Nelle tradizioni più importanti della città dello Stretto, troviamo le Macchine Festive che venivano allestiste per il Ferragosto Messinese e dopo la Vara e i Giganti, risulta la Galea. La Galea o Galera era una particolare imbarcazione il cui nome deriva dal greco “galeos”, cioè “squalo”, perché la forma assunta dalla principale esponente di questo tipo di navi, la galea sottile, richiamava la forma di tale pesce.
Le più famose battaglie combattute da queste navi furono quella di Salamina, nel 480 a.C., e quella di Lepanto, nel 1571, a cui presero parte diverse centinaia di galee. Ampia relazione è stata fatta dall’Architetto Nino Principato, nei giorni scorsi, nella magnifica location della Chiesa di San Giovanni di Malta, nell’ambito delle iniziative organizzate per la VI Edizione de “Lo Spettacolare Sbarco di Don Giovanni a Messina”.
Accolti dal Rettore della Chiesa, Monsignor Angelo Oteri, e da Giacomo Chillè e dalle hostess della Cooperativa Sociale “Trapper”, che da anni cura l’accoglienza dei turisti e, con “Discover Messina”, propone ai croceristi un percorso cittadino nel quale è inserita la visita all’antico Tempio, i numerosi presenti sono stati intrattenuti nella prima parte della serata da una interessante relazione tenuta dall’avvocato Carlo Marullo di Condojanni, discendente diretto di quel Vincenzo Marullo che, partito con i Cavalieri di Malta, comandò la Squadra dei Venturieri a Lepanto, mettendo a disposizione due galee costruite a Messina.
A seguire, l’Architetto Principato, ha poi mostrato nel suo intervento, immagini inedite che documentano non solo l’importanza del Piano di San Giovanni e del Priorato, ma soprattutto l’importante Machina Festiva della Galea che, insieme alla Vara e ai Giganti, veniva allestita durante il ferragosto nella grande vasca lunga 60 metri, posta nel piano di San Giovanni (dove oggi sorge la Villa Mazzini).
Anche se diverse sono le tesi storiche che attribuiscono alla Festa della Galea la propria origine, non è da scartare quella che la riporta ai festeggiamenti relativi alla vittoria di Lepanto, dopo la quale l’intera flotta cristiana, reduce dalla Battaglia, ritornò nel porto di Messina nel novembre del 1571, acclamata dalla popolazione che organizzò imponenti festeggiamenti in onore di Don Giovanni d’Austria e dell’Armata, come riportato nel testo di Giuseppe Arenaprimo “La Sicilia nella Battaglia di Lepanto”, stampato a Messina nel 1892,
“E già, dal nostro Senato erasi stabilito di festeggiare il ricevimento di quei prodi con tre giorni di feste, con sontuosi apparati di ponti e di archi trionfali, con luminaria7 ed anco con concerti di musici, da eseguirsi, secondo l’usanza dei tempi, sopra un gran palco a forma di Galera, appositamente eretto nel centro della larga vasca della fontana della beveratura, sulla gran piazza o orto di S. Giovanni, destinato a pubblico mercato sin dallo scorcio del secolo XIV”.
Di questa “Macchina festiva” ne dà ampia descrizione Giovanni Ortolano nel suo “Trionfo di fede e d’ossequio”, stampato a Messina nel 1728: “Essa era lunga dalla sua poppa fino allo sperone palmi 240, alla quale lunghezza serve di anima tutta la sudetta lunga urna di marmo che sta attaccata al fusto principale del fonte (della Piazza di S. Giovanni).L’Altezza della poppa era di palmi 40, da terra sino alla mergolata del suo tendale. Circondavano la sua carena un mare dipinto, per cui si vedevano andare a galla e guazzare molta quantità di mostri marini e delfini […]. Il fusto della nave venia recinto tutto di rilievi e pitture toccate d’oro nelle sue connessure in campo rosso, con le sue fascette d’argento di palmo, in palmo, sopra ognuno delle quali s’alzavauna banderuola. […] Su la prora, il suo parapetto venia forato da quattro piccoli pezzi d’artiglieria, che volgarmente chiamano pietrere, coi suoi mortaretti che di quando in quando, per tutti i tre giorni di festa, andavano facendo come un saluto di buon arrivo e complimento al solito passeggio delle carrozze di Dame e Cavalieri… Situati alberi e le sue antenne, si ergevano poi le sue vele, tutte tessute di lumi pensili; distribuiti dalle sue tramezzate, facevano un lietissimo spettacolo al guardo, presentandoli due grandi vele, gravide di fuoco e folgoreggianti da tutti i lati per il gran lume che l’arricchiva. Tutti i fuochi che la illuminavano, veniano a formare il numero di 3.000. Trattenevano il popolo e lo ricreavano i vari concerti delle trombe e dei pifferi e dei corni di caccia che su di essa si facevano sentire…”
La Piazza dello Spirito Santo e quella di S. Giovanni di Malta, si contendevano l’ospitalità dello spettacolo; ma quello offerto da quest’ultima ebbe sempre maggiori approvazioni, perché la topografia del luogo meglio si prestava all’estetica architettonica della costruzione. Dal 1832, quando si cominciò a trasformare la piazza in pubblica Villetta, la festa si svolse nello slargo vicino alla chiesa della Grazia, dove nel frattempo era stata trasferita la grande vasca, e cioè fino al 1842, quando, chissà per quale fantasia dei Padri Coscritti dell’epoca, la nave fu soppiantata, da una specie di barca cinese, ideata da Giacomo Conti, chiudendo, così, l’antica e folcloristica tradizione.
Un tardo pomeriggio di agosto trascorso assieme a tanti messinesi amanti delle cultura e delle tradizioni, sapientemente curato dall’Associazione Culturale “Aurora” e dal direttore artistico Vincenzo Caruso, da sempre impegnato con passione ed impegno nella valorizzazione del patrimonio culturale dell’Area Metropolitana dello Stretto.