L’AQUILA – Ogni domenica Patrizia Tocci, docente di Letteratura italiana e finissima scrittrice, regala ai lettori del quotidiano il Centro un prezioso cammeo di ricordi, emozioni, colori, frutto della sua spiccata sensibilità ed attenzione alla saggezza e alla cultura atavica della gente d’Abruzzo, spesso quella dei piccoli e remoti borghi della montagna abruzzese. E’ sempre assai piacevole e istruttivo leggere queste perle di ricordi e di bella scrittura. Recentemente è stata pubblicata la raccolta della precedente serie di contributi che si intitolava “Carboncino”. L’ha pubblicato l’editore Tabula Fati il volume “Carboncini – Sguardi e parole”, con la bella pagina di Presentazione vergata dallo scrittore Giovanni D’Alessandro. Contiene 99 scritti – forse un omaggio all’Aquila questo numero simbolico per la città capoluogo della regione, dove l’autrice ha vissuto fino a qualche anno fa – usciti in altrettante domeniche nel corso di più anni.
Attualmente la rubrica ha cambiato titolo, si chiama “La valigia di cartone” e come di consueto esce la domenica. Ieri, domenica 15 dicembre, è uscito il cammeo n.21 della serie: ricorda gli emigranti e le loro storie. Immagino l’abbia ispirato la conversazione che il 12 dicembre scorso abbiamo tenuto a Pescara, nella sede dell’associazione Italia Nostra che mi aveva invitato a presentare il mio ultimo libro “Grand Tour a volo d’Aquila”, pubblicato nel 2018 per i tipi delle Edizioni One Group. L’invito, diffuso ai soci e al pubblico attraverso la stampa, così annunciava: “L’Autore tratterà dell'emigrazione italiana e delle comunità italiane nel mondo oggi, con particolare riguardo a quelle abruzzesi, e darà notizie sulla stampa italiana all'estero e sulla sua rilevante funzione per diffondere la nostra lingua e promuovere le bellezze, le eccellenze, le singolarità e le tradizioni della provincia italiana. I racconti di viaggio di Palmerini promuovono la conoscenza di luoghi meno noti o del tutto sconosciuti all’estero, che pur costituiscono uno straordinario scrigno di meraviglie, bellezze artistiche e naturali, sapori e colori. L’incontro offrirà ai soci l’occasione di ricordare fatti, eventi e personaggi dell'Italia dentro i confini e dell'altra Italia nel mondo e di consolidare la consapevolezza che il nostro è un Paese di 140 milioni di italiani e di oltre 250 milioni di italici.”
Dopo il saluto e la presentazione del presidente della Sezione pescarese di Italia Nostra, Massimo Palladini, e la dotta relazione introduttiva in recensione al volume di Lucilla Sergiacomo, insigne saggista e critico letterario, chi scrive ha parlato a lungo al numeroso e attento pubblico intervenuto – presente anche Patrizia Tocci – dell’emigrazione italiana e dei racconti di viaggio presenti nel libro. Ma anche delle comunità italiane nel mondo che, insieme alle storie d’emigrazione, vado raccontando nei miei libri e ormai da anni pubblicando in articoli ospitati da molte testate della stampa italiana all’estero. Tanto premesso, appunto ieri nella rubrica “La valigia di cartone” del quotidiano il Centro è apparso questo scritto di Patrizia Tocci.
«Nella valigia di cartone ci sono tante storie e il suo peso a volte è leggero, a volte no. Raccoglie storie di generazioni, di naufragi, di partenze e di ritorni: una Italia in giro per il mondo, nella speranza di una vita migliore, in tante ondate della storia nazionale. In famiglia, quasi tutti abbiamo avuto emigranti. La mia zia materna era emigrata con la sua famiglia in Argentina. Tornarono una volta in Italia e le ricevemmo, in un piccolo paesino di montagna, con tutti i riguardi che si dovevano ad ospiti tanto famosi abitanti di mondi a lungo favoleggiati. Si stima che milioni siano gli italiani partiti, e che con grande fatica si sono integrati nelle varie comunità locali e nazionali. C’è chi a queste partenze e ritorni ha dedicato molti libri, come Goffredo Palmerini. Libri che non sono solo carta, ricerche, pagine: ma sono pieni di storie con nomi e cognomi, visi, nostalgia delle origini e orgoglio per chi è riuscito a ricostruirsi un mondo. Riannodano i fili tra comunità abruzzesi e non solo, lontane nel tempo e nello spazio, assolvono ad una funzione di rammendo tra le esistenze rimaste qui e quelle che hanno sfidato l’oceano, i pregiudizi, il destino per costruire una alternativa, declinare il futuro. Non più solo la valigia di cartone, ma ormai moderni strumenti tengono insieme le comunità: persino l’uso dei social contribuisce a tessere questi fili. Tirano sempre questi ami, nelle festività che si approssimano e che vorremmo potessero riunire tutti quelli che ci appartengono e non ci sono. Emigranti oggi spesso anche i nostri figli, per lavoro, per studio in un mondo liquido e globale. Chi, come Palmerini, consegna alla pagina scritta queste storie, ha il grande merito di ricostruire un tassello necessario della grande Storia, perché venga salvato ed affidato a occhi buoni ed umani che vogliano comprendere la fatica e la sfida di ogni viaggio per dare un senso nuovo, giusto alla parola “straniero”.»
