La natura in sessant’anni di ricerca di Mario Chianese

Spazio Don Chisciotte della Fondazione Bottari Lattes Torino (via della Rocca 37b)

Artista figurativo tra i maggiori del secondo Novecento per l’intensità e la freschezza dell’approccio alla natura, ma anche per la curiosità con cui si è confrontato con le ricerche dell’avanguardia (così lo definiva lo storico dell'arte Guido Giubbini nel 2001), Mario Chianese è al centro della mostra antologica Il tempo, la luce, la terra, la memoria che la Fondazione Bottari Lattes organizza allo Spazio Don Chisciotte di Torino da giovedì 21 settembre a sabato 21 ottobre 2017. A ingresso gratuito, l'esposizione inaugura  giovedì 21 settembre alle ore 18 alla presenza dell'artista.

 

Il tempo, la luce, la terra, la memoria propone una ventina di opere di diverse dimensioni, olii in prevalenza, oltre che alcune incisioni, realizzate da Chianese tra il 1947 e il 2015: una selezione di lavori dove domina la natura, tema che ha caratterizzato la maggior parte della sua produzione. La natura, infatti, nei suoi momenti stagionali, nella realtà come nella memoria, è stata elemento portante del suo fare pittura.

La Fondazione Bottari Lattes porta così a Torino il lavoro di un artista molto noto in Liguria, ma che da diversi anni non esponeva nel capoluogo piemontese, per proporre al grande pubblico una selezione rappresentativa della sua ricerca, capace di illustrare le motivazioni e le metodologie dell'autore. In Chianese (nato a Sampierdarena, Genova, nel 1928) è fortissimo il legame con il Piemonte. Proprio in questa regione l'artista ha avuto le prime affermazioni, giovanissimo, esponendo alla Promotrice di Torino nel 1953 e nel 1960 (un quadro raffigurante colline, eseguito presso Mornese in provincia di Alessandria, ricorda questo periodo). La maggior parte del suo lavoro ha tratto ispirazione e si è svolto in territorio piemontese, a Gavi e dintorni. In mostra verrà presentata la pubblicazione Tra parola e immagine, dove l’autore ripercorre i diversi momenti della sua ricerca.

Scarsi, ma essenziali, sono i riferimenti autobiografici nei suoi lavori, strettamente legati a un vissuto e a una creatività che si esprime di preferenza nello studio del paesaggio dal vero.

 

«Una dedizione continua negli anni nel rispetto della legittimità lessicale della pittura e della sua storia– spiega Mario Chianese – ha prodotto un numero notevole di opere, dove la più piccola ha la stessa necessità espressiva di quelle di maggiore dimensione, la stessa unità di tono di voce dal 1947 a oggi. Solamente negli anni Settanta, nel raggiungere una sintesi formale di sospensione metafisica – già praticata nelle incisioni – dal piccolo bozzetto eseguito dal vero, elaboravo in studio dipinti di maggiore dimensione. Chiamavo queste opere Riflessioni di natura: quasi il culmine di un'esperienza dopo oltre vent’anni di lavoro. Tuttavia le pulsioni del vero erano troppo forti per continuare a relegarle in una ideologia che presuma un metodo, senza un rapporto continuo con il paesaggio.

 

Da qui il ritorno negli anni Ottanta a quella attenta, problematica dedizione che ha caratterizzato tutto il mio percorso. A volte per una totale adesione al vero, reperti di natura, pietre o fango essiccato vengono ravvicinati al dipinto a sottolineare l’origine di una scelta, un’emozione. Ogni quadro adesso, anche di notevole dimensione, cresce nelle differenti condizioni di luce, nell’asperità del terreno, nel vento, nel trovare soluzioni diverse sino ad arrivare a una serena quanto sofferta conclusione: “Il mondo muta anche troppo; la natura nei suoi cicli, come nelle sue fioriture ripetute, nelle cadenza astrali, è immutabile: l’uomo sovente la mortifica, vorrei fermare i suoi aspetti e la sua voce nella tentata sublimazione d’ogni suo momento”».

