Immagine: SH4901 – Addio (Goodbye) – Olio su tela – cm. 54×73.
Enna – Si inaugurerà a Troina (EN) alle 16.30 del 27 gennaio 2017, presso la "Cittadella dell'OASI", la mostra-evento "Eva Fischer – l'arte diventa memoria", in occasione del Giorno della Memoria 2017. Ideata e curata da Maria Grazia Malagamba e Giovanni Gaudio e da subito avallata dal Sindaco di Troina, Dott. Sebastiano Venezia, l’iniziativa ha il patrocinio dell’UCEI – Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Alcune opere della pittrice testimone della Shoah ma anche della rinascita artistico-culturale dell'Italia, rimarranno esposte sino al 20 febbraio 2017 (dalle 10 alle 12, dalle 16 alle 19).
Durante l'inaugurazione interverranno il Sindaco di Troina, Dott. Sebastiano Venezia, il prof. Paolo Giansiracusa e Alan David Baumann (responsabile "ABEF – archivio baumann e fischer").
Verrà proiettato un videomessaggio-intervista di Ennio Morricone a cura di Giovanni Gaudio.
Alcune poesie saranno recitate da alunni della suola media (inferiore e superiore), seguite da un concerto eseguito dall'orchestra della scuola media Don Bosco di Troina, diretta dal M. Rosario Terranea.
Eva Fischer è nata nel 1920 nella ex Jugoslavia ed è giunta in Italia durante il periodo bellico, fuggendo alle atrocità nazifasciste che sterminarono la sua famiglia. Ultima rappresentante vivente della Scuola Romana del dopoguerra, è mancata nel luglio 2015.
Negli ultimi decenni ha esposto con gli Istituti Italiani di Cultura in Israele – presso il Museo della Shoah “Yad Vashem”-, Grecia, Ungheria, Olanda. Vanta oltre 130 mostre personali e le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private di tutto il mondo.
“Artista Europeo” dai primi anni ’80, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti ed il Presidente della Repubblica Napolitano l’ha insignita per decreto, dell’Onorificenza di Cavaliere del lavoro ai meriti della Repubblica Italiana.
Nelle sue opere è costante il gioco delle trasparenze frutto del suo stile personalissimo. Il lungo percorso pittorico è ricco di melodie dai romanticismi melanconici, dai racconti di vita vissuta o di vita calpestata.
Le immagini raccolte e depositate nei suoi “momenti pittorici” possono però passare dal fantasioso al fantastico, dal “nudo e crudo” a quell’impercettibilità che solo la sensibilità di un’artista riesce a personalizzare.
Riferendosi alla dimensione artistica del ventunesimo secolo, Eva ha sottolineato che “è arte solo quel che provoca emozioni”.
“Eva Fischer – L’Arte diventa Memoria Idea e organizzazione di Giovanni Gaudio
Troina (EN) – Cittadella dell’Oasi 27 gennaio – 20 febbraio 2017
La mostra rimarrà aperta dalle 10 alle 12 – dalle 16 alle 19
Inaugurazione venerdì 27 gennaio ore 16.30
Per maggiori info sull’artista: info@evafischer.com
Biografia – Il mondo di Eva Fischer
Eva Fischer è nata a Daruvar (Ex Jugoslavia), nel 1920.
Il padre Leopoldo, Rabbino Capo ed eccellente talmudista venne deportato dai nazisti. Sono più di trenta i familiari di Eva scomparsi nei lager.
Negli anni precedenti la guerra, Eva Fischer si diplomò all’Accademia di Belle Arti di Lione e fece ritorno a Belgrado in tempo per subire i vandalici bombardamenti nazisti sulla città (1941) senza dichiarazione di guerra. Ebbe così inizio un periodo travagliato fatto di fughe e costellato da privazioni e duri sacrifici.
