Questa è la storia Del Dò (Via , percorso spirituale attraverso le discipline marziali), di un giovane appassionato di arti marziali, che all’età di quindici anni, grazie al suo migliore amico Giovanni si imbattè in un piccolo Dojo a Messina .
In questo dojo si insegna una disciplina marziale molto particolare che, contrariamente allo stile che praticavo, il karate, risultava fondamentalmente differente, sia come spiritualità che come esposizione nelle tecniche , ma sicuramente attraente quanto esotica. Appena entrato nel dojo il signor Ignazio Romeo (esperto di pugilato e jujitsu) padre del maestro Antonio Romeo, che gestiva vita del dojo, in un angolino che faceva da ufficio, mi chiese con un ampio sorriso , nell’immediatezza che stile marziale facessi, e da questo è nato un bellissimo scambio culturale, sino alla venuta del figlio Antonio, Sensei del dojo .
Istanti che negli anni sono diventati indelebili nella mia mente tanto furono particolari e arricchenti…
Sono passati almeno diciotto anni dal quel giorno, e di cose ne sono davvero accadute, io da piccolo praticante marziale , mi sono trasformato un vero e proprio ronin (dal giapponese: uomo onda, persona che impara a diventare samurai. E’ un termine dispregiativo per indicare un samurai senza padrone, e senza legami, questi ultimi erano “liberi” di compiere atti oltraggiosi, o onorevoli, come difendere villaggi da briganti, o insegnare arti marziali e arti di guerra ) , una persona alla continuamente alla ricerca di una possibilità di cambiare se stesso nella purificazione del proprio io, e come poter fare la propria parte per cambiare il mondo.
Spinto da questo spirito, uno spirito di innovazione e di contributo, mi recai con Giovanni, ancora una volta, alle porte del dojo, apprezzando subito che quest’ultimo col passare del tempo, non era cambiato affatto, manteneva quell’aria quasi mistica, come di un piccolo tempio Buddhista, che permea le pareti e il tatami di tutto il dojo, e nell’incrociare negli occhi Del maestro Antonio Romeo ritrovai la stessa bontà e gentilezza che avevo notato molti anni prima.
Alla mia richiesta , di imparare il “Seido Kempo Ryu” non si rifiutò, anzi, come se “letteralmente mi leggesse nello spirito” non mi fece nemmeno quelle classiche domande che ogni persona normale avrebbe fatto, domande che mi avrebbero messo sicuramente in imbarazzo data la mia difficoltà, di spiegare accuratamente la mia ispirazione filosofica .
La prima cosa che notai, furono ovviamente le tante persone che frequentano il “Dojo Messina”, provenienti da ogni parte del mondo, e come interagivano tra di loro, quanto fossero molto giovani, o avanti con l’età ( l’età media varia dai 4 anni ai 60 ) come fossero radicalmente diversi tra loro e allo stesso tempo come fossero uniti nel budo .
Ma ovviamente, vi erano altre tipologie di allievi. Infatti “Dojo Messina” accoglie “chiunque” (le lezioni vengono svolte più volte nel pomeriggio, dividendo così le varie necessità degli allievi) ovvero tutti coloro che hanno il desiderio di praticare l’arte che è stata ispirata da Doshin So, tant’è , che ancora oggi non conosco tutti i praticanti e frequentatori che giornalmente si allenano.
La preparazione dei kenshi (giapponese: colpo del guerriero, parola usata per indicare gli studenti di Shorinji kempo , o in questo caso del Seido kempo ryu) è guidata dall’enorme esperienza di Antonio Romeo che è il perno e cuore pulsante del Seido Kempo Ryu e di “Dojo Messina”, un sensei, che non disdegna a mettersi al tuo fianco e condividere con i suoi kenshi tutto le sue conoscenze. Cioè una vita scritta attraverso il kempo.
