Docente, giornalista e politico, ha condiviso la sua vita tra Molise, Piemonte, Madrid e il mare di Roses
L’AQUILA – E’ rimbalzata dalla Spagna venerdì sera, 4 dicembre, la ferale notizia della scomparsa di Giuseppe Di Claudio, con un laconico messaggio di Alvaro Fabra, un amico fotografo di Madrid che alla notizia secca della morte aggiungeva una promessa “non lo dimenticheremo mai”. Era da qualche giorno che Beppe (così per gli amici) non rispondeva a telefono. Sabato mattina ho cercato conferma, per sapere come e dove. La figlia Clemen, in una lunga telefonata, mi ha detto che il suo papà è morto serenamente, nella sua casa di Chieri e nel calore della famiglia. Nelle settimane precedenti aveva avuto l’assistenza sanitaria domiciliare. Quasi un dono della provvidenza. Non accettato per mancanza di posti letto all’Ospedale Maurizianogravato dalla pandemia, dove da tempo egli curava i postumi d’un delicato intervento chirurgico, era dovuto restare a casa. Ha così potuto avere l’attenzione premurosa di sua moglie Anna, dei figli Clemen e Gianluca, dell’amatissima nipotina Ginevra.
Giuseppe Di Claudio è stato un ponte di relazioni culturali tra Torino e Madrid in seno alla comunità italiana, numerosa nella capitale iberica. Ma anche in Catalogna, dove Beppe aveva il suo buen retiro, una casa che dominava la baia di Roses, con vista sul mare della Costa Brava. L’anno scorso, a Roses, era stato candidato dal Partito Popolare al Consiglio municipale. Aveva raccolto 671 voti, non sufficienti per l’elezione ma un bel risultato personale a riscontro della stima goduta nella cittadina catalana. Persona di grande cultura, empatia e sensibilità, affabile e immediato nelle relazioni che egli coltivava con cura e semplicità,senza i fronzoli delle convenzioni, Beppe ha saputo costruire, in Italia e poi in Spagna, una fitta rete di affinità elettive che hanno accompagnato la sua fervida capacità d’iniziativa e di coinvolgimento culturale. Questo scritto vuole essere un sintetico ricordo della sua straordinaria personalità, per quanto egli rifuggisse ogni forma di ufficialità e apparenza.
Giuseppe Di Claudio era nato il 4 settembre 1947 a Trivento, in provincia di Campobasso. In Molise, nel Seminario diocesano, aveva fatto le scuole medie e gli studi liceali. Lasciato il Seminario, nel 1966 aveva scelto ad Urbino l’ateneo fondato da Carlo Bo per seguire gli studi universitari, per poi laurearsi in Lettere. Tornato in Molise, dopo la laurea, Beppe fece la sua prima esperienza in politica, eletto consigliere comunale a Trivento con una lista civica. Seguì l’abilitazione all’insegnamento e l’entrata in ruolo come docente di materie letterarie. Quindi il trasferimento in Piemonte, a Chieri, per andare ad insegnare all’Istituto Tecnico Commerciale “B. Vittone”.Profondo radicamento nella dottrina sociale della Chiesa, da giovanissimo Beppe Di Claudio aveva aderito alla Democrazia cristiana. Sul finire degli anni Settanta divenne Segretario della Sezione Dc di Chieri, poi Segretario di Zona. Nel 1980 fu eletto Consigliere comunale e, riconfermato nel 1985, entrò in Giunta come Assessore ai Lavori pubblici per un intero quinquennio. Si distinse promuovendo una forte campagna per il recupero architettonico delle facciate del centro storico di Chieri e per il varo del Piano Colore dei palazzi, in collaborazione con la Facoltà di Architettura di Torino, vincendo non poche difficoltà perl’avvio dei primi cantieri. Notevole il suo impegno per portare all’approdo la nascita del Consorzio per la raccolta e la gestione dei rifiuti urbani e per la realizzazione di un innovativo impianto di trattamento. Per molti anni fu poi al vertice della Inser, la società pubblica che gestiva i parcheggi e il ciclo dei rifiuti solidi urbani.
