La terra parla in mille modi diversi, l’importante è saperla ascoltare con l’antica saggezza del contadino, con lo sguardo alle viti, alla terra e al cielo. Poi c’è la tecnica, l’innovazione, la tecnologia che accompagna tutto il saper fare di chi il vino lo ama veramente, ne immagina come in una visione le note odorose di ogni annata, che raccontano di stagioni, di piogge e di sole, di fatica, di mistero e passione. Qui in Irpinia il vino è vita, è speranza, è il sangue di una terra antica.
Sangue, segreto o destino, all’Azienda Agricola ‘La Casa dell’Orco’ di Pellegrino Musto (www.lacasadellorco.it), a San Michele di Pratola Serra (AV), il vino è un racconto di eccellenza, che affonda radici profonde nella terra nera, tra pietre antiche e alberi di nocciole.
“Siedi con me, apriamo il vino della vite sanguigna / Questa è la casa dove è acceso il fuoco”. La forza del vino irpino è in questi versi di Giuseppe Antonello Leone, perché nella terra invasa di verde la potenza simbolica del vino dice relazione, parla di verità semplici, custodite dal fuoco del massaro e dalla libertà di gente che sa fare il pane. Qui a tavola si mette sempre il bicchiere dell’accoglienza e si esce per i territori anche quando il tempo non accompagna. I buoni calici portano le voci dei fiumi ma anche lotte di uomini, storie profonde come quella di un visionario, l’avvocato Musto, un uomo saggio che ha trasmesso ai figli gli antichi segreti per ottenere quei bianchi e rossi che scaldano il cuore al tempo dell’incontro.
“Il vino è passione- spiega Massimiliano Musto– ma è anche un’arte che si impara ascoltando la terra. La vigna ha bisogno di cura: il segreto è unire la pazienza dei contadini con le più moderne conoscenze enologiche. Raccogliamo le uve a mano e mettiamo in campo le più avanzate tecniche per valorizzare quei grappoli attesi dopo l’inverno. Il processo di lavorazione deve liberare una potenza di gusto e aromi che è già scritta in queste viti antiche, portando in bottiglia solo il meglio, perché il vino è salute ma anche un segno di speranza, soprattutto in questi tempi di sofferenza causati dal Covid-19”. “Nella nostra azienda -prosegue l’enologo- la vigna è tutto e i lavoratori sono parte della famiglia. Lavoriamo per un progetto: migliorare sempre la qualità del nostro prodotto. Ogni ricerca e attività è finalizzata a centrare questo obiettivo. I nostri vini accompagnano ogni momento della vita ma soprattutto -rimarca Massimiliano Musto- vogliamo leggere il sorriso sui volti di chi viene nelle nostre cantine chiedendoci di mettere da parte qualche bottiglia. Il mercato viene dopo le persone”.
Il nome dell’azienda trae origine dall’omonima località sita nelle campagne della frazione San Michele, tra Pratola Serra e Montefalcione, dove è ancora possibile ammirare, in prossimità di uno dei vigneti della Cantina identitaria, un maestoso monumento megalitico costituito da tre pietre alte circa cinque metri e larghe due, infisse nel terreno una accanto all’altra secondo una disposizione denominata dagli archeologi “menhir alignment”. La scrittrice e pittrice lucana Maria Padula vi ambientò il racconto ‘Tartarino’ (1960) narrando di come Silpa, pastore irpino che aveva sposato Matulpa, liberasse con le sue frecce gli abitanti della zona dalla ferocia di Cronopa, l’Orco che chiedeva sacrifici umani.
Da sempre la famiglia Musto sa campare, e vanta antichissime tradizioni nel campo della viticoltura. Con il tempo e una precisa strategia di investimenti mirati alla qualità del prodotto, ha saputo cucire tradizione e innovazione, come fanno i contadini legando il salice alle viti. Dal 1993 valorizza i suoi prodotti trasformandoli direttamente nella nuova cantina realizzata presso il centro aziendale, dove le più avanzate tecniche permettono di conferire uno speciale risalto ai profumi e agli aromi dei vini d’Irpinia. Si riconferma così tra le eccellenze enologiche ‘La Casa dell’Orco Taurasi Docg’, frutto della vinificazione di uve dell’antico vitigno Aglianico dei colli d’Irpinia, subisce un invecchiamento minimo di tre anni, di cui almeno uno in botti di rovere. Ha un colore rosso rubino che acquista riflessi arancioni con l’invecchiamento, un odore caratteristico e intenso, sapore pieno, armonico e persistente. Un vino definitivo, perché il Taurasi è il vino del tempo lungo, dei chiarimenti al chiaro di luna, dell’amore che resta. Consigliato sulle pietanze di selvaggina e arrosti, stappando la bottiglia qualche ora prima per far respirare il vino e lasciargli la parola.
Da scoprire sono anche gli vini prodotti da ‘La Casa dell’Orco’: Aglianico Doc, Aglianico Igt, Falanghina, Coda di Volpe Doc, Fiano di Avellino Docg, Fiano Igt, Greco di Tufo Docg e Greco Igt. Estesi su una superficie complessiva di circa 30 ettari, i vigneti si trovano in zone collinari nei comuni di Pratola Serra, Montefalcione, Lapio, Prata P.U., Santa Paolina e Tufo. L’allevamento è a spalliera, il sistema di potatura quello classico del Guyot. La vendemmia viene eseguita a mano, in cassette, secondo il metodo tradizionale. Le uve vengono subito trasportate in cantina e immediatamente vinificate sotto la direzione dell’enologo Massimiliano Musto.
Il Fiano Di Avellino Docg è un vino di straordinaria eleganza, armonico, dal sapore di nocciole tostate. Servito alla temperatura di 8-10 °C, si accompagna a piatti di pesce, crostacei e frutti di mare. Coda Di Volpe Doc, ottenuto dall’omonimo vitigno nobile di epoca romana, trova il suo habitat ideale sulle colline dell’Irpinia. Di colore giallo paglierino, ha un profumo assai gradevole, sapore delicato. Alla temperatura di 8-10 °C si sposa a pietanze di pesce e a carni bianche. L’Aglianico Doc, invece, subisce un invecchiamento di 6-8 mesi in botti di rovere e viene commercializzato solo l’anno successivo alla vendemmia. E’ un vino robusto, che fa storia. Nella terra dei lupi, dove spesso la saggezza parla con i proverbi dei contadini, l’Aglianico della ‘Casa dell’Orco’ è un altro bicchiere contento.