C'è un orizzonte per chi non crede? Per chi pensa che ogni attimo della vita sia un procedere verso la fine? Per chi sfugge al fascino dell'eterno? Per chi struttura il suo pensiero sulla negazione, sul limite del tempo e dello spazio, sulla circolarità chiusa di un uroboro insidioso e vano? C'è un orizzonte che si avvicina solo al cuore e al cervello? Perché, allora, parlare di anima? Perché arrovellarsi sul principio senza sbocco e sultraguardo inesorabile e ottuso? Perché insidiare l'equilibrio del proprio "io" (per Carl Gustav Jung il centro della coscienza) nella ricerca di una ragione su cui basare l'armonia del creato… delle stelle… dell'arcobaleno… della mente? Se tutto diverrà cenere oscura e l'ombra ("Elogio" per lei nel magistrale scritto di Borges) tormenterà sempre ovunque e in ogni dove nei meandri della psiche?
Ecco, Francesca Gullotta (docente di filosofia al Liceo classico di Santa Teresa di Riva – Messina) forse si è posta queste domande quando ha vergato di parole amare il suo "Dicotomie: Dia-logo". Ha cercato di darsi una risposta senza tempo e senza spazio (già prima contraddizione con il limite dell' "origine" freudiana nuda di divinità e l' "inizio" junghiano che indaga la percezione del numinoso senza comunque risolverlo); ha cercato di superare la schizoide atmosfera della divisone contenuta già nel titolo, nel sottotitolo e in tutte le pagine dell'opera matura e significativa di un travaglio che, appunto, la mancanza della speranza attanaglia all'essere terreno.
Con i suoi limiti pur nella bellezza della parola; con il difetto del particolare nell'armonia del nucleo centrale incastonato in una montatura dorata dai mille colori di un pensiero (il suo) nitido e brillante. Ma il "resto" (chiamalo così!) dov'è? Quel "resto" che copre lo spazio dell'infinito comunque raggiungibile; del labirinto comunque da sconfiggere con il filo di Arianna; del Cielo comunque da navigare fra gli astri colorati d'argento disegnati nella punta del cuore che accarezza lo spirito? Il "resto" dov'è? . Friedrich Nietzsche scrive la frase più nota di tutta la filosofia moderna e Francesca sembra fare propria questa musica dell'assurdo. Gli risponde José Maria Castillo (già professore nella facoltà di teologia di Granada; professore invitato all'università Gregoriana di Roma, alla Pontificia Università Comillas di Madrid e all'Università Centroamericana – Uca – di El Salvador) nel suo "L'umanità di Dio" quando dice che . Come dire: . Un azzardo anche per un fedele come me, ma pur sempre un rovello per le menti più sottili e per i cuori più palpitanti. Rovello dalla scrittrice, in me conosciuto nella semantica de "Il canto della rosa", da lei magistralmente analizzato.
Sarà anche un "rovello" per Francesca? Le auguro di sì… che raggiunga il "perché" della vita in armonia con la dimensione de "L'Io diviso" (Ronald David Laing), che matura in ogni angolo del libro a dispetto di una solitaria indagine che naufraga fra i flutti delle "Dicotomie" e del "Dia-logo", a cominciare dal "buono e cattivo" dal "bello e brutto"; dell'immagine riflessa nello specchio; dell'oscurità e chiarità; dell'Io e la propria natura eccetera…. eccetera… Una sinfonia di "astratti furori". Un "Io" che bisticcia con il "Sé" (per Jung l'incontro armonico fra conscio e inconscio) ed il fiume carsico dei pensieri naufraga nel profondo colorato di nero: . L'ombra invade l'anima ed è come urlare contro il vento che drammaticamente respinge il refolo della coscienza destinata ad invadere l'Ego. L'"Io" domina e l'equilibrio armonioso fra visibile e invisibile si frantuma nelle "Dicotomie" appunto.
Ecco, allora, il regno della solitudine che bisticcia con il desiderio del "contatto" con l'altro, con gli altri. Tutto è nascosto…. tutto carsico, ma emerge magicamente con la necessità della comunicazione; della scrittura; dell'esporsi; del manifestarsi; del proporsi; del denudarsi.
L'elogio dell'Io che contrasta con la comunicazione sul reale. Il "gruppo" emerge drasticamente, periglioso e minaccioso: gli studenti; gli amici; i compagni di partito; le riunioni dei professori; la gente; il ruolo sociale e comunitario. Ma … ma c'è un agguato: . Scrive Erich Neumann in "Storia delle origini della coscienza".
Francesca inconsciamente avverte il pericolo e pur insegnando e pur facendo politica e pur amando è un "lupo solitario" che dialoga con se stessa in questo libro dalle sfaccettature intriganti e delicate, dalle sincronicità palpabili, dall'intreccio strutturato nella consapevolezza di meravigliare, stupire e sconcertare… in un tentativo di autoanalisi profondo; elegante; maturo; accattivante; colto; puntuale; gradevole; scorrevole, ma labirintico; lineare ma tortuoso; ricco ma pungente; con un accenno alla fantasia e all'eros. E poi c'è quell'incipit borghesiano con lo specchio (labirinto del tutto e del nulla) che riflette le apparenze e invita il lettore a "Un modello per la morte" come Jorge Francisco Isidoro Luis Borges (che a Buenos Aires cinguettava con il futuro papa Bergoglio), sottilmente suggerisce dalla sua cecità e dalla sua sconfinata sapienza. È il trionfo delle "Finzioni" e dell' "Elogio dell'ombra" … appunto! Ma! Ma … : .
Scrive nel suo ultimo libro "Risposta a Giobbe" Carl Gustav Jung. Qui c'è il segreto dello scritto di Francesca: il desiderio di raggiungere la propria identità, indagando l'unicum archetipico, da scindere con un colpo di spada che per lei è nelle mani del suo "Io" e per me è nelle mani del mio Dio. La speranza della Luce conclude la lettura di "Dicotomie" e "Dia-logo" certi che, come Carl Gustav Jung ha scritto sull'architrave della sua casa a Zurigo: .
Taormina, 02.03.2015 Crisostomo Lo Presti