Non posso non citare anche i suoi collaboratori : Lorenzo Egi, la cui tecnica chirurgica e raffinata guida le cinture nere negli allenamenti, Pippo Branda, preparatissimo “Fuku Kyoshi” maestro di vita , Verace, messinese che insegna e diffonde morbidezza e durezza( caratteristica base del Seido Kempo ryù) a tutti i frequentanti del Dojo , uomo “capace di dire scusa quando necessario”, Giuseppe Cucinotta , giovane, forte e profondamente preparato, una vera cintura nera dall’enorme Ki ( energia interna o forza interiore), infine Antonio Micali, forte e tecnico, sempre pronto a tutto, una piccola montagna che sorride .
Ed anche gli allievi tra i più anziani si prodigano ( come non citare Gianluca Tavella campione di rispetto e tenacia) , se necessario o richiesto, ad allenarsi ed allenare per crescere insieme .
Gli iscritti ai corsi, hanno peculiarità molto diverse tra loro, e questa diversità funge da stimolo per imparare sempre qualcosa di nuovo e fondamentale per la loro vita.
Non tutti i giovani partecipanti agli allenamenti però, riescono sempre a percepire, l’importanza di fondo di ciò che fanno, restano comunque fonte pura di innovazione e miglioramento, così come gli anziani trasmettono l’esperienza la tradizione e la memoria di questa disciplina.
Ed è questo che rende il “Dojo Messina” una perla tra le palestre di cui ho fatto parte.
La filosofia espressa dallo stile marziale, antico di migliaia di anni, è un grande spunto per imparare l’equilibrio tra il corpo e la mente, tra l’attivo e passivo, infatti, tra tutti gli stili marziali che conosco, questo è l’unico che insegna passando dalla filosofia alle tecniche, la fase di durezza e attacco, morbidezza e difesa, che ritroviamo anche nella filosofia insegnata dal maestro Romeo, tramite gli scritti lasciati da Doshin So ( il seiso kempo ryù è infatti ispirato dallo shorinji kempo di “Doshin So” che studiò lo Yihe Quan, appartenente alla tradizione shaolin, durante la sua vita in Manciuria . Shorinji infatti è la traduzione giapponese di Shaolin che in cinese significa “giovane Foresta”) .
Questa è la grande forza del maestro Antonio Romeo, e di tutti gli altri collaboratori , ovvero la capacità di avere diversi punti di vista, nel caso in cui un problema da affrontare sia di difficile risoluzione, basta solo cambiare prospettiva , e se non ci si arriva da soli, possiamo contare sui fuku kyoshi o kenshi presenti.
Infatti uno dei criteri adottati dai praticanti è quello “di aiutarsi l’un l’altro nel percorrere la via con amicizia e mutuo rispetto” così che “ il più forte sostiene il più debole”, tenendo però, sempre presente di contare “solo su se stessi “ inteso come prendersi le proprie responsabilità ed avere il coraggio di agire e sbagliare per migliorarsi , nel compiere gesti amorevoli evitando il male per purificare il proprio spirito e raggiungere una determinazione tale che ci eleva come uomini.
Dojo Messina, per me è sicuramente un luogo di forte ispirazione , crescita e integrazione marziale (non sono l’unico al suo interno che fa altre arti marziali e ne assorbe enormi vantaggi nella pratica), un luogo dove si impara a essere genuini, puri e migliori, dove tutti possono imparare e allo stesso tempo dare.
Un impegno dunque che aiuta a crescere, e prendere la propria direzione in armonia con il mondo che ci circonda, e con i kenshi secondo cui tutti restano uniti in una stessa radice, che si chiama “amore , rispetto e armonia”( persino nei randoli, cioè i combattimenti si sorride , atto che non esprime debolezza o poca violenza dello scontro, ma amore e equilibrio interiori da dare al proprio “opponente”, gesto di apertura per imparare e insegnare dal confronto).
Dojo Messina è un luogo che dà la possibilità di crescere spiritualmente, e diventare più completi e puri, condividendo lo spirito zen di armonia e la vera anima del budo .
Concludo con un grazie Dojo Messina, per il totale sostegno offertomi e un Sincero augurio al maestro Antonio Romeo per i venticinque anni della nascita del dojo “arigatou gozaimasu”