Si è conclusa la due giorni di lavori del XXII Convegno S.I.D.I., l’evento che ogni anno raccoglie opinioni e studi di oltre 200 giuristi internazionalisti su temi di forte impatto giuridico-sociale. Nella cornice di Trento, tra l’8 e il 9 giugno, è stato affrontato il delicato quanto attuale argomento delle migrazioni a livello italiano ed europeo. In attesa della pubblicazione dei rapporti dei numerosi relatori intervenuti, può delinearsi un primo quadro generale del Convegno che illustri le principali tematiche e i differenti approcci adottati.
La prima giornata è stata scandita da due corposi panel introdotti dal direttore della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Trento, Giuseppe Nesi, con un intervento conciso e diretto al nocciolo della questione. Il Professor Nesi ha infatti criticato la logica securitaria di gestione dell’emergenza intrapresa negli ultimi anni dall’Unione Europea, definendo le soluzioni europee inefficaci e spesso contrastanti con i principi cardine del diritto internazionale e del diritto dell’UE stessa, tra cui il principio del non refoulement, il divieto di trattamenti disumani e degradanti e più in generale la violazione dei diritti umani. Ha poi aggiunto che le nuove rotte seguite dai migranti sono figlie delle misure europee tese ad arginare i flussi (Accordo Turchia-UE ne è un esempio), e dato inizio alla discussione con una domanda carica di speranza: “si può superare l’approccio emergenziale?”
“Comprendere le migrazioni” è il titolo del primo panel. I relatori hanno mostrato visioni contrapposte del fenomeno migratorio, dovute in parte al differente metodo di analisi. Il Professor Tommaso Frattini dell’Università degli Studi di Milano ha esordito con una considerazione generale su come la percezione dei cittadini rispetto alla presenza dei migranti nel proprio paese è sempre maggiore rispetto alle stime reali. Attraverso uno studio approfondito dei numeri e dei costi delle migrazioni, ha affermato che la liberalizzazione delle migrazioni a livello mondiale porterebbe a un aumento del PIL di circa dodici punti percentuale (12%) per paese, riconoscendo quindi la necessità, almeno come Unione Europea, di adottare politiche migratorie comuni e un sistema efficiente di allocazione dei rifugiati.
Di tutt’altro avviso il Dottor Stephane Jaquemet, delegato UNHCR per il Sud Europa. Partendo dalla stima sulla crescita della popolazione in Africa dall’attuale miliardo a circa il doppio nei prossimi 25 anni e considerando gli arrivi in Italia di circa 181.000 migranti del 2016, ha cinicamente previsto che nel 2040 vi saranno 5 milioni di migranti in più nel paese. Questi flussi sono ritenuti politicamente insostenibili per l’Italia, la quale a breve non avrà più capacità di accogliere e, per tale motivo, nelle prossime elezioni vi sarà una “toxic narrative” sulle migrazioni. Il Dr. Jaquemet ha poi discusso delle politiche e degli strumenti negativi e repressivi adottati fino ad ora dai paesi occidentali per affrontare la rivoluzione dei movimenti migratori e ha citato un famoso ed esemplificativo pensiero del Dr. Martin Luther King: “se affronti la rivoluzione con la repressione, essa ritornerà”. Ha infine concluso con un incitamento all’UE a trovare politiche coerenti che aprano a possibilità legali di ingresso.
Il secondo panel si è focalizzato su una comparazione delle politiche migratorie tra diversi casi di studio. Il Professor Giandonato Caggiano, ordinario di diritto dell’UE all’Università degli Studi “Roma Tre”, ha esposto la sua ricerca sulle politiche migratorie dell’UE. Analizzando l’accordo UE-Turchia dello scorso anno, ha espresso forti critiche nei confronti della decisione europea di “esternalizzare alla Turchia il problema dei richiedenti asilo e degli irregolari” attraverso un documento senza alcun valore giuridico internazionale. Ha inoltre evidenziato come la filosofia dell’accordo UE-Turchia non abbia più un profilo emergenziale, ma si basi esclusivamente su uno screening obbligatorio: se i migranti provengono da un paese terzo c.d. sicuro, “ci si può liberare della loro richiesta di asilo”. Da ultimo, il Prof. Caggiano ha espresso commenti decisi nei confronti del recente d.l. Minniti-Orlando, definito vergognoso ed incostituzionale, poiché priva attraverso un unico grado di giudizio, il diritto ad un equo processo per i richiedenti asilo.
