Roma, Al teatro Vascello va in Scena “Se non Sporca il mio Pavimento –un mèlo”

Ispirato a un fatto di cronaca il dramma di Scarpinato mescola realtà e mito, finzione e inganno in un gioco di specchi e vane illusioni

Va in scena, dal 15 al 18 aprile al teatro Vascello di Roma “ SE NON SPORCA IL MIO PAVIMENTO – UN MÈLO”,  con la regia di Giuliano Scarpinato. Un dramma a tinte fosche, che trae origine da un  fatto di cronaca : ll delitto di Gloria Rosboch, la quarantanovenne insegnante di francese  di Castellamonte (Torino), scomparsa da casa il 13 gennaio 2016 e ritrovata morta nel pozzo di una discarica abbandonata, a pochi chilometri dalla sua abitazione. Ad ucciderla il sogno di fuggire insieme a Gabriele Defilippi,  un suo ex studente.  Il giovane  l’aveva illusa,  promettendole di fuggire con lei  in Costa Azzurra  e estorcendole tutti i  risparmi di una vita.  Il ragazzo, allora diciassettenne, aveva  un  complice:  il cinquantatreenne  Roberto Obert, amante di Gabriele  e  collega della madre di Defilippi.  

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Giuliano Scarpinato riprende la storia realmente accaduta portando in scena i tre personaggi chiave del dramma,  scavando  nelle loro vite  e nel loro io: ecco che il melodramma si carica di  valenze profonde, dove prendono corpo  anche i riferimenti agli archetipi del mito  di Eco e Narciso, la ninfa condannata da Afrodite  a provare uno struggente amore non ricambiato per Narciso,   innamorato solo della sua immagine, di cui Ovidio scrive ne “Le Metamorfosi”. L’adolescenza con le sue  forti emozioni, cambiamenti,  desideri  e pulsioni  agita lo spirito di   Alessio Benedetti,  uno studente di 17 anni, interpretato da  Michele Degirolamo, con  12 profili su Facebook  e dall’identità di genere confusa, sogna una società di servizi ad Antibes e incarna la  sfrontatezza del giovane adolescente, pronto a sedurre, ingannare, uccidere pur di raggiungere il successo, i soldi, una vita agiata lontano dalla provincia.  

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 Le identità complesse e fragili  dei tre protagonisti sono  mosse dall’ illusione che tutto possa essere possibile, l’amore, il successo, il riscatto da una vita fallimentare, ma anche la falsa convinzione che tutto è facile, a portata di mano. La vita prende la vita  promette per  Gioia Montefiori, (Francesca Turrini- bravissima nell’interpretare le fragilità   le insicurezze e la goffaggine  di Gioia) 47 anni, insegnante di sostegno, vive con l’anziana madre nella casa di famiglia,  chiusa nella sua cameretta – bozzolo, ormai sfiorita, vinta dai condizionamenti matriarcali  e dalle convenzioni sociali.    

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Cosimo Comes (Gabriele Benedetti) un  parrucchiere di 54 anni, ha un salone di bellezza chiamato “Armonya”  e parla da solo con il suo cane, morto da tre anni. Un triangolo nel quale Gioia e Cosimo rappresentano le due facce della stessa medaglia, la passione per Alessio:   Gioia, stanca di essere sola che cede alle lusinghe e gli inganni dello studente; Cosimo, allo stesso tempo vittima e carnefice, in bilico tra una lucida follia e la consapevolezza del fallimento della sua vita, rimarrà incastrato in questo amore dannato e torbido.

Raggiri e lusinghe che si alimentano  nelle pieghe della solitudine, dell'insoddisfazione. Ma l'inganno non puo' essere domato da chi lo mette in pratica, assume un'identità propria, si fa protagonista del dramma:  non si adatta a nessuna regola o diktat, distruggendo  le sue vittime, privandole del futuro.

“Percorrendo senza prudenza i gradi di separazione tra Eco e Narciso, Gloria e Gabriele, Gioia e Alessio, mi piacerebbe raccontare di questo incastro nel limbo dell’adolescenza. Di quella cameretta dove le identità si offuscano, distorcono, tardano a sbocciare; perché a ciascuno di noi capita di farvi ritorno, prima o poi, e di avere di nuovo sedici anni, tanti sogni, e poco talento per la vita”. Commenta il regista, Giuliano Scarpinato.

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La scena, curata da  Diana Ciufo, è proprio la cameretta- simbolo di Gioia,  fatta di quei colori zuccherosi tipici delle stanze  delle adolescenti: una sorta di limbo protettivo  dove la realtà è sospesa e il mondo e la sua durezza sono solo un sottofondo fastidioso.  Solo fra queste pareti è possibile abbandonarsi ai sogni. Dalle mura pastello e dagli oblò presenti in scena, sui quali appaiono i video curati da Daniele Salaris, le illusioni e la realtà inondano la “stanza sommergibile”  della protagonista, lasciando intuire allo spettatore la  consapevolezza dei mille condizionamenti, dei tanti ricatti inespressi nel rapporto madre-figlia, che bloccano Gioia, la rendono esposta agli imbrogli – facilmente smascherabili-di un adolescente. Segni e parole, simboli e presagi di un destino al quale non si può sfuggire, perchè insito nel nucleo della propria essenza. Non a caso, proprio sullo schermo -oblo’ da cui straripa il mondo è proiettato il  brano di Heiner Muller che ha dato spunto per il titolo della nuova creazione di Scarpinato “Posso gettare ai suoi piedi il mio cuore? Se non sporca il mio pavimento”.

regia Giuliano Scarpinato
drammaturgia Giuliano Scarpinato, Gioia Salvatori
con Gabriele Benedetti , Michele Degirolamo, Francesca Turrini in video Beatrice Schiros
scene Diana Ciufo
progetto video Daniele Salaris luci Danilo Facco
costumi Giovanna Stinga visual setting Mario Cristofaro foto Manuela Giusto
assistente alla regia Riccardo Rizzo
una produzione Wanderlust Teatro/ CSS Teatro stabile di innovazione del FVG

in collaborazione con Teatro di Rifredi, Corsia OF – Centro di Creazione Contemporanea, Industria Scenica, Angelo Mai Altrove Occupato progetto vincitore “Odiolestate” – residenza produttiva Carrozzerie / n.o.t Roma

www.teatrovascello.it

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