 

Mario Chianese

 

«Mario Chianese è artista figurativo tra i maggiori del secondo ‘900 non solo per la qualità indiscussa della pittura, l’intensità e la freschezza dell’approccio alla natura, la profonda moralità del rapporto col mondo e con l’arte, ma per l’intelligenza e la curiosità con cui si è sempre confrontato, sia pure da una posizione appartata e aristocratica, con le ricerche dell’avanguardia (e più in generale con i modi contemporanei della visione), appropriandosi delle loro innovazioni formali e concettuali senza mai venir meno alla coerenza del suo stile e delle sue scelte.» Storico dell'arte Guido Giubbini (Da Le collezioni del museo d’arte contemporanea di Villa Croce 1950/2000, Genova, 2001).

 

Nasce a Sampierdarena (Genova) nel 1928. Del 1950 è la sua prima personale alla galleria Rotta, portata nell’anno successivo a Milano alla galleria Ranzini. In queste due prime occasioni gli viene riconosciuta da critici come Leonardo Borgese, Vincenzo Costantini, Raffaele De Grada, Emilio Zanzi, Giovanni Riva, Arrigo Angiolini e Aurelio Bellocchio una maturità psicologica e capacità pittoriche già allora inconsuete nelle generazioni coeve. Nel 1959 viene premiato al premio Delleani da una giuria presieduta da Felice Casorati; lo stesso lo propone all’ottava Quadriennale di Roma. Da quella data sono numerose le sue personali in molte città italiane e la partecipazione a manifestazioni a carattere nazionale dove viene premiato più volte. Negli anni Sessanta fa parte del gruppo di pittori che danno inizio all’attività della galleria La Polena di Genova, dove ha occasione di confrontarsi con vivaci realtà artistiche del tempo, raccogliendone stimoli, misurandoli all’interesse per la natura, che rimane in ogni suo momento l’oggetto della sua ricerca, pur non mancando una produzione di ritratti e di nature morte. Dal 1972 al 1981 risiede a Monterosso (La Spezia), dove lo studio del rapporto luce-colore viene condotto all’estremo limite. Nel 1974 viene pubblicato dalla casa editrice Sagep di Genova il catalogo ragionato delle sue incisioni dal 1959 al 1973 con testi di Germano Beringheli, Vittorio Fagone e Guido Giuffrè. Nel 1979 viene eletto accademico di merito dell’Accademia Ligustica di Belle Arti e nello stesso anno gli viene conferita la cattedra di pittura che terrà fino al 1997. Nel 1980 presso le edizioni Sabatelli viene pubblicata una monografia sull’opera pittorica a cura di Gianfranco Bruno, che rimarrà testo fondamentale per ulteriori approfondimenti. Nel 1985 il Comune di Arezzo nell’ambito delle manifestazioni della Galleria d’Arte Moderna di quella città, organizza una personale di pittura e incisione, curata da Guido Giuffrè, che si occupa sovente del suo lavoro. Nel 1985 il Comune di Genova organizza al Museo di S. Agostino una personale di incisioni a commento dei testi poetici di Carla Mazarello. Nel 1988 in occasione dell’antologica alla Galleria Rubinacci vengono pubblicati in catalogo tutti i testi critici di Germano Beringheli dal 1961 al 1987. Nel 1997 il Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce di Genova allestisce un’ampia rassegna antologica di pittura e di incisione con catalogo Skira e un diffuso testo di Guido Giubbini dal titolo Il tempo, la luce, la terra, la memoria, che esamina tutto il suo percorso artistico e precisa le componenti della sua personalità. Il museo di Villa dei Cedri di Bellinzona, a cura di Matteo Bianchi, pubblica un quaderno sull’opera incisoria dal 1959 al 1998. Dal 1990 al 2000 è stato presidente dell’Associazione degli incisori liguri e ha promosso, con la collaborazione del Museo d’arte contemporanea di Genova, tre triennali della giovane incisione italiana. Nel 2003 gli viene conferito il premio alla carriera alla Biennale dell’Incisione Polanski insieme ad U. Attardi e W. Piacesi. Nel 2005 a Palazzo Cuttica ad Alessandria viene promossa dal Comune una sua personale di incisione per l’avvio dell’attività espositiva del rinnovato Gabinetto delle Stampe Antiche e Moderne di quel museo. Nel 2011 è invitato alla Biennale di Venezia da Giorgio di Genova. 

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