Immagini:1 coste irlandesi; 2 coste siciliane
Continuando con la rassegna dei legami tra l’Irlanda e la Sicilia, dopo aver passato in rassegna Re Artu’ nel giardino incantato dell’Etna, St. Adamnan che scrive sui vulcani della nostra isola, e delle affinita’ letterarie tra le due isole, diamo adesso uno sguardo ai “Grandi Turisti” irlandesi che hanno raggiunto la Sicilia, tra i quali ricordiamo:
George Berkeley, Vescovo di Cloyne, che fu in Sicilia dal novembre 1717 al febbraio 1718. “La Sicilia è il luogo che più desidero visitare”. Il suo interesse per la Sicilia scaturiva dalla sua conoscenza della letteratura e della storia greca, che insegnò al Trinity College di Dublino e dal suo interesse per i reperti greci e i templi dorici dell’isola. Secondo Edward Chaney, li conosceva bene, avendo letto il libro di Tommaso Fazello: De rebus siculis, a cui fa riferimento nella sua pubblicazione: Alchiphron. In quest’utima egli mette a paragone gli antichi monumenti dell’Irlanda con quelli della Sicilia, dominate da potenze straniere.
In Sicilia Berkeley fu al centro anche di un terremoto, a Messina, ed esplorò montagne e grotte. Dopo aver visitato la Sicilia, nel cui clima caldo, a paragone con quello -del Nord, l’architettura fiorì, George Berkeley ebbe a dire: “Pittura e musica non sono più estranee in Irlanda, nè confinate solo in Italia”.
Nel 1738 William Ponsonby visitò la Sicilia insieme a Lord Sandwhich, James Nelthorpe, John Mackye e l’artista svizzero Jean-Etienne Liotard, durante il loro viaggio verso Malta, la Grecia, le isole greche e Costantinopoli. Anche Richard Pococke giunse a Messina, nel novembre 1740.
William Ponsonby e i suoi amici rimasero colpiti da quanto ammirarono nell’isola mediterranea e portarono con loro un caro ricordo dell’importanza che la Sicilia ha avuto quale custode di un simile “patrimonio antico”.
James Caufield, 4° Conte di Charlemont, seguendo le orme dei più famosi personaggi d’Europa, quali Brydone, Goethe, Jean Houel, Dumas, l’Arciduca Ludovico d’Austria, Swinbourne, Nunter, Riedesel e altri, si recò anche in Sicilia.
Il 6 maggio raggiunse Messina mentre si recava in Grecia e nel vicino Oriente. Qui sviluppò un grande interesse per il pesce spada e in particolare studiò gli effetti della peste del 1743, volendo stabilire un paragone tra i suoi testimoni e quelli che parlano della peste di Atene, come riferisce Tucidide.
In Sicilia Lord Charlemont incontrò l’artista Richard Dalton, che divenne suo sovrintendente e altri “Grandi Turisti” irlandesi.
James Caulfield, fondatore e Primo Presidente della Royal Irish Academy, edificò Moy o The Moy nella Contea di Tyrone, sull’esempio architettonico di Bosco Marengo (Alessandria). Fu viaggiatore, conoscitore e mecenate delle arti. Nacque a Dublino nel 1728 e abitò nell’attuale Galleria Municipale di Arti Moderne, un vero focolaio di attività culturali già nel 18° secolo. Quarto Visconte Charlemont e in seguito Primo Conte di Charlemont, fu uno dei più entusiasti collezionisti e il mecenate di importanti patrimoni culturali dell’isola irlandese, a cui lasciò un’eredità di cui si può essere giustamente orgogliosi. Scrivendo di lui, Giuseppe Baretti gli dedicò questo tributo: “La sua conoscenza della lingua e dei costumi d’Italia non è per nulla inferiore alla mia e la conoscenza che ha della letteratura è ancora più grande”.
