Europa 1989 – 2019, Nuove sfide a 30 anni dalla fine del Comunismo. Alla John Cabot University a Roma

Il 1989, l’anno attorno al quale ruota tutto: il 3 e 4 giugno le elezioni, quasi del tutto libere, in Polonia e, dall’altra parte del mondo, la strage di piazza Tienanmen, a Pechino

Roma, 4 giugno 2019 – È trascorsa poco più di una settimana dalla chiusura delle urne elettorali e sono passati trent’anni dalla fine dei regimi comunisti. L’Europa, ora, è di fronte a nuove sfide, a una prova di maturità. Alla John Cabot University (JCU) di Roma, l’ateneo americano con sede a Trastevere, s’è dibattuto sui cambiamenti epocali che hanno portato il vecchio continente all’assetto attuale e sulle prospettive nel breve termine. L’evento “Europe, 30 years after 1989 and a week after the vote” è stato promosso dall’Istituto Guarini per gli Affari pubblici della JCU.

 

Tra i presenti, docenti internazionali e testimoni degli avvenimenti. In particolare,  Angela Brintlinger, direttore del Centro di studi slavi ed est-europei presso la Ohio State University. Nel 1988-89 si trovava nell’Urss di Gorbaciov come borsista. E poi Petr Mucha: prese parte alla cosiddetta  “Rivoluzione di velluto” e fu collaboratore di Václav Havel, l’ultimo presidente della Cecoslovacchia e il primo della Repubblica Ceca. Caterina Preda, del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bucarest, esperta e studiosa dei totalitarismi.

 

Il 1989, l’anno attorno al quale ruota tutto: il 3 e 4 giugno le elezioni, quasi del tutto libere, in Polonia e, dall’altra parte del mondo, la strage di piazza Tienanmen, a Pechino. È stato un anno di cambiamenti e speranze per le nazioni europee oppresse dal comunismo. Tantissime persone hanno dato la vita per la libertà e la democrazia.

 

Angela Brintlinger ha vissuto a Leningrado durante il regime sovietico. Tra il 1988 e il 1998 si trovava a Mosca, e vide le riforme di Gorbaciov, un immenso paese che stava cambiando, la pubblicazione sempre più frequente di libri non pro-comunismo, la caduta dell’Urss.

 

La Romania, come ha ricordato Caterina Preda, è passata dal regime di Ceausescu, durato dal 1965 al 1989, a ospitare il primo live di Michael Jackson, a Bucarest, nell’ottobre del 1992. Dal 2007 (anno di ingresso in Europa) al 2015, 3 milioni e 400mila romeni sono emigrati verso altre nazioni. Il numero, a livello globale, è secondo solo a quello dei siriani.

 

«Trent’anni dopo, nel mondo il comunismo sopravvive soltanto in Corea del nord e forse a Cuba, la quale sta già lentamente imboccando la via cinese e vietnamita. Però la minaccia autoritaria è grandemente aumentata rispetto all’immediato post-1989», ha spiegato il direttore dell’Istituto Guarini della JCUFederigo Argentieri.

 

L’Unione europea, adesso, è di fronte alle sfide del nazionalismo e del populismo. «È un momento difficile per la democrazia – ha sottolineato Petr Mucha  ma sono fiducioso per il futuro».

 

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