Il MedFilm Festival è finito e i premi sono stati assegnati. Ma si è conclusa solo una manifestazione che ha presentato ben 90 film tra lungometraggi, corti e documentari provenienti prevalentemente dalle sponde meridionali del Mediterraneo fino a raggiungere il Medio Oriente e l’Europa, gli USA, il Canada. ‘Solo’ una manifestazione poiché è incalcolabile il valore di tutto quello che il Med ha messo in moto – apparentemente in soli 9 giorni di proiezioni, ma realisticamente in un intero anno (dalla scorsa edizione cioè) di duro lavoro di valutazione dei film inviati da tanti Paesi e collaborazione proattiva con tutti i soggetti che hanno reso possibile l’edizione. In termini di cultura, partecipazione, passione, coinvolgimento, ricerca avvicinamento ed esposizione delle diversità dell’Altro da noi, in ragione di ricchezza e conoscenza e possibile abbattimento delle barriere di straniamento presenti in quanti ritengono il passaggio di popoli migranti un’invasione aliena da temere e contrastare con l’allontanamento o lo sbarramento dei ‘Borders’ (da cui il titolo dell’ultimo corto, sloveno, presentato durante la serata di premiazione). È grandissima l’eredità da raccogliere e non dimenticare ma anzi da coltivare perché ‘i semi’ – come diceva durante la cerimonia Ginella Vocca, fondatrice del Med – sono stati gettati tutti e sono talmente tanti che qualcuno per forza dovrà germogliare e fruttificare.
Inversion di Behnam Behzadi. Iran, 2016. Questo è il film vincitore del Premio Amore e Psiche del Concorso Ufficiale e di altri premi.
Il film non narra di migrazioni né di guerre, i conflitti che mostra sono quelli che nascono all’interno di una famiglia patriarcale in una società patriarcale, o degli strascichi che di quella tradizione ancora sopravvivono. Un uomo decide del futuro di due donne: sua sorella e sua madre. Quest’ultima, malata al punto di essere costretta a lasciare la soffocante Teheran, invasa costantemente dallo smog, per emigrare al nord verso un clima migliore, dovrà essere accompagnata dalla figlia, che già vive con lei, che sarà costretta a lasciare un lavoro che ama e un uomo che sta per cominciare ad amare. Il capofamiglia dunque prende una decisione in contumacia, senza ritenere opportuno condividerla con la sorella che, nonostante l’apparente mitezza, riesce a tenergli testa e, attraverso dialoghi semplici ma descritti con una sceneggiatura brillante, costringerà al silenzio il fratello e il resto della famiglia affermando il suo semplice diritto a decidere da se stessa per la propria vita.
Tanti sono stati i premi e tantissimi i film proiettati dai temi diversi: tante storie, tanti visi, meno le parole. Tra storie di spacciatori e assassini, storie horror, di donne aggredite fisicamente o solo verbalmente, film che parlano di cinema e di cast di attori giovani, film già vincitori di altre importanti rassegne, film on the road attraverso la Francia, tra Israele e Palestina le tradizioni musicali, piccole città algerine in piena guerra civile del ’97, paradossi e libertà in un taxi iraniano, utopie egualitarie dalla crisi economica peggiore d’Europa, documentari d’animazione, vecchie venditrici ambulanti alessandrine, piccoli orfani che hanno perduto i genitori in mare e cercano di raggiungere da soli l’Europa, storie di campi profughi, edifici abusivi sulle coste croate, bagnanti indifferenti, funerali ed eccentrici testamenti, rigide tradizioni e ribellioni, prigionieri politici in fuga, tanto deserto, ultrà di squadre di calcio, tuffatori sospesi nel volo…
Un corto, tra quelli che non hanno vinto premi, ma che ha mostrato la perfetta immagine estetica dell’amarezza di una vita perduta, And Romeo Married Juliet. Un corto tunisino del 2014 in collaborazione con il Belgio, di 18 minuti appena.
Se mai ci fossimo chiesti, dopo l’happy-end di un film o il ‘vissero felici e contenti’ di una favola, come davvero è andata a finire tra quei due che hanno deciso di passare la vita insieme o, ancora meglio nel caso degli Amanti per eccellenza, come sarebbero andate le cose tra Romeo e Giulietta se fossero sopravvissuti alla loro triste sorte, ecco qui che il corto di Hinde Boujemaa ce lo mostra in un ritaglio di giornata qualunque, scelta a caso in un anno qualunque di una coppia qualunque, i cui protagonisti si chiamano Romeo e Juliet e sono molto vecchi. Vivono in una casa modestissima, arredata con l’essenzialità necessaria a una decorosa sopravvivenza dove anche la luce scarseggia e le parole sono superflue perché il dialogo è stato interrotto molti anni prima, lo si deduce dagli sguardi mancati, dalla mancata presenza di entrambi in una stanza perché ognuno è entità a se stante e vive, dorme, mangia o guarda la tv da solo mentre l’altro è di là. Poi succede un semplice imprevisto: l’uomo che vuole entrare di forza nel bagno occupato da lei mentre si sta vestendo e basta questo ‘fuori sink’ per mandare in corto un circuito stabilizzato sul nulla, che è tutto. Le prime e ultime parole che udiamo sono, da lui: ‘Ma hai passato tutto il tempo a cancellare i giorni dai calendari?’. ‘No, tutta la mia vita. Cinquant’anni…’.
Grazie al Med.