Henry Tresham, pittore, ritrattista e commerciante, noto per i suoi panorami siciliani, visitò l’isola dal 1783 al 1784 insieme al suo mecenate, Col. John Campbell, poi divenuto Primo Barone Cawdor, poco dopo il terremoto di Messina del 5 febbraio 1783. Tresham, che studiò alla Scuola di Architettura in Dublino, ci lasciò disegni dei danni subiti da molti edifici barocchi della città e dell’isola, prodotti dal terremoto. 7
Sir George Cockburn divenne, nel 1810, comandante di parte dell’esercito britannico, di stanza allora in Sicilia. Tanti soldati irlandesi militavano in esso. Diversi battaglioni erano accampati nel castello di Milazzo, dove il giovane gesuita, Peter Kenney, avrebbe desiderato offrire il suo ministero pastorale. Nel 1811 c’erano 17.000 truppe britanniche nell’isola e molti erano i soldati irlandesi. Nel febbraio 1811 Sir Gorge visitò Tindari. Quattro ani dopo egli pubblicò un lavoro in due volumi, dal titolo: “Viaggio verso Cadiz, Gibilterra, su per il Mediterraneo verso la Sicilia e Malta, nel 1810 e 1811, inclusa una descrizione della Sicilia e delle isole Lipari ecc
4 Robert Fagan fu ritrattista, commerciante, archeologo e diplomatico. Condusse scavi in Sicilia, a Tindari nel 1808 e a Selinunte dal 1809 al 1810.
Il 14 marzo 1818, nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista di Messina, Jeanne Willepreux, una ragazza di provincia, proveniente da Juillac, divenne Lady Jeanne Power, sposando James Power, di discendenza irlandese.
I due vissero a Messina per oltre 20 anni.
Jeanne Power venne chiamata “Lady Power” o “La Power” per il suo prestigio ed intelligenza. Fu ben nota nell’ambiente scientifico internazionale per i suoi studi di scienze naturali e per i suoi esperimenti, condotti quasi tutti a Messina. Lei raggiunse i più alti livelli di nobiltà con il suo perspicace savoir-faire. A Parigi, dove si trovò casualmente da giovane, venne chiamata alla lavorazione dei merletti dell’abito nuziale di Maria Carolina di Borbone, che, nel 1816, sposò il Duca di Berry, nipote del Re di Francia. Qui incontrò James Power, che sposerà due anni dopo.
Lady Jeanne scrisse in italiano nel 1842, un’interessante Guida per la Sicilia, in cui domina lo stemma dei Power di Dunhill e Kilmaesen. Questa nobile famiglia apparteneva ai Powers di Waterford, il cui motto fu: “Per crucem ad coronam” – dalla croce alla gloria -.
La Guida per la Sicilia – “questa classica terra, nella quale mi aggirai per 20 anni e dove rinvenni materie abbondanti ai miei studi prediletti” -, voleva essere di utilità per i Grandi Turisti e anche per la gente della Sicilia. Essa, oltre a riflettere gli interessi scientifici dell’autrice, studiosa di scienze naturali – il cui gabinetto veniva considerato “tra i più ricchi e più singolari d’Europa” -, è un altro importante documento della presenza irlandese nell’isola del Mediterraneo. Più ancora: i Powers di Waterford tramite questa Guida continuano il legame che un altro irlandese, San Cataldo, proveniente da Canty, vicino Aglish e Dungarvan, nella Provincia di Waterford, iniziò secoli prima.
John Henry Newman, oggi S. John H. Newman, inglese di nascita, ma irlandese di adozione, avendo fondato l’Università cattolica di Dublino, scrisse: la Sicilia "mi traina come una pietra pesante. … E' stato il tema di tutti i poeti e di tutti gli storici e i suoi reperti parlano di un'antichità più remota e più perfetta di quella di altre nazioni….”
Egli fu filosofo, letterato e l’inglese più importante che si sia mai convertito alla Chiesa di Roma. Papa Benedetto XVI lo ammira tanto. “E’ una figura esemplare per me”, perché “è un uomo che ascolta la sua coscienza. La verità che egli ha visto… è al di là di ogni approvazione ed accettazione”.
Il viaggio di Newman in Sicilia e sulle coste del Nord Africa e della Grecia occidentale, dal dicembre 1832 al luglio 1833, fu un episodio romantico, e i suoi diari l’hanno raccontato nei particolari.
Quando una febbre violenta lo assalì a Leonforte, dove andava gironzolando da solo, egli gridò: “Non morirò, non ho peccato contro la luce”.
La Sicilia rinforzò la sua ammirazione per la natura e nella sua Apologia egli scrive: “Ho capito che il mondo esterno, fisico e storico, non è che una manifestazione per i nostri sensi di realtà più sublimi. La natura è una parabola; la Scrittura, un’allegoria; la letteratura pagana, la filosofia e la mitologia, propriamente intese, non sono che una preparazione al Vangelo. I poeti e saggi greci sono in qualche modo profeti”.
Questi sono solo alcuni illustri irlandesi che hanno ammirato la nostra Sicilia.
Taormina, Teatro Antico