Nel 2020 perdono soldi tanti settori, ma a sorpresa corona un traguardo positivo quello in crisi atavica da sempre: il mondo dei libri. “Il 2020 si è chiuso con un + 2,4% per 1,54 miliardi di euro e l’Italia è diventata così un modello per l’Europa”. Questi i risultati presentati qualche giorno fa dall’Associazione italiana editori, Ricardo Franco Levi, in apertura del Seminario della Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri. Ha aiutato il tax credit per le librerie, l’apertura durante il lockdown, le soluzioni innovative digitali ma soprattutto la volontà, questo il parere del mondo di editori e librai e bibliotecari, delle Istituzioni e della politica di investire nel settore.
Il ministro dei beni culturali Dario Franceschini ha lanciato l’idea di un Patto Europeo per la lettura che vada proprio a rinforzare questo settore con misure economiche ad hoc. La speranza è che questo percorso virtuoso non s’interrompa soprattutto in un Paese come il nostro in cui la scarsità di lettori è sempre stata considerata un’emergenza nazionale, anche da osservazioni e rilevazioni soltanto dell’anno scorso. L’Istat a fine 2019 ha scoperto che il 40,6% della popolazione sopra i 6 anni ha letto almeno un libro l’anno. Il 14,3% di quel gruppo legge almeno 12 libri l’anno. Lapercentuale di italiani che leggono almeno un libro al mese si aggira sul 6% della popolazione. E il restante 60% perché non legge? Le scuse sono tante: dal tempo, al blocco mentale, ai troppi ‘comodi’ diversivi che ci sono, televisione in testa. Forse anche la scuola fa la sua parte: un tempo durante i periodi di vacanza i compiti erano la lettura di testi classici della nostra letteratura. Ora vanno per la maggiore i libri di compiti vari ed esercizi.
L’Associazione italiana editori ad ottobre aveva già presentato il trend di crescita, confermato dai dati delle librerie, fisiche e digitali, del circuito Arianna che però non comprendono Amazon. “Al 27 settembre, le vendite di libri fisici, saggi e romanzi nelle librerie, grande distribuzione e store online valgono 850 milioni, contro i 914 del corrispondente periodo dell’anno precedente. I 64 milioni persi in nove mesi, pari al 7%, sono comunque un risultato in netto recupero rispetto al -11% di luglio e al -20% di aprile, quando i milioni persi erano stati 90 in soli tre mesi e mezzo. Riparte anche la produzione di nuovi titoli da parte degli editori italiani: dopo il -77% tra inizio marzo e metà aprile, a fine settembre il confronto anno su anno segna -13%”. La nota dolente è che il lockdown ha accelerato una tendenza di crescita a discapito dei punti di vendita fisici già in atto da tempo. Ma questo sta accadendo del resto in tutti i settori: dalla cultura al cibo.
Per far sopravvivere i luoghi fisici di lettura, il libro cartaceo, le librerie come luoghi di incontro e di attività culturali servono precise misure politiche, la volontà di non farli morire e la ripresa di presentazioni di libri, dibattiti e attività che possano far vivere questi luoghi di cultura. Averli tenuti aperti durante il lockdown, mentre persino le Chiese venivano chiuse, è stata un’azione di valore simbolico e psicologico per le persone. E speriamo un impegno concreto nel futuro che pur digitalizzando tutto, non potrà fare a meno di luoghi come questi: punti di incontro e di ritrovo tra i cittadini, agorà delle comunità di anziani e giovanissimi, luoghi che sugli schermi virtuali non potranno esistere mai.