Una star. Arte magnetica e naturale espressione di una intensa interiorità è quel che emana dalle sublimali perfomance del suo corpo. Non divismo da star lontano mille galassie da Sergei Polunin ma autenticità, carisma, naturalezza e senso di libertà si sprigionano nell’aria vibrante dalle piroette del ballerino russo. Icona della danza classica il più giovane nella storia del prestigioso Royal Ballet di Londra, è stato definito il nuovo Nureyev, accostamento che il danzatore non sembra gradire per la forza del pensiero che lo porta ad affermare la sua personalità artistica. Per Sergei Polunin iniziare a danzare viene prima che imparare a camminare. Nelle prime lezioni a tre anni che il padre paga con molte difficoltà a Cherson, la sua città ucraina, lasciata per la separazione dei suoi genitori, che lo segnerà profondamente procurandogli molte sofferenze. Il ballerino si trasferirà a Kiev con la madre per continuare a studiare al Kiev’s State Choreographic.
Poi nel 2003 la svolta, una borsa di studio della Rudolf Nureyev Foundation che a soli 19 anni lo condurrà nell’olimpo del balletto classico divenendo il primo ballerino della British Royal Ballett School di Londra. Ma irrequietezza, sregolatezza, assenze improvvise dalla scena gli varranno l’attributo di “bad boy” per gli eccessi di alcol e droga insieme alla necessità di imprimere indelebilmente sul suo corpo i tatoo dei suoi idoli. Il nome di Mickey Rourke, il volto di James Dean e al centro dell’addome il Khodorat, ruota della vita nella tradizione slava.
Una crisi di ribellione che lo porterà ad abbandonare il palcoscenico londinese a soli 23 anni per insofferenza all’ambiente, ma che non gli farà perdere fama e successo assolutamente legati alla sua incomparabile bravura di ballerino. Un allontanamento dalle scene, spiegato da Sergev Polunin nei giorni scorsi dai microfoni di Rai Radio 1, con l’irrinunciabilità alla propria essenza di artista libero che non si piega alle costrizioni né alla ricchezza che la radiosa carriera gli ha donato. "L'artista in me stava morendo" dice Polunin con la sincerità che in scena lo rende unico ed esilarante. Non un prodotto, ‘’una macchina da soldi’’, ma come in un viaggio ascetico lascia il British Royal Ballett per diventare pura arte.
Non sarà però un addio alle scene.
Nel 2015 esce dal tunnel della crisi errando artisticamente dalle passerelle della moda da Vogue, Vogue Italia, Vogue Russia, GQ, Style, Esquire a un tempio all’altro della danza russa per fermarsi al Teatro di San Pietroburgo dove diventa primo ballerino. Ritrova equilibrio e libertà che esprime riconciliandosi con sè stesso danzando sulle note di Hozier nel video Take me to Church griffato David LaChapelle con la coreografia di Jade Hale-Christofi. Un assolo incredibile in cui Polunin si mostra con i suoi Tatoo in una esibizione virale visualizzata su yotube oltre 23milioni di volte.
La vita dello straordinario ballerino fuoriclasse dalle sensuali sinuosità è ripresa dal docufilm Dancer, diretto da Steven Cantor e prodotto da Gaby Tana, con il contributo dello stesso David LaChapelle autore del video Take me to the Church. La vita e i dolori familiari a Chenser, i primi passi di danza, successi, carriera e amori di Sergei Polunin, narrati nella pellicola uscita ufficialmente nel 2016 per quattro anni di produzione seguendo il ballerino nei suoi spettacoli. Nominato come miglior documentario al British Independent Film Awards 2016, è distribuito in trenta paesi, visibile a pagamento in streaming on demand o in dvd.
Un Polunin nuovo ventottenne, alla ricerca della sua libertà spirituale ed emozionale illuminata dall’apparire nella sua vita di una nuova donna, Elena Solomianko che sostituirà Natalia Osipova. Un’apoteosi dell’essenza più vivificatrice dello spirito che lo aiuterà come da Polunin dichiarato, a scoprire in profondità il suo interiore in lotta con l’inferno del passato e le ombre della sua coscienza in un ritmo di ricordi d’infanzia e di innocenza perduta dove la bellezza ascetica dei suoi movimenti prendono il sopravvento a ribellioni e paure.