La Prof. Maryellen Fullerton, docente alla Brooklyn Law School, ha analizzato l’approccio U.S.A., concentrando l’attenzione sulla differenza tra overseas refugees e richiedenti asilo. Nella prima categoria rientrano coloro a cui è riconosciuto lo status di rifugiato prima dell’ingresso negli Stati Uniti da parte dell’UNHCR. Essi ricevono una employment authorization card che gli permette subito di lavorare e, dopo un anno, hanno diritto alla green card e quindi a rimanere vita natural durante negli U.S.A. I richiedenti asilo, invece, devono richiedere protezione al U.S. Citizenship and Immigration Service e non hanno diritto ad alcuna tutela. Soprattutto su questi ultimi si è concentrato l’executive order di Trump dello scorso febbraio, ritenuto dalla Professoressa Fullerton molto simile alla proposta di legge del Congresso U.S. di 25 anni fa che avrebbe previsto il respingimento automatico di ogni persona senza documenti, se solo la Corte Suprema non avesse costatato il conflitto della suddetta legge con la Convenzione di Ginevra sui Rifugiati. Per quanto riguarda la c.d. Southern Borders Crisis (crisi del confine USA-Messico) la docente ha espresso stupore per la risonanza ricevuta dall’argomento, poiché dall’inizio degli anni 2000 si è assistito a un crollo drastico negli arrivi.
Successivamente è stata affrontata la culture of control dell’Australia dalla Dr. Linda Kirk, dell’Australia National University. Ripercorrendo la politica migratoria del suo paese durante lo scorso secolo, la Prof. Kirk ha mostrato quanto essa subisca un approccio ambivalente da parte dei partiti politici e spesso violi le principali convenzioni internazionali sui diritti umani. Ha infine spiegato il sistema dello Sponsor australiano e posto rilievo riguardo ad alcune cifre rappresentative circa la storia delle migrazioni in Australia: il 26% della popolazione totale è nata fuori dai confini australiani ed un australiano su due ha un genitore straniero.
Cristiano D’Orsi, ricercatore all’Università di Johannesburg, ha concluso il panel con una panoramica sulle politiche migratorie del Sud Africa. Il Dottor D’Orsi ha descritto minuziosamente il sistema dei VISA in Sud Africa, mettendo in mostra le criticità delle liste per le undesiderable persons e le specificità dei visti esclusivi per alcuni determinati paesi come lo Zimbabwe ed il Lesotho. Ciò che più ha colpito, però, è stata la presa di coscienza circa la portata dei fenomeni migratori e la relativa percezione occidentale. Infatti, dagli studi condotti dal Dr. D’Orsi, la maggioranza degli africani emigra non in Europa ma proprio in Africa, con 3.100.000 di migranti regolari e circa 6.000.000 di irregolari, lasciando spazio forse a dovute riflessioni a riguardo.
La seconda giornata del Convegno si è svolta seguendo un iter complesso: due sessioni tematiche mattutine focalizzate sulla concezione delle migrazioni dal punto di vista degli Stati e dei soggetti privati, suddivise in tre working group ciascuna. Data la volontà di non ridurre in termini semplicistici degli interventi dall’alto contenuto tecnico giuridico, si rinvia a successivi articoli l’analisi delle stesse.
Un cenno può invece essere fatto riguardo l’ultima sessione del Convegno intitolata “La distinzione tra rifugiato e migrante economico: una dicotomia da superare?”.