Chi scrive ha conosciuto Beppe attraverso l’attività giornalistica e la collaborazione con il giornale online Mare Nostrum, che egli aveva fondato in Spagna e del quale era direttore. Queste annotazioni sono ciò che mi resta delle tante conversazioni avute con lui nelle quali mi raccontava i fatti e gli eventi più significativi. Come l’incontro della sua vita, con Anna, diventata sua moglie, bellissima donna spagnola che tanto ama l’Italia. Forse per reciprocità nell’amore di Anna verso l’Italia, nella seconda metà degli anni Novanta Beppe decise di trasferirsi in Spagna, a Madrid. Importante il suo contributo in seno alla comunità italiana, la collaborazione con il Comites e con le rappresentanze diplomatiche, Ambasciata e Consolato d’Italia, per dare soluzione ai problemi dei nostri connazionali, ma soprattutto nel promuovere molte attività culturali e sociali, delle quali gli viene dato ampio riconoscimento. Notevole il suo impegno come giornalista e addetto stampa, ma anche attraverso la testata onlineMare Nostrum, che egli fondò e che ha diretto fino a qualche mese fa, un utile strumento di comunicazione e di rafforzamento dell’identità della comunità italiana, anche nelle relazioni con le regioni di provenienza.
Le sue origini molisane, ma anche abruzzesi che al pari sentiva per essere stata un’unica regione fino al 1962, per Beppe sono state lo stimolo per far nascere, attraverso il Centro Studi Terre Molisane di cui era presidente, il Premio internazionale di Giornalismo “Gaetano Scardocchia”, riservato a giornalisti della stampa italiana all’estero e intitolato all’insigne giornalista“molisano per le vie del mondo”, per essere stato inviato e corrispondente dall’estero di prestigiose testate (il Giorno, Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa), indimenticato direttore del quotidiano torinese La Stampa, morto prematuramente a New York nel 1993. Di Gaetano Scardocchia, all’indomani della morte, Vittorio Zucconi scrisse tra l’altro: “[…] Non c’era nulla che questo molisano straordinario non sapesse fare benissimo. Non c’è nulla che non abbia fatto benissimo, e sempre con il patema d’animo di non riuscire ad essere all’altezza della misura che lui stesso si imponeva. In quest’epoca di giornalismo vanaglorioso e cialtrone, di schiaffi e di parolacce in televisione, Gaetano Scardocchia era l’eccezione. Era la testimonianza che si può essere grandi, importanti, rispettati anche senza distribuire spazzatura, anche senza avere amici politici, santi protettori, sponsor che tirano la volata. Per questo, ieri pomeriggio, su un marciapiede di Manhattan non si è afflosciato soltanto un uomo, che già sarebbe una perdita terribile come per ogni uomo che muore, ma una persona onesta. Un giornalista onesto. Uno di quelli che ti rendono orgoglioso, per una volta, di essere insieme a un italiano e a un giornalista.”
Giuseppe Di Claudio del Premio Scardocchia ha promosso e organizzato quattro edizioni. La prima, tenutasi a Madrid nel 2009, premiò il giornalista e saggista Giorgio Silvestri, autore del volume “I media della diaspora italiana. Dal bollettino al blog”, edito da Mare Nostrum, una compiuta riflessione sul valore della stampa per le comunità italiane nel mondo, quale strumento di promozione culturale e di valorizzazione delle radici. Il tema del fenomeno migratorio italiano è stato costantemente presente nelle attenzioni di Giuseppe Di Claudio, tanto da farne argomento di riflessione nelle successive edizioni del Premio, nel 2011 a Berlino, quindi poi nella terza e quarta edizione, nel 2017 e 2018,tenutesi entrambi ad Ostana (Cuneo), incantevole Borgo occitano – classificato tra i più belli in Italia – situato ai contrafforti del Monviso.
Un piccolo comune che l’emigrazione aveva spopolato, ma che nell’ultimo decennio, grazie a Giacomo Lombardo, un sindaco eccellente e “visionario”, ha potuto intraprendere la sua splendida rinascita.
