’anno hanno suscitato polemiche per l’esclusione di film d’autore che hanno ricevuto riconoscimenti nei festival più prestigiosi, ma che non avevano il supporto di una grande macchina pubblicitaria alle spalle. Nel frattempo, alcune pellicole mediocremente accolte dalla critica sono entrate nella corsa agli Oscar grazie a campagne promozionali milionarie, dimostrando ancora una volta che la qualità dell’opera conta meno della sua capacità di essere “spinta” al momento giusto.
Non è un mistero che l’Academy segua ormai criteri più legati alla rappresentanza, alle mode del momento e alle esigenze dell’industria piuttosto che a un vero criterio artistico. Ciò ha portato a un paradosso: i film più innovativi e coraggiosi finiscono per essere ignorati, mentre quelli che si adattano alle formule preconfezionate vengono esaltati come capolavori.
Questa degenerazione degli Oscar non è solo una questione di gusti: è un problema culturale. Il cinema, come l’arte in generale, dovrebbe essere uno spazio di libertà espressiva e sperimentazione, non un’arena dove vincono sempre i più potenti. La dipendenza dai blockbuster, dalle piattaforme streaming e dalle grandi campagne mediatiche ha reso gli Oscar prevedibili, noiosi e sempre meno rilevanti per chi ama davvero il cinema.
Non è un caso che molti registi e cineasti indipendenti ormai ignorino completamente la cerimonia, preferendo circuiti alternativi in cui le loro opere possano essere apprezzate per il loro valore artistico, e non per la loro capacità di soddisfare i gusti di una giuria sempre più influenzata da dinamiche di potere.
In un mondo in cui il silenzio e l’autenticità artistica sono sempre più rari, la ribellione non sta nel cercare di entrare in un sistema corrotto, ma nel costruire spazi nuovi in cui il cinema possa tornare a essere una vera forma d’arte e non un prodotto da vendere. Gli Oscar 2025 saranno ricordati per l’ennesima sfilata di star e produttori intenti a lodare se stessi, ma la vera arte continuerà a esistere altrove, lontano dai riflettori, nel regno silenzioso della creazione autentica.
L’edizione degli Oscar 2025 ha visto l’esclusione di diverse opere di grande valore artistico, sollevando interrogativi sulle logiche che guidano le scelte dell’Academy. Tra i film ingiustamente esclusi spicca Vermiglio di Maura Delpero, che non è riuscito a entrare nella cinquina finale per il Miglior Film Internazionale, nonostante le aspettative riposte su di esso.
Un’altra assenza notevole è quella del film politico di Clint Eastwood, Giurato numero 2, che, nonostante una trama avvincente e una regia magistrale, è stato ignorato nelle nomination.
Anche sul fronte delle interpretazioni femminili, si registrano esclusioni sorprendenti: Nicole Kidman e Angelina Jolie, rispettivamente protagoniste di Babygirl e Maria, sono state snobbate dall’Academy, nonostante la Kidman avesse vinto la Coppa Volpi all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
Queste esclusioni evidenziano come, spesso, opere e performance di alto livello vengano trascurate a favore di produzioni più commerciali o supportate da campagne promozionali più aggressive, sollevando dubbi sull’effettiva valorizzazione dell’autenticità artistica nell’industria cinematografica contemporanea.

Carlo Di Stanislao