Quando nel 1818 Jeremy Bentham coniò il termine cacotopìa, che nel 1868 il filosofo John Stuart Mill trasformò in distopia non si poteva immaginare che tale evento potesse avere una connotazione storica realmente vissuta nel XXI secolo.
Gli “Appunti tra distopia e realtà” che il giornalista e scrittore Federico Cenci ha pubblicato nel pamphlet “Berlino est 2.0” (Eclettica edizioni) raccontano, come in una sequenza di video, quanto è accaduto nei settanta giorni di lockdown che da marzo a maggio hanno bloccato la vita degli italiani.
L’immagine di copertina, il colore rosso cupo con i segni-simbolo di colore nero e bianco proietta il lettore in un contesto oggi lontano, ma tristemente veritiero, leggendo i fatti di cronaca giornaliera in una trasposizione storica contestualizzata nella Germania dell’Est e nell’immaginifica città di Berlino, prima del 9 novembre 1989, data storica della caduta del muro.
Come afferma l’Autore “all’indomani del DPCM che rendeva restrittive le misure di contenimento e di prevenzione dell’epidemia di coronavirus mi sembra di essermi ritrovato in una “Berlino Est 2.0”
La negazione delle libertà individuali, la chiusura delle scuole, dei negozi, delle Chiese; le strade deserte, le piazze vuote, il ritmato mantra: “Non uscire di casa”, “#io resto a casa”; i diktat dei divieti; le norme prescrittive assillanti e ripetute in ogni edizione di telegiornale; lo slogan “Andrà tutto bene” hanno bloccato la vita degli italiani per ben 70 giorni.
In quei giorni ha preso il sopravvento in maniera dominante il web, unico strumento di comunicazione, utilizzato anche per la didattica a distanza, per gli incontri aziendali, per le Messe trasmesse in streaming, sotto il dominio della televisione che ogni giorno alle ore 18 trasmetteva, quasi un bollettino di guerra, il numero dei contagiati e dei deceduti.
L’azione preventiva imposta dal Governo, secondo le indicazioni della task force sanitaria e della Protezione civile, ha chiuso la bocca agli italiani, provocando un clima di terrore e di ansia, ha segnato con le rigide norme di “distanziamento fisico”, erroneamente definito “sociale”, profonde barriere di distacco, di paura e di sospetto.
L’uso delle mascherine e degli ausili di protezione personale, le lunghe file ai supermercati, unica possibilità di uscire da casa, solo una volta al giorno, e nelle vicinanze, potendo andare soltanto anche a comprare il giornale, le medicine e le sigarette, hanno generato in molti la “sindrome della capanna”, modificando il modo di salutare, gli stili di relazione, vietando non solo gli abbracci, ma anche la semplice stretta di mano, e aggiungendo al distanziamento fisico il sospetto “poliziesco” nei confronti dell’altro.
I tradizionali “capitoli” che compongono un libro, vengono sostituiti in “Berlino Est 2.0” da “Appunto 1,2,3, fino a 25” e come tanti piccoli video vengono descritti i diversi momenti della vita degli italiani durante la pandemia Covid-19: le piazze e le strade deserte; le saracinesche abbassate, le canzoni dai balconi, la ginnastica in terrazza; le messe clandestine; le contravvenzioni per mancata autocertificazione; le interminabili trasmissioni “scientifiche” che hanno plagiato i comportamenti; i “monologhi” del Presidente del Consiglio a “rete unificate” e “densi di retorica”, con annunci formulati al futuro; la spesa al supermercato; le “sentinelle civiche del web”, i controlli degli elicotteri; le “app immuni”; la droga digitale; i parti solitari; i funerali senza riti e i camion di bare; gli acquisti on line; il calcio e le spiagge.
Nel volume i racconti romanzati con garbo e raffinatezza di stile giornalistico hanno come sfondo storico di riferimento le rigide regole della “Repubblica Stella Rossa”, del “Mega Partito”, dell’Ucon (Unione di contrasto alle opinioni non allineate), ma, tra le righe viene descritta la “cronaca” dei primi giorni della pandemia, destinata a diventare “storia”.
Nell’introduzione Alessandro Sansoni, direttore di Culturaidentità, ha evidenziato il terrorismo mediatico del web che, puntando i tasti sulla salute, ha prodotto un’efficace propaganda persuasiva, a scapito delle dimensioni economiche, affettive, culturali, spirituali, sociali e s’interroga se le misure emergenziali possono mortificare la consapevolezza critica, la nostra dignità e le nostre libertà”.
L’Appunto n. 25, riproponendo l’ambientazione dell’Appunto n.1: “Ore sette del mattino, lo specchio, l’aria frizzante”, con il titolo ”Il nuovo inizio” sembra quasi voler proiettare il lettore in mondo nuovo e originale “dopo il coronavirus”, tappa miliare della storia universale e solco profondo di modifiche relazionali e sociali.
La realtà immaginaria del futuro, resa prevedibile sulla base dei rischi e dei danni ricevuti, esperienza imprevista, inattesa, e indesiderabile si contrappone all'utopia del benessere e assume le caratteristiche della distopia, sognando un'ipotetica società nella quale alcune espressioni sociali e politiche, o alcune condizioni ambientali e tecnologiche, alcuni modelli di “didattica a distanza” e di “smart working” , sono state portate al loro limite estremo ed elevati a modello innovativo di sviluppo e di progresso.
Il dado è tratto, sarà difficile ritornare come prima, ma saremo migliori?
La ripresa è segnata da insistenti raccomandazioni: “Non cantare vittoria”, “il pericolo è dietro l’angolo”, “ne muore una ogni minuto” e l’orizzonte della serenità appare lontano e non si misura con il metro del distanziamento.
Il messaggio di Belino Est 2.0 penetra nel cuore, aiuta a pensare, sollecita sentimenti, emozioni, stati d’animo profondamente vissuti e capta l’attenzione del lettore che, quasi d’un fiato scorre le pagine del “durante la pandemia” e quando giunge alla fine si sente protagonista e attore del dopo, ancora da inventare.