Roma, 31 gennaio 2018 – Nel corso di una cerimonia svoltasi presso la Pontificia Università Antonianum di Roma sono stati consegnati i riconoscimenti della ottava edizione del Premio Fiuggi Storia. Il Premio, promosso dalla Fondazione “Giuseppe Levi-Pelloni” in collaborazione con il Comune di Fiuggi e con i patrocini del Senato della Repubblica, Camera dei Deputati e Presidenza della Regione Lazio, è stata dedicato quest'anno a Enzo Bettiza, scomparso nello scorso mese di luglio.
Il grande giornalista e scrittore di origine dalmata è stato ricordato dalla moglie Laura Laurenzi, che ne ha tratteggiato un ritratto soprattutto privato, e da Jas Gawronski, suo amico da lunga data, con cui ha condiviso l'esperienza di corrispondente e inviato a Mosca e nei paesi dell'Est ai tempi del comunismo. E che proprio grazie anche a Bettiza ha iniziato il suo lungo e brillante percorso di reporter in giro per il mondo, da quando, nel lontano 1957, si presentò così a lui, seduto nel Café Mozart di Vienna: “Mi chiamo Jas Gawronski, vorrei fare il giornalista, ma non so come e dove dare il primo colpo di manovella”. E Bettiza, senza sospettare che quel giovane sconosciuto fosse nipote di Alfredo Frassati, il fondatore de “La Stampa”, lo incoraggiò con queste parole: “Se sei in parte polacco, se te la cavi con l’italiano, non vedo davanti a te che una sola strada: andare diritto a Varsavia e cominciare subito a scrivere, per qualche giornale anche minore”. Il ricordo di Bettiza, introdotto da Pino Pelloni, fondatore e animatore del Premio FiuggiStoria, è stato un doveroso omaggio a un eccezionale testimone del Novecento, di cui ha saputo narrare da scrittore di razza le vicende cruciali (che non di rado si sono incrociate con quelle autobiografiche) grazie soprattutto alla sua straordinaria capacità, come ha sottolineato tempo fa Giuliano Ferrara sul “Foglio” “di mescolare letteratura, filosofia, arte e solo infine giornalismo, che era quello che gli dava da vivere sempre al di sopra dei suoi mezzi, come un vero barone mediterraneo”.
La serata è poi proseguita seguendo un ideale 'fil rouge' con l'assegnazione del primo riconoscimento, che è andato a un altro grande testimone e maestro del nostro tempo: Piero Angela. Il popolare divulgatore scientifico ha ricevuto il premio nella sezione denominata “Epistolari e memorie” per Il mio lungo viaggio 90 anni di storie vissute (Mondadori): un'autobiografia in cui ci ha accompagnato, con una cavalcata attraverso due secoli, in un lungo viaggio cominciato all'inizio degli anni Trenta nella natia Torino quando una larga parte della popolazione italiana era analfabeta, l'aspettativa di vita era di soli 52 anni, non c'erano ancora gli antibiotici e le infezioni potevano essere letali. E poi gli anni della guerra, quelli ruggenti del miracolo economico, la nascita della televisione, lo sbarco sulla Luna, la sua straordinaria carriera di giornalista: prima da semplice cronista, poi inviato, quindi ideatore e conduttore di programmi che hanno contribuito a diffondere tra gli italiani una cultura scientifica. Nel libro sono presenti tantissimi aneddoti e storie di incontri che hanno segnato la sua vita. Come quello (“il più importante fra tutti dal punto di vista scientifico” – ha affermato) con il grande fisico Edoardo Amaldi, uno dei “ragazzi di via Panisperna”. “L’ho frequentato per molto tempo” – racconta Piero Angela, “era dotato di una notevole statura morale”. “Mi è rimasto particolarmente impresso quel che mi ha raccontato di Enrico Fermi, che era un bravissimo divulgatore e che parlando coi suoi ricercatori provava a semplificare sempre le sue teorie. Io prima di licenziare un testo lo scrivo e lo riscrivo, lo cambio, lo limo, lo macino, lo macino e lo macino fino a quando è comprensibile per la maggior parte dei lettori.” Ma nelle pagine della sua autobiografia – si legge nel retro di copertina – c'è soprattutto un grande insegnamento, che è particolarmente prezioso per i giovani che lo seguono come un mito: la passione di sapere e la voglia di scoprire possono portare molto lontano nella vita, e fare di chiunque una persona speciale.
Il tema del giornalismo è protagonista anche del premio per la saggistica, attribuito allo storico Mauro Canali per La scoperta dell'Italia: Il fascismo raccontato agli americani (1920 – 1945) (Marsilio). Un libro in cui le vicende personali, i racconti e i reportage degli inviati americani nel nostro paese ci forniscono oggi un punto di vista inedito per ripercorrere gli avvenimenti che si sono succeduti in quegli anni, offrendo allo stesso tempo uno straordinario spaccato della società del ventennio fascista, caratterizzato da un controllo sistematico sulla stampa e dall’utilizzo di una fitta rete di spionaggio. Una storia che inizia agli albori del fascismo, quando Mussolini godeva di grande popolarità presso la stampa americana e gli inviati che giungevano numerosi a Roma per intervistarlo e scrivevano articoli apologetici sul giovane dittatore (con pochissime eccezioni, a cominciare da Hemingway, giovanissimo corrispondente per il “Toronto Star”). E che non si esaurisce con la Liberazione, ma che avrà interessanti ricadute su quello che sarà il più ampio teatro della Guerra Fredda.
