Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, presieduto dal Prof. Romano Pesavento, in occasione del 18 febbraio, ricorrenza in cui sono stati uccisi il quattordicenne Giovanni Gargiulo a Torre del Greco in provincia di Napoli e il sindacalista dello S.N.A.A. (Sindacato Nazionale Ambulanti) Federico Del Prete a Casal del Principe in provincia di Caserta intende ricordarne la storia attraverso gli elaborati realizzati da Fabiha Islam e Linda Ligorio della classe III sez. G del liceo scientifico Filolao di Crotone.
Scrive Fabiha Islam sul caso Giovanni Gargiulo: “Nella mattina del 18 febbraio 1998, il quartiere periferico di Napoli fu scosso dall’orrore dell’omicidio di Giovanni Gargiulo, un ragazzo di soli quattordici anni, a cui è stata strappata la vita da una raffica di proiettili sparati da due sicari a volto coperto, a bordo di una motocicletta. La sua colpa? Essere il fratello di Costantino, che il 3 novembre 1996 aveva ucciso Salvatore Cuccaro, boss di un clan sempre più potente e quindi coinvolto in un violento scontro tra clan mafiosi. Il giovane Giovanni, ignaro dei complotti oscuri che avvolgevano la sua famiglia, nel tentativo disperato di sfuggire alla morte, cercò rifugio nel vicino supermercato, ma fu raggiunto e ucciso senza pietà, lasciando dietro di sé solo una larga chiazza di sangue e un berretto bianco. La sua morte, un omicidio sporco ordinata per vendetta e per intimidire chi osava cooperare con la giustizia, rimane un simbolo dell’orrore e della brutalità della Camorra. Tuttavia, la memoria di Giovanni Gargiulo non è stata cancellata dal buio della mafia, piuttosto, continua a risplendere come un faro di speranza e giustizia, alimentando la determinazione di coloro che combattono per un futuro libero dalla corruzione e dal terrore delle organizzazioni criminali.”
Nella ricostruzione sull’assassinio di Federico Del Prete Linda Ligorio racconta che: “Il 18 febbraio di 22 anni fa venne ucciso Federico Del Prete. Lui era un sindacalista del Sindacato Nazionale Ambulanti. In parole più povere, era il rappresentante di una delle categorie di lavoratori più disagiate della nostra società: i venditori ambulanti. Nonostante le loro pessime condizioni di vita, ad aggravare la situazione era la mafia casertana che praticava, abitualmente, estorsioni ai danni di tutti i venditori. Federico, però, in un’occasione, aveva denunciato un vigile urbano di Mondragone che collaborava con la camorra, riscuotendo il pizzo per il clan La Torre. Del Prete aveva prove e testimonianze, quindi era molto pericoloso. Non a caso la sera prima del processo, mentre si trovava nel suo ufficio, un killer entrò e lo uccise con cinque rapidi colpi nel busto, lasciandolo a terra senza vita Combatteva una guerra, schierato dalla parte dei perdenti, dei deboli che vengono sfruttati sotto gli occhi di tutti, e per questo di nessuno. Così funziona la mafia: non ha bisogno di agire al buio, perché un coltello appoggiato alla gola o una pistola puntata in testa riescono a far dimenticare anche la peggiore delle ingiustizie. Una minaccia, un avvertimento sono capaci di farci abbassare il capo di fronte alla violenza. Il motivo è che siamo tutti egoisti, menefreghisti, perennemente concentrati solo alla nostra vita, come se fosse più importante della vita di chi ci passa a fianco. Mettere i paraocchi e tapparsi le orecchie ci rende complici delle prepotenze di cui la mafia si sporca le mani ogni giorno. Federico non era più coraggioso di noi, semplicemente metteva la sua vita e quella delle persone che rappresentava sullo stesso piano. Vivendo in quella zona ad alta criminalità, era cosciente del pericolo a cui andava incontro. Era inevitabile avere paura, ma nonostante ciò non ha mai smesso di battersi per i loro diritti. Gli stessi diritti che noi diamo per scontati, ma che vengono negati a milioni di persone ancora oggi, dopo anni, sotto lo stesso sguardo cieco della gente che continua a dare priorità alla propria vita, facendo sì che la morte di Federico sia stata vana, insieme a quella di tutti gli altri martiri della legalità.”
Purtroppo oggi in una società sostanzialmente in recessione economicamente in cui è facile, per mancanza di alternative, abbandonare modelli di comportamento basati sulla cultura della legalità, soprattutto in territori ostili e refrattari alle norme giuridiche, la scuola rimane l’ultima risorsa per tentare di “resettare le coscienze” e immaginare l’impossibile: invertire le tendenze e diffondere i valori della nostra Costituzione. Probabilmente alcuni penseranno che la scuola italiana rispetto ad altri settori è stata “risparmiata” dalla crisi; in realtà il settore in questione risulta da tanto tempo in sofferenza. Continueremo sempre a chiedere invece sforzi finanziari ulteriori (edilizia, riformulazione programmi, innovazione, sicurezza sul luogo di lavoro etc.) perché indipendentemente da quanto si possa pensare non esiste futuro per uno Stato che non metta al centro delle priorità l’efficacia dell’azione educativa. L’impegno di oggi sarà ripagato domani. La scuola insegna anche questo.
Il CNDDU invita nuovamente gli studenti e i docenti ad aderire al progetto #inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità. Gli elaborati possono essere segnalati al CNDDU che li renderà visibili sui propri canali social (email: coordinamentodirittiumani@gmail.co