Da non perdere in libreria questo autunno: "IN FONDO BRILLAVA IL MARE" DI GIOVANNA TRIMARCHI

Tra disastri e rinascite: la Città dello Stretto, raccontata dal 1908 sino agli anni ‘40.

 Il passato, sedimentato dentro la mente e il cuore dell’uomo, è un possesso individuale da trasmettere non solo ai propri cari ,ma anche a tutta la collettività  rendendola edotta su  quanto la grande storia non è in grado di raccontare. Giovanna Trimarchi, in un’età della sua vita già matura e ricca di eventi e di studi , ha realizzato il progetto di ripercorrere ,in un romanzo ( “In fondo brillava il mare” 2019 Algra Editore Catania pg267), il vissuto della sua famiglia . I ricordi germinano dai ricordi e si accatastano delineando, con grande concretezza e obiettività, circa quaranta anni di storia (dal 1908 agli anni ’40) con una  doppia scrittura.  Quella dell’io narrante memorialista che guarda al particolare della propria famiglia e quella dello storico che, con grande obiettività, focalizza gli eventi.  Tre gli scenari più significativi della vicenda: la città di Messina, la zona ionica fino alle alte propaggini prospicienti la costa e Roma, la grande metropoli della cultura e della politica. I nomi di alcune località e della maggior parte dei personaggi sono di fantasia ma le vicende sono reali. Gli avvenimenti di quegli anni sono di grande rilievo storico e documentario, i personaggi che li animano sono noti alla grande storia e a quella minuta, circoscritta, locale. L’autrice ha  questa diplopia letteraria che, da un lato, la conduce ad osservare l’ambiente alto borghese da cui proviene e dall’altro a delineare , con grande umanità, il mondo subalterno nella sua concretezza e nella sua fedeltà a valori primigeni. Il maremoto violento e disastroso che piomba di notte nel cuore della città tende ad annullare temporaneamente le distanze e fa riemergere la solidarietà di un popolo generoso, anche se  non mancano episodi indegni come ruberie e violenze. Nella generalità, il popolo messinese reagisce al disastro con l’atavica accettazione  della volontà divina ma anche con la determinazione di riedificare, al più presto,la “Nobile” città. Il maremoto del 1908 ,però, scombussola, irrimediabilmente, un assetto socio-culturale consolidato nei secoli. E’ un “monstrum” che annienta,sbaraglia, uccide; la città è frantumata, annientata, distrutta, abbandonata ma lentamente riemerge, anche se l’aspettano marosi di altro tipo. La prima guerra mondiale, pur vista da lontano, richiede  un grande contributo: giovani che non hanno mai conosciuto le terre del nord e la grande Torino, lasciano in quei luoghi la loro giovinezza incontaminata. L’era fascista, foriera di grandi disastri,porta speranze nella città ancora parzialmente baraccata  e ubriaca l’opinione pubblica con il sogno di una rinascita. La città, lentamente, rinasce dalle sue ceneri e cova sogni di gloria; la politica locale lascia spazio a “potentati” in camicia nera. La guerra è di nuovo alle porte e questa volta la città sarà duramente coinvolta.  Sono  questi gli anni in cui il mal secco imperversa nelle campagne, distruggendo l’economia agrumaria. Tuttavia, pur in mezzo ai continui marosi della vita, la famiglia si rigenera nella figura di Eugenio, giovane puro, onesto e dignitoso e di Nica ardente e appassionata. Entrambi ricostruiranno la “Famiglia” e insegneranno ai loro figli a non arrendersi di fronte alle avversità ma a trovare la forza di resistere ,guardando al luccichio lontano del mare come simbolo di  rigenerazione e di speranza. Il lascito familiare,  raccolto dall’autrice, diviene il messaggio profondo del testo .

 

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