Quasi a simboleggiare un ideale passaggio di consegne da una generazione a un'altra di grandi reporter, si è arrivati quindi al riconoscimento “Fiuggi-Storia Gian Gaspare Napolitano inviato speciale”, che quest'anno è stato assegnato alla giornalista e inviata de “La Stampa” Francesca Paci. Già corrispondente per il quotidiano torinese da Londra e da Gerusalemme, a partire dal 2011 ha seguito direttamente sul campo le vicende legate alle cosiddette primavere arabe e più di recente il caso del rapimento e dell'uccisione in Egitto del ricercatore Giulio Regeni. La scelta del premio, consegnato da Giovanna Napolitano, figlia di Gian Gaspare e Presidente della Fondazione Levi-Pelloni, è motivata dal fatto che la Paci nella sua attività ha saputo interpretare nel modo migliore lo spirito che ha sempre guidato i grandi inviati del passato, con coraggio, scrupolosità e passione. Tutte qualità che è possibile riscontrare anche nei suoi libri, in gran parte frutto dei suoi reportage: da Islam e violenza (Laterza) a Dove muoiono i cristiani (Mondadori) in cui ha raccontato storie di cristiani, uomini e donne, missionari, preti, vescovi e semplici fedeli discriminati a causa della fede religiosa; fino al recentissimo ebook Intervista con la Rivoluzione Russa: Dieci intellettuali a confronto con l’ottobre che sconvolse il mondo (Edizioni La Stampa). Alla ricercatrice e giornalista del quotidiano francese “Liberation” Éliane Patriarca è stato attribuito invece il premio nella nuova sezione “Fiuggi-Storia Europa” – istituita a partire da quest'anno – per il libro Amère libération(Flammarion, Paris, 2017).
Per la sezione “Il Tempo e la Storia” il riconoscimento è andato allo Stato Maggiore dell’Esercito per i quattro calendari dedicati al centenario della Grande Guerra, per l’alto valore didattico e rievocativo di una pagina importante della nostra storia nazionale. Quattro calendari, dal 2015 al 2018, e corredati da una ricerca iconografica di prim’ordine, che ripercorrono le vicende che da quel 24 maggio 1915 segnarono per gli italiani l’inizio di tre anni di sanguinoso conflitto. Furono milioni i soldati che chiamati alle armi nel Regio Esercito Italiano, parteciparono come attori alla Vittoria del Paese. Erano contadini, operai, intellettuali, artisti, uno spaccato dell’intera società del periodo che visse con e nell’Esercito il primo grande momento di unità nazionale. Anche le donne ne furono parte integrante: formalmente non arruolate, supportarono logisticamente e moralmente gli uomini al fronte. Il premio è stato ritirato dal Generale di DivisioneGiuseppe Nicola Tota.
Per la sezione biografie vincitori ex aequo la docente di “Storia dell'Ottocento e del Novecento” presso l'Università di Torino Silvia Cavicchioli per Anita. Storia e mito di Anita Garibaldi (Einaudi) e il giornalista Adam Smulevich per Presidenti. Le storie scomode dei fondatori delle squadre di calcio di Casale, Napoli e Roma (Giuntina). Nel volume dedicato alla compagna dell'eroe dei due mondi viene ricostruita in maniera molto accurata la biografia della donna, attraverso la rivisitazione dei mesi trascorsi in Europa, dei giorni nella Roma sotto assedio e nell'ultima fuga rocambolesca, che hanno forgiato la sua immagine. L'opera ha il merito soprattutto di far conoscere i molteplici itinerari della conservazione della memoria di Anita: la nascita del mito e la genesi di rappresentazioni destinate a occupare un posto di rilievo nella simbologia patriottica nel periodo che va dall'unificazione italiana al fascismo. Nel libro di Smulevich vengono ricostruite le storie di tre protagonisti del nostro calcio, oggi quasi del tutto dimenticati: Raffaele Jaffe (colui che regalò al Casale un insperato scudetto alla vigilia della grande guerra), Giorgio Ascarelli (fondatore del Napoli) e Renato Sacerdoti (il presidente del primo scudetto della Roma). Fu il fascismo, e più precisamente furono le leggi razziali, a renderli degli indesiderati.
Per la sezione “Romanzo storico” il premio è andato a Corrado Stajano per il libro Eredità (Il Saggiatore). Infine, nella sezione “Multimedia” il riconoscimento al regista friulano Roberto Mario Cuello per il docufilm Comandante Tribuno Mario Modotti, prodotto dalla Joker Image di Udine, un toccante omaggio a un operaio che fu tra gli organizzatori (col nome di copertura di “Tribuno”), della lotta partigiana in Friuli. Tradito da una spia, Modotti fu catturato dai fascisti della Caserma Piave di Palmanova. Qui fu sottoposto a selvagge bastonature, fatto azzannare da cani feroci, sospeso ore e ore per le braccia legate dietro la schiena, senza che i fascisti riuscissero a strappargli informazioni. Fu poi processato da un Tribunale militare tedesco, condannato a morte e fucilato il 9 aprile 1945 con altri 28 partigiani nel cortile del carcere.
Nell’ambito di questa edizione è stato consegnato quindi il trofeo “Menorah di Anticoli” a Silvana Cirillo, per le ricerche dedicate alla figura di Gian Gaspare Napolitano scrittore e a Carmelo Fucarino, delegato per la Sicilia della FondazioneLevi Pelloni, per il libro Il Genio Palermo. Vita, morte e miracoli di un Dio. L’opera premio di questa edizione è stata realizzata dallo scenografo Pino Ambrosetti.