Intensa, drammatica, ricca di pathos, la silloge poetica di Maria Grazia Genovese ( “SUTTA ALL’OCCHI DI SCILLA E CARIDDI”, Samperi Editore, Messina 2020 pg. 126) evoca, con profonda malia, leggende e storie che hanno come scenario lo stretto di Messina, in cui acqua e terra si fondono in uno stretto connubio. Il sottotitolo della raccolta (“Poesie nella parrata missinisi”) evidenzia l’utilizzo del vernacolo messinese con traduzione a fronte, il che agevola la lettura senza togliere il fascino di una lingua dialettale avita e ricca di storia. Il lettore potrà quindi con facilità addentrarsi nel testo, riuscendo anche a carpirne l’armonia segreta che viene fuori dal dialetto siciliano, prima lingua poetica della letteratura italiana. Il diffuso scambio vocalico di u al posto di o e di i al posto di e ( ad esempio: niru per nero; rividuno per rivedono; russu per rosso) e il raddoppiamento delle consonanti(ad esempio: vogghiu per voglio; libberi per liberi; llurdati per lordati) rafforzano il pathos e la vis poetica del testo. Particolare intensità deriva anche dall’utilizzo di termini desueti ma fortemente evocativi:”Comu la notti,/ ’cussì è la morti”/ penza lu poviru piscaturi,/ meravigghiannusi du so’ pinzeru:/ “Puru lu mari/ è nu tabutu”(“Come la notte,/così è la morte”/pensa il povero pescatore,/meravigliandosi del suo pensiero:/”Pure il mare/è una bara”). Il dialetto come voce autentica della poesia, fa emergere un mondo ancestrale , lontano da ogni forma di finzione letteraria.
Mare e terra sono strettamente intrecciati nello stretto. Un’osmosi che è una sorta di connubio amoroso che talvolta sconfina in un violento abbraccio: il mare s’innalza vigoroso a fecondare la terra che lo riceve palpitante ma spesso incapace di sostenerlo. Tra gli abitanti marini, spiccano le sirene e le fate: le prime sono simulatrici e maliarde, pronte a carpire la buona fede degli ardenti pescatori che dimenticano le fedeli innamorate pur di suggere il desiato miele che viene loro offerto e che è, invece, solo tranello di morte. Morgana è invece una fata” è ‘na scintilla” di luce, un incanto che dura poco ma serve a gratificare coloro che la osservano ammirati e le credono quando lei dice che “è d’argentu, oggi, lu Strittu di Missina”. C’è anche Peloria, la terra madre, emblema dell’ immortalità dei luoghi e destinata anch’essa a non morire. Oltre alle affascinanti storie di tradizione popolare, nel florilegio di Maria Grazia, trovano luogo anche eventi storicoleggendari e calamità catastrofiche, come la vicenda delle due eroine Dina e Clarenza che, di guardia sui bastioni della città, salvano il popolo dai “Bruti Angioini”. Non manca il riferimento ad un evento epocale di estrema drammaticità: il disastro del 28 Dicembre del1908 , lo sconvolgimento di mare e terra che segna la rovina della città. L’evento viene ritmato dal suono delle campane a martello evocate nei versi:” La campana sona di lu funnu…. avvisa chi lo mari ingrossa…… non c’è chiù unni scappari… sutt’acqua a subissari…silenzio supra u mari.”( La campana suona dal fondo…/avvisa che il mare s’ingrossa/… non c’è più dove scappare/sott’acqua a subissare/…silenzio sopra il mare.)Altre liriche evidenziano il fascino della natura nelle diverse stagioni, il colore intenso dei fiori, oppure curiosità siciliane come l’ iniziativa di una suorina di Palermo di addobbare di frutta martorana gli alberi del giardino del convento(ormai spogli di frutta) per l’arrivo dell’arcivescovo. Il lettore viene coinvolto in un mosaico di storie, di sensazioni e di immagini. Spicca tra tutte le liriche il poemetto “Posedeia” che è un capolavoro di maestria perché riesce a stigmatizzare il mondo sommerso dei riti magici, delle formule liberatorie, del potere dell’occulto che, nei secoli scorsi, ha indotto a feroci cacce alle streghe di cui le cronache antiche riportano numerosi riferimenti. La morte sacrificale di un innocente viene evitata per l’intervento di una donna di fede, mentre la maga scomparirà nell’acqua ribollente. Un messaggio sottaciuto ma facilmente intuibile emerge dal testo. La poesia dirada le tenebre dell’ignoranza e della superstizione ,additando un mondo nuovo di cui si fa banditrice.
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Biografia
Mariagrazia Genovese, messinese, nasce nel 1962, a cinque anni intraprende lo studio del pianoforte presso il Conservatorio” A Corelli” di Messina. Si diploma,insegna, tiene concerti e compone. Nel 2010 compone la sua prima poesia e da lì comincia la sua ricerca poetica . Nel 2012 pubblica la sua prima raccolta poetica” Tempo Lucente” successivamente mette in musica una poesia in dialetto siciliano “Cantu pi’ tia” del poeta A. Cattino. Nel 2016 pubblica la silloge “Elegia” in lingua italiana, il poemetto”Nta Lu Strittu” e la poesia vernacolare”Vintottu Dicembri Millenovicentuottu” che musica. Fonda il”Cenacolo Culturale Hortus Animae” di cui è presidente , con il poeta Antonio Cattino che ne è vicepresidente. Nel 2017 crea un’antologia poetica “Florilegio”. Nel 2019 vince il primo premio nel concorso letterario Lucine Annaeus Seneca e pubblica la silloge” Il nido nel rosaio”.Le sue poesie sono presenti in varie antologie e sono state tradotte anche in lingua russa.