Ci sono storie che ti entrano dentro… storie che ti appassionano così tanto da lasciarti sulla pelle il brivido del vissuto, del letto, dell’interpretato… storie che sanno di misticità, di poesia e, perché no, a volte anche di sana menzogna, ma che ci portano dentro ad un’emozione che ti avvolge perché ti appartiene, perché, in fondo, la storia che leggi, o che osservi, altro non è che un barlume, uno specchio del tuo vivere o del tuo sogno di vivere.
Ed è l’emozione che traspare e pervade il graphic novel di Simonetta Caminiti, tratto dal suo romanzo “Gli arpeggi delle mammole” edito nel 2015 da Lettere Animate e prossimo a una edizione tutta nuova. Una “storia”, come tante, come quelle che ci appartengono perché rievocano un “io” lontano, un “io” adolescente che sboccia e corre verso la vita compiuta di adulto, con coraggio e speranza. Una storia che si evolve, che cambia e ci cambia come lettori e, adesso, come spettatori, perché quando nello scrivere ci metti il cuore, tutto può accadere.
Perché un graphic novel?
Perché, anzitutto, sono cresciuta in mezzo ai manga giapponesi: e prima o poi le passioni di cui ti nutri da ragazzina tornano, specialmente se imbocchi una via professionale creativa. Poi, nei 2014, ho letto Il blu è un colore caldo di Julie Maroh (l’ultimo graphic novel che mi aveva conquistata era stato Persepolis, di Marjane Satrapi). Ho espresso il desiderio di poter, un giorno, sceneggiare un romanzo a fumetti anch’io. Solo, non avevo pensato che il mio Gli arpeggi delle mammole potesse già prestarsi a un adattamento in questo senso. Il lampo mi è venuto l’anno scorso, mentre lo rileggevo in vista della traduzione francese. Ho pensato che in Italia il romanzo a fumetti resta appannaggio dell’horror, del graphic journalism, del genere “rosa” (tutt’al più, e raramente: ma ci tengo a sottolineare che il mio è un romanzo di formazione, e il fatto che i primi turbamenti sessuali siano importanti, nell’intreccio, non deve fuorviare). Ho ritenuto, insomma, che ci fossero tutti gli ingredienti per provare a fare qualcosa di nuovo, di diverso, di personale.
Quanto di te hai trasferito alla protagonista?
Nella Diana del romanzo, davvero moltissimo. Intanto, la Diana de Gli arpeggi ha 17 anni nel 1999 (anno in cui ne avevo 16); NON mi somigliava affatto fisicamente, ma aveva un mondo emotivo molto simile a chi io sono stata intorno ai vent’anni. (Mondo emotivo, ripeto: sostrato, temperamento e alcuni sogni. Non certo le vicende biografiche). La Diana del fumetto mi somiglia ancora di più, forse. È più passionale. La amo come una figlia…
Dal romanzo al fumetto… raccontaci la tua “arte di scrivere”…
Rischio di scadere nella retorica del “cosa significa scrivere per me”. Ovvero, respirare. Sceneggiare è piuttosto diverso dallo scrivere un romanzo (figuriamoci poi dal comporre articoli per i giornali e i periodici, cioè quel che faccio più abitualmente): ma resta quel lavorio di immaginazione affidato alle tue dita sulla tastiera, quel filo incorruttibile tra il tuo mondo blindato di sogni e ricordi, e la loro espressione nel regno della parola. In questo caso specifico, il tutto viene confezionato per chi poi tradurrà in immagine visibile quello che io sogno tra me e me. Per uno scrittore, un’esperienza davvero “pura”, di creatività estrema e intimamente condivisa solo con chi realizza i disegni.
Quale fascia d’età, secondo te, può meglio rapportarsi al graphic novel?
Dipende dai graphic novel. Per il mio, in particolare, io punto a un target trasversalissimo. Buona parte della storia parla di tardo-adolescenti alle soglie del terzo millennio (dunque i prossimi quarantenni di oggi); ma, nel capitolo conclusivo, ci troviamo ai giorni nostri. Penso possa raccontare qualcosa ai ragazzi di oggi e al pubblico (probabilmente, in maggioranza femminile) che oggi va per i 40. (Io stessa quest’anno ne avrò 36…). Trovo però che sia una storia davvero per tutti. Non è un teen drama in senso stretto e non è una love story scontata. Centrale è il rapporto tra due pseudo-sorelle (una delle due è una suadente afroamericana integratissima nella Roma degli anni ’90) che si affacciano sulla vita, ciascuna col proprio corredo di dolori e fame insaziabile d’amore.
Una chicca sulla stesura: Simonetta ci svela che…
… Beh, svelo che… l’intreccio prende una via molto diversa dal romanzo che pubblicai nel 2015. (Tra l’altro, attualmente fuori commercio in italiano e prossimo a un rilancio dopo il graphic novel). Una chicca vera? Avevo cominciato a lavorare a questo fumetto lo scorso mese di maggio. Poi a un certo punto sono accadute vicissitudini per cui avevo rinunciato al progetto. E devo dire grazie (mai lo faccio abbastanza) a Fabio Santomauro, illustratore eccezionale che mi ha aiutata a non perdermi d’animo e ha fatto un po’ il “talent-scout” per aiutarmi a scegliere la mia attuale illustratrice. Con lei (che è un talento vero, incredibile) ho concordato uno stile grafico né eccessivamente stilizzato né troppo realistico: uno stile vagamente pittorico e “naturale”, che faccia sentire il profumo di matite, pennarelli, sporcature, difetti, se possibile; distanza dal mondo computerizzato che dilaga nelle tecniche dei fumettisti di oggi. Ti racconto una cosa molto intima. Il mio adorato papà, che sapeva bene quanto tenessi a questo progetto, è mancato improvvisamente lo scorso ottobre; ha fatto in tempo a vedere i primissimi studi della mia Diana a fumetti. Siccome conosceva bene il mio personaggio (e tutti i miei scritti), ha fatto in tempo a dirne un profetico: “È lei. Questa è davvero la tua protagonista”. Alla fine di ottobre, non so bene con quale forza (me lo chiedo continuamente) ho preparato con la mia fumettista il classico proposal che si realizza quando si punta a chiudere un contratto che supporti il tuo progetto e poi lo pubblichi. Ebbene, i primi di novembre abbiamo firmato questo contratto…
Cosa ti aspetti dai “tuoi lettori abituali”?
Dai miei lettori abituali? Non mi aspetto nulla. Spero… un po’ di sorpresa, e apprezzamento (incrocio le dita!).
Una frase per i lettori di Paese Italia Press
Una frase, disimpegnata e divertita, del mio Filippo nel graphic novel: “Il Millennium Bug avrà pure risparmiato i computer… ma cavoli: ha rosicchiato un po’ di cuore in tutti noi”.