Beppe scelse proprio Ostana per tenere gli ultimi due premi, per riflettere sui temi della sostenibilità ambientale e del turismo di ritorno, dell’emigrazione, della rivalutazione dei piccoli borghi, della funzione della stampa italiana nel mondo e dei nuovi linguaggi della comunicazione. Con Cecilia Cotti, Stefano Sabatino nella giuria e lui presidente, nel 2017 decisero di conferire il Premio a chi scrive, motivato con le numerose e feconde collaborazioni con la stampa italiana all’estero, e nel 2018 a Letizia Airos Soria, direttore del network i-Italy di New Yorkper il rilevante ruolo svolto nell’innovazione del linguaggio giornalistico e della multimedialità dell’informazione. Due indimenticabili edizioni del Premio che consentirono, negli anni della preparazione, di farmi conoscere Beppe assai da vicino, di poterne apprezzare le incomparabili doti organizzative, di conoscerne il valore culturale ed umano, i princìpi etici, la straordinaria sensibilità. E la semplicità del tratto, capace di aprire immediati canali di dialogo con tutti.
Compresi anche il perché della scelta di Ostana per celebrare un evento importante come un Premio internazionale di Giornalismo, che aveva tenuto in due capitali europee le prime due edizioni. La ragione stava nelle riflessioni tenute nei convegni che precedevano la premiazione, che lontano dal parossismo e dal rumore delle grandi città si erano svolte con eccezionale efficacia ed attenzione. Capii anche l’amore che Beppe nutriva per quei luoghi ricchi di natura e di silenzio, di bellezze sublimi ed austere,come quella del Monviso, il Re di Pietra, quella dei verdi pascoli di Pian del Re, laddove gorgheggiano le sorgenti del fiume Po. Su quei sentieri di montagna Beppe andava a camminare, mentre in una piccola casa di pietra e legno aveva alloggio per e le sue letture e i suoi riposi solitari, giacché sua moglie Anna soffriva l’altitudine di Ostana e non poteva seguirlo. Comprendo ora la scelta, ultima delle sue volontà, di tornare lassù nelle sue ceneri, in mezzo a quel magnifico Creato fatto di boschi, cime vertiginose e l’azzurro immenso del cielo, dove la sua dimensione spirituale di cristiano autentico, uomo di fede e di testimonianza vera, di gesti d’amore verso il prossimo, specie verso gli ultimi, trovava le giuste frequenze per elevare a Dio la sua preghiera e il suo ringraziamento.
Serberò per sempre la sua forte testimonianza e la composta serenità mantenuta negli ultimi due anni, complicati dai suoi problemi di salute. Non aveva paura della morte, Beppe, era sereno e pronto per quando fosse arrivata. Così mi aveva confidato. Intanto la sua quotidianità non si fermava in un’attesa sterile, ma continuava pensando e organizzando il futuro. Uno straordinario esempio di coraggio e di dignità. In un post sulla sua pagina Facebook, qualche settimana fa, menzionava le parole che Francesco d’Assisi disse al suo medico: “Non avere paura di dirmi che la morte è vicina, perché essa è per me la porta della vita”.Non credo sia stato casuale per Beppe richiamarle, lui che aveva sempre modo di fare le citazioni giuste in ogni occasione.
Profonda commozione ha destato la notizia della sua dipartita. In Spagna, è il Presidente del Comites di Madrid Pietro Mariani ad esprimere i sentimenti della comunità italiana. “Apprendo adesso la triste notizia. Beppe era un caro amico. Un italiano che in Spagna aveva creato la sua famiglia e vissuto parte della sua vita. Collaboratore instancabile per anni del Comites di Madrid e promotore di tante iniziative culturali tra i due Paesi, Italia e Spagna. A mio nome e della mia famiglia, e come Presidente del Comites a nome di tutto il Consiglio, giungano le nostre più sentite condoglianze a tutti i suoi cari”. E il suo amico fotografo d’arte Alvaro Fabra, da Madrid scrive: “Oggi se ne è andato Giuseppe, un grande amico, una grande persona, italiano di nascita e spagnolo di adozione, uno dei nostri, uno dei migliori, un maestro, un genio in tutte le sue sfaccettature, sempre disponibile, tenerissimo e generoso. Ci ha insegnato ad amare l’Italia, con le camminate per Aosta, le passeggiate per Torino, la Ferrari, il Martini, le partite di calcio, i risotti con il tartufo, i pasti a mezzogiorno a casa sua, accompagnati da vini Barolo, i panettoni a gogo, le feste all’Ambasciata e così via. Te ne vai troppo presto, ma sarai sempre nel nostro ricordo, lasciandoci una tristezza che penso non riusciremo mai a superare. Riposa in pace amico e vola alto, i cieli delle Alpi ti aspettano, noi non ti dimenticheremo mai.”