Insieme alla madre e al fratello minore, Eva venne internata nel campo di Vallegrande (Isola di Curzola) sotto amministrazione italiana che non conobbe (Eva è lieta di dirlo) ferocia alla pari di quella nazista. Per una malattia materna ebbe un permesso d’assisterla insieme al fratello, nell’ospedale di Spalato dove ancora ottenne un permesso di trasferirsi a Bologna. Eravamo nel 1943 ed Eva Fischer con i suoi si nascosero nella città sotto il falso nome di Venturi. Ella ricorda spesso quel tempo infausto ove però la mano dei buoni non si sottraeva al pericolo di dare aiuto e solidarietà ai perseguitati. Fu determinante allora l’aiuto di Wanda Varotti, Massimo Massei ed altri ancora del Partito d’Azione.
A guerra finita Eva Fischer scelse Roma come sua città d’adozione: intenso è l’amore che ella porta a questa città. Entrò immediatamente a far parte del gruppo di artisti di Via Margutta coi quali contrasse indelebili amicizie. Di quel periodo è la sua amicizia e consuetudine con Mafai e Guttuso, Tot, Campigli, Fazzini, Carlo Levi, Caporossi, Corrado Alvaro e tanti di quella generazione di artisti che avevano maturato idee luminose entro il buio della dittatura.
Intensa fu l’amicizia con De Chirico, Mirko, Sandro Penna e Franco Ferrara allora già brillante direttore d’orchestra; venne così il tempo di lunghe e notturne passeggiate romane anche con Jacopo Recupero, Cagli, Avenali, Giuseppe Berto e Alfonso Gatto nonché Maurice Druon non ancora ministro della cultura francese che andava scrivendo le pagine de “Le grandi famiglie”.
Fu in quel tempo che Dalì vide e s’innamorò dei mercati di Eva mentre lo stesso Ehrenburg scrisse sulle “umili e orgogliose biciclette”.
Con Picasso s’incontrarono nella bella casa di Luchino Visconti parlando a lungo d’arte contemporanea e del sussulto intimo che porta alla creatività. Picasso la esortò a progredire nella luce misteriosa delle barche e delle architetture meridionali.
Venne così il tempo di Parigi dove Eva abitò a lungo a Saint Germain des Près e cercò di Marc Chagall divenendone amica devota e profonda ammiratrice. Egli le raccontava di sogni colorati nonché del fascino dei racconti biblici.
Zadkine ospitò generosamente Eva ammirandone il coraggio d’una ricerca intensa e costruttiva e il fascino d’una cultura mitteleuropea tutt’altro che trascurabile. In quell’epoca Eva Fischer realizzò “paesaggi romani” con le loro trasparenze e lontananze come se il tempo si fosse in qualche modo fermato sulle rovine della Città Eterna.
Dunque venne la volta di Madrid. Qui la pittura di Eva Fischer – finalmente esposta nei musei – fu al centro di dibattiti nell’Atelier di Juana Mordò fra l’artista marguttiana e i pittori spagnoli ancora in lotta contro il franchismo. Eva portò loro la testimonianza di un’arte rinata in un mondo libero fatta di tentativi nuovi, magri discutibili ma al cospetto di tutti gli sguardi e tutti i giudizi.
Negli anni sessanta Eva Fischer fu a Londra dove espose nella più esclusiva Galleria della City, quella Lefevre che aveva concesso l’ultima “personale” al pittore italiano Modigliani. La Galleria Lefevre ospitò i quadri di Eva per i “suoi colori mediterranei e l‘italianità” delle sue tele. Il mondo della Fischer è fatto di brevi migrazioni ovunque il suo estro l’ha chiamata: da Israele ove dipinse mirabili tele di Gerusalemme e Hebron (molto note sono le vetrate del Museo israelitico di Roma) fino agli U.S.A. dove conta numerosi collezionisti ed estimatori, fra i quali gli attori Humphrey Bogart (fu la moglie Laureen Bacall a donargli la prima opera) e Henry Fonda.
Pur essendo la sua arte conosciuta nel mondo, parlava di sé con assoluta modestia tipica di questa donna coraggiosa ed intelligente, dallo sguardo pulito e profondo nonostante gli affronti degli uomini in quei tempi disumani. Ella non condannava costoro con rabbia e vendetta ma sì con questa mostra di quadri malinconici e grigi, con sguardi di uomini stupiti prim’ancora che smarriti e di bambini immobili nel gelo dei vagoni appiccicati a treni senza ritorno.
Eva è morta a Roma nel luglio 2015.