Il Dottor Bruno Nascimbene, fondatore dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), ha aperto la sessione con una importante considerazione sul linguaggio dell’informazione. Essa talvolta utilizza indifferentemente i termini rifugiato, migrante e richiedente asilo, altre volte li carica con un significato strumentale, tantoché nell’accezione comune del termine i rifugiati sono considerati i migranti “buoni” e i migranti economici i “cattivi”, quindi respingibili senza troppi problemi. È innegabile che vi sia una distinzione tra chi parte per necessità e chi per scelta, ma esistono anche situazioni borderline con caratteristiche miste. Esprimendo parere favorevole verso quegli orientamenti fondati su criteri di solidarietà generalizzata, i quali non prevedono una distinzione tra migranti economici e rifugiati, il Dr. Nascimbene riconosce un punto fondamentale da tenere presente: “i diritti fondamentali della persona devono essere rispettati sia che si tratti di rifugiati che di migranti c.d. economici”.
La parola è stata poi presa dal Professor Giuseppe Cataldi, ordinario all’Università di Napoli “L’Orientale”, con una relazione contraddistinta dai numeri e da profonde considerazioni. Nel 2016 circa 65,3 milioni di persone sono state costrette alla fuga (4,5 milioni in più rispetto al 2015), di cui 40,8 milioni di sfollati e 3,4 milioni in attesa di asilo. Inoltre, più del 65% dei migranti vittime dei movimenti migratori è morto nel Mar Mediterraneo. “L’immigrazione è un diritto asimmetrico, perché vi è un diritto ad uscire ma non ad entrare per la maggior parte degli Stati”, incalza il Prof. Cataldi, ed è per questo motivo che si riscontra un “abuso nell’utilizzazione della procedura sul diritto di asilo da parte di migranti non rifugiati”. Il migrante economico è definito dal Prof. Cataldi come colui che fugge da disastri economici, quindi anche lui subisce un processo di migrazione forzata. In conclusione, il Prof. muove una critica nei confronti degli Stati UE che tendono a limitare i diritti da loro concessi attraverso processi di esternalizzazione del problema e soluzioni “perdenti” di contenimento dei flussi, riconoscendo nella valorizzazione del concetto di vulnerabilità una soluzione di ragionevolezza.
Interessante anche l’intervento della Dr. Guild Espelth sulla recente Dichiarazione di New York su migranti e rifugiati e i concetti di migrazione sicura, ordinata e regolare. La prima è caratterizzata dalla possibilità di accedere a mezzi di trasporto sicuri. Se non c’è tale possibilità, è inevitabile l’utilizzo di mezzi pericolosi e costosi da parte dei migranti. La migrazione ordinata avviene quando il migrante arriva dove ci si aspetti che arrivi. Per renderla ordinata non si possono avere degli hotspot, temuti a ragione dai migranti per le loro condizioni interne. Infine la migrazione regolare è determinata dalla giurisdizione del paese di arrivo. Per raggiungere l’obiettivo di migrazione sicura, ordinata e regolare, sottolinea la Dr. Espelth, è quindi necessario cambiare il paradigma: “la legge crea la migrazione irregolare e la legge può porre un rimedio.”
Da ultimo, il Professor Fulvio Vassallo Paleologo, responsabile della Legal Clinic sui diritti umani di Palermo, ha concluso con due pensieri degni di nota. Innanzitutto, ha messo in luce l’eccessiva discrezionalità lasciata al personale di polizia, all’interno degli hotspot, nel determinare lo status di migrante economico attraverso il foglio notizie, poiché la possibilità di richiedere l’asilo è solamente l’ultima delle opzioni e l’informazione data al momento della compilazione non è adeguata. È poi tornato sul concetto di migrante economico, ritenendolo una categoria senza fondamento giuridico utilizzata esclusivamente per escludere e per stringere accordi di riammissione dei cittadini con paesi terzi c.d. sicuri. Per di più tale categoria legittima il concetto di paese terzo c.d. sicuro e la criminalizzazione mediatica delle ONG che li introducono sul territorio dopo il salvataggio in mare.
È necessario tenere bene a mente il significato di queste parole quando si scrive, poiché per superare l’emergenza bisogna avere maggior consapevolezza dei contesti, del fenomeno e delle persone che lo compongono.