È morto a Inverness, in Nuova Scozia in Canada, il 9 settembre 2019, il fotografo Robert Frank. Aveva 94 anni. Nato in Svizzera, a Zurigo, nel 1924, è stato tuttavia il cantore dell’immaginario Americano. È New York, infatti, che lo accoglie nel 1947 e ne lancia la carriera, muovendo i primi passi nella rivista di moda Harper’s Bazaar. Ma il successo arriva quando negli anni ’50 la Fondazione Guggenheim gli finanzia (è il primo europeo a ricevere questo riconoscimento) una borsa di studio per realizzare un progetto fotografico. Frank parte alla volta degli Stati Uniti, viaggiando in lungo e in largo per i 50 stati e realizzando oltre 20.000 scatti. Sarà un viaggio che durerà due anni e che culminerà in una pubblicazione nel 1958: The Americans, per gli americani, Les Americains, per i francesi.
LA BEAT GENERATION
Considerato tra le figure più influenti della fotografia contemporanea, nel 1959 approccia al cinema: il suo film più famoso è senz’altro il documentario dedicato ai Rolling Stones (prodotto nel 1972), ma anche i più irriverenti Cocksucker Blues e Pull my Daisy. Nel corso della sua carriera ha incontrato molti degli esponenti della Beat Generation ed è stato amico fraterno di Jack Kerouac. Pull my Daisy è infatti il risultato di queste frequentazioni. Girato con l’artista Alfred Leslie vede la partecipazione di Allen Ginsberg e proprio di Kerouac, ed è un pilastro fondativo del New American Cinema. Ma anche il mondo della musica lo acclama, da Patti Smith a Lou Reed.
LA DONAZIONE NEL 1994
L’opera di Frank attraversa molteplici periodi, ma è anche segnata dalla tragedia personale della morte dei suoi due figli. Citare le innumerevoli mostre e collezioni che hanno compreso e comprendono le opere di Frank sarebbe impossibile. Nel 1994 gran parte del suo lavoro viene donato alla National Gallery di Washington e viene creata la Robert Frank Collection. Gli sopravvive la moglie artista June Leaf. Nel 2015 la regista Laurie Israel gira il film Robert Frank – Don’t Blink, che ne racconta la storia.