L’autrice, annunciandone l’avvenuta uscita, lo ha pubblicato in un post sulla sua pagina Facebook, al quale ho aggiunto il commento che qui di seguito si riporta, argomentando sulle spigolature del suo bellissimo cammeo: in nuce è una sintesi e una sottolineatura delle argomentazioni che ho svolto nel corso dell’incontro, tenutosi recentemente a Pescara e che sarebbe stato lungo qui riferire integralmente.
«I tuoi cammei nella "Valigia di cartone" – e già i precedenti "Carboncini" – sono perle di memoria, di sentimenti, di emozioni non represse, di storie passate della nostra gente, dense di valori ancestrali, di schiettezza e di tenerezza, anche nella durezza dei tempi che ne furono contesto. Un distillato di cose, tradizioni, fatti e persone autentiche, semplici, forti e ricche dentro, sebbene vissute nella povertà dignitosa che ha accompagnato gran parte degli italiani fino al boom economico degli anni '60 del secolo scorso. Dunque, sempre straordinari i tuoi cammei. Quello di oggi (ieri, ndr) per me lo è un po' di più perché parla di emigrazione e degli emigrati italiani in ogni angolo del mondo, 30 milioni di nostri connazionali delle cinque generazioni della nostra Grande Emigrazione che lasciarono il Paese per un mondo loro sconosciuto, ora diventati 80 milioni di oriundi. Con il loro talento e la loro laboriosità hanno dato, la gran parte, lustro e onore alla terra d'origine. Hanno mostrato il volto più bello dell'Italia, facendo conoscere nei Paesi d'accoglienza di quale pasta fosse fatta la gente italiana. Molti di loro eccellono nell’imprenditoria, nelle professioni, nei centri di ricerca, nelle università, nelle arti e nello spettacolo. Diverse centinaia sono nei Parlamenti e alcuni in posizione di primo piano nei Governi, tanti hanno ruoli significativi e prestigiosi nelle istituzioni pubbliche e nelle amministrazioni degli Stati.
Queste cose, e queste storie, racconto nei libri che ho cominciato a scrivere dal 2007, lasciati gli impegni di amministratore civico al servizio alla comunità aquilana, che ho avuto l'onore di prestare per oltre trent'anni nella città “capitale” dell’Abruzzo. L'attenzione di Patrizia Tocci verso i miei libri, nella lettura e in recensione, mi onora. E questo cammeo odierno, che cita il mio nome e la mia attività di scrittore attento al fenomeno migratorio, incoraggia ancor più la mia dedizione nel seguire questa parte della nostra storia così ancora negletta, inesplorata, poco conosciuta. Quando invece dovrebbe diventare parte essenziale della nostra Storia nazionale, così ricongiungendo l’Italia dentro i confini con l'altra Italia fuori, mostrando un Paese di 140 milioni d'Italiani che si conoscono e riconoscono in una storia comune. Questo deve accadere, facendo entrare la Storia dell'emigrazione nei libri di storia delle nostre scuole, nei programmi di ricerca e di studio delle nostre Università. Grazie Patrizia Tocci!
Ho parlato di queste cose recentemente a Pescara e ancora prima in tante città italiane e all'estero, presentando l'ultimo mio libro uscito l'anno scorso in dicembre "Grand Tour a volo d'Aquila". Ne tornerò presto a parlare nel mio prossimo libro, il nono, nella primavera prossima.»