L’annuncio del ministro della Cultura è arrivato su Twitter pochi giorni fa: “Il confronto con il Cts e le integrazioni ai protocolli di sicurezza potranno consentire,in zona gialla, la riapertura di teatri e cinema dal 27 marzo, Giornata mondiale del teatro, e l’accesso ai musei su prenotazione anche nei weekend”. Una boccata di ossigeno e di speranza per chi della cultura ha fatto la sua professione e per i cittadini e amanti dell’arte. La notizia è stata succeduta dalla doccia fredda della chiusura delle scuole di ogni ordine e grado in Regione Abruzzo dove la variante inglese continua a colpire. Un percorso tutt’altro che lineare quello che si profila all’orizzonte.
Una nota Cna-Ueci (Cinema e Audiovisivo) parla di “una data simbolica” e riporta che “i cinema non sono nelle condizioni di riaprire a fine marzo”. Proprio sui cinema la situazione andrebbe, sempre secondo questo comunicato, affrontata in modo diverso da teatri e musei a causa del “trasferimento dei film sulle piattaforme” e il blocco “delle major americane che non usciranno con film”. Una crisi quindi di diversa natura da quella dei teatri che richiederebbe un approccio diverso.
Anche l’Associazione Teatri Italiani Privati segnala in ogni caso l’impossibilità per il settore privato dello spettacolo dal vivo di una riapertura senza un sostegno economico in tempi così brevi.
E la danza? Dal gruppo Facebook ‘Don’t stop dancing’, con oltre 66mila follower che lavorano nel mondo della danza e dell’insegnamento della disciplina, arriva una netta condanna alla proroga della chiusura delle scuole, fino all’ultimo post che denuncia: “Gli artisti, per lo Stato e per il popolo che non vive d’arte, non sono dei lavoratori, ma gente innamorata di un qualcosa che dovrebbe essere trattata come un qualunque hobby”. I condizionamenti infatti per una disciplina che è fatta di contatto fisico potrebbero diventare l’impossibilità di tornare a danzare sul palcoscenico. E intanto si aspetta la proroga dei ristori al momento congelati con il cambio di governo.
Sono proprio le associazioni di categoria di chi lavora nello spettacolo dal vivo a chiedere “un protocollo sanitario specifico e collaudato per i lavoratori del palcoscenico” perché come segnala l’Atip (l’Associazione dei Teatri privati), le restrizioni ancora presenti e la riduzione delle capienze impediscono di fatto di poter tornare a lavorare in sicurezza nei teatri”. Il mondo che più ha pagato un tributo alto alla pandemia sembra il primo a coltivare poca speranza sulla data del 27 marzo. Intanto i colori cambiano, tra zone rosse a macchia di leopardo come accaduto di recente nel Lazio e arancioni rafforzati.
*Foto dal web