Molto belle le parole che Tullio Farina, un suo amico di Trivento, compagno di studi e di gioventù, gli ha scritto in un lungo e toccante messaggio, del quale riporto uno stralcio: “[…] Non ti nascondo che con te va via anche una parte della mia vita vissuta insieme a te con le battaglie politiche condotte su opposti fronti che ti portarono a ricoprire la carica di consigliere comunale di Trivento in una lista civica, denominata ” La Campana ” che ti procurò l’appellativo di campanaro. Mai però tali battaglie hanno intaccato e diminuito la nostra amicizia, che è rimasta sempre solida nel corso del tempo. In estate, in quei pochi giorni in cui tornavi a Trivento, era un piacere parlare con te e ricordare tutto il nostro passato. Sapendo che a te piacevano i libri di storia locale mi preoccupavo sempre di farteli trovare. Da quello che hai postato su Facebook in questi ultimi giorni ho capito che qualcosa non andava e ho cercato telefonicamente di rincuorarti, ma mai avrei potuto immaginare che saresti andato via in punta di piedi. Sei sempre stato una persona affabile, comunicativa, disponibile con tutti e brillante in ogni tua iniziativa, sia essa professionale che sociale, come quella del premio internazionale “Gaetano Scardocchia“, che ti ha visto più volte presidente della commissione giudicatrice. Sei sempre stato lungimirante, al passo con i tempi ed aggiornato su tutto. Nulla sfuggiva alla tua attenzione. Da oggi rivedrai il tuo amico Lucio Dalla che sicuramente ti starà aspettando in cielo per qualche altra conversazione, così come in quella foto che hai sempre conservato gelosamente. Anche se hai lasciato Trivento per motivi di lavoro, lo hai sempre portato nel cuore con le sue tradizioni, tanto da improvvisarti molte volte come cuoco dei di piatti tipici paesani, che puntualmente postavi su Fb. Lasci su questa terra un vuoto incolmabile in tutti coloro che ti conoscevano e ti volevano bene; io con te poi ho perso il mio migliore e più ironico interlocutore sulla pagina Fb che tu sapientemente sapevi amministrare. Mi mancheranno tantissimo le tue citazioni, le tue notizie dell’ultim’ora, le foto delle tue escursioni alpine e marine e le reciproche battute ironiche che ci scambiavamo come due giocatori di tennis. Sono certo che mancherai solo fisicamente, perché il tuo spirito sarà sempre vicino alle persone a te care, tua moglie, tua figlia e a tutti quelli a cui tu hai voluto bene. Rimane di te una eredità di affetti così straordinaria che ti consentirà di vivere quotidianamente in mezzo a noi. Buon viaggio e addio,indimenticabile Peppino”.
Tante altre testimonianze significative, tra esse il pensiero scritto da Letizia Airos da New York: “Dire che lo ricordo con stima e affetto è troppo poco. Una persona gentile, un uomo colto, un giornalista corretto, legato ad un’etica che purtroppo spesso non c’è più. L’ho incontrato nel borgo di Ostana per il Premio Scardocchia che lui aveva creato, un vero onore riceverlo. Un onore poi passeggiare con lui sotto l’ombra del Monviso, bere un bicchiere di vino parlando del suo Molise. Tutto sempre insieme al nostro amico Goffredo Palmerini”. Beppe lascia una grande eredità morale, orgoglio e valore inestimabile per la sua famiglia. Noi siamo lieti e fieri di averlo conosciuto, amato e stimato. “Pulvis et umbra sumus (Orazio)”. Noi siamo polvere e ombra, così Beppe aveva scritto in un post recente. Polvere che tornerà sul Monviso amato, ma la sua memoria resterà viva per sempre.