Un libro intenso in cui scienza, tradizione, cultura e fede s’intrecciano strettamente, il saggio del giovane paleopatologo messinese Dario Piombino-Mascali (Le Catacombe dei Cappuccini, C. E. Kalòs 2018 Palermo pg.111). L’opera che si presenta sotto forma di una guida storico-scientifica, ha un fascino evocativo che la riconduce sul piano della memorialistica con risvolti etnico – antropologici. L’antropologo percorre i sentieri della paleopatologia ed induce il lettore ad approssimarvisi, rendendo lieve il cammino con l’utilizzo di un linguaggio chiaro, parco di tecnicismi. Egli possiede,inoltre, una capacità affabulatoria che attrae il lettore, senza minimamente svigorire gli obiettivi del testo: far conoscere le catacombe di Palermo e i “loro” abitanti.
La perfetta sintesi tra cultura alta e chiarezza espositiva consente anche al lettore meno esperto di sapersi orientare e di comprendere il messaggio profondo del testo: l’uomo è destinato a breve vita e la mummificazione può consentire un ricordo tangibile e concreto dei grandi. Il lettore intraprende, in un mondo labirintico e complesso, un percorso luminoso. Questo mondo non fa paura ma induce serenità. La presentazione del libro scritta da Sebastiano Tusa è aerea, elegante, netta nella sua essenzialità e risulta particolarmente efficace, soprattutto, là dove il grande archeologo, da poco tragicamente scomparso, afferma che la mummificazione rappresenta un viaggio socio-culturale di grande fascino.
Infatti il volumetto è un percorso che annulla le distanze tra la vita e la morte in cui la suggestione diventa realtà e la realtà diventa divagante errare nel passato. La sintesi di questo percorso culmina in una figura emblematica, quella della bimba mummificata per volontà paterna: la bimba rappresenta una forma di palingenesi che non contrasta con la fede. L’interrogativo che si pone il lettore “divagante” è questo: fissare la vita in una forma, potrebbe addolcire il dolore di un distacco tanto temuto? Affidiamo la risposta ad un “fantascienziato”, invece attribuiamo il giusto merito ad uno studioso rigoroso che percorre scrupolosamente i sentieri della scienza.
Foscolo ha sostenuto che l’umana pietà induce a preservare il ricordo dell’estinto almeno con un “sasso” che sia contrassegnato da un nome, il paleopatologo ci introduce alla ipotetica possibilità di poter riportare, attraverso la mummificazione, l’estinto alla vita quotidiana come apparenza e non essenza.