di Domenica Puleio
“Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.” (Giovanni Falcone)
Quando nasciamo non scegliamo noi dove farlo, nasciamo e basta, veniamo al mondo tutti alla stessa maniera, la differenza la fa la strada che percorriamo da quel momento in poi.
Nessuno, appena nato, conosce il suo destino, nessuno sa cosa succederà nel corso della sua vita, a fare la differenza siamo noi e noi soltanto.
40 anni… 40 lunghissimi anni dall’omicidio di Giuseppe Salvia, Vicedirettore del carcere di PoggioReale a Napoli, trucidato barbaramente il 14 aprile 1981, per essersi opposto alla richiesta del boss Raffaele Cutolo di non essere perquisito.
Un Uomo di Stato nello Stato, che ha opposto la sua “resistenza”, che ha seguito le regole e che ha tracciato il suo cammino sulla scia della legalità.
In occasione dell’uscita del libro “La vendetta del boss” L’omicidio di Giuseppe Salvia di Antonio Mattone con prefazione di Andrea Riccardi Guida editori abbiamo avuto il piacere di intervistare il figlio del Vicedirettore assassinato, il dott. Claudio Salvia.
Criminalità organizzata. Cosa è cambiato?
Rispetto al passato non vi sono grosse differenze. La criminalità organizzata (chiamiamola Mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita n.d.r) rimane oggi quella di ieri, spietata, sanguinaria, assassina, probabilmente è il modus operandi che è cambiato; gli “strumenti” si sono raffinati, si è ancor più radicata nel tessuto istituzionale. Dico ancor di più perché, così come anche evidenziato nel libro che racconta di mio padre, i boss, i “grandi capi” godevano di “privilegi, di benefici” già all’interno delle strutture istituzionali come il carcere. (Ricordiamo che l’omicidio del Vicedirettore Giuseppe Salvia, a cui adesso il carcere è intitolato, avvenne proprio a seguito dell’imposizione del rispetto delle regole carcerarie al boss Raffaele Cutolo il quale, di ritorno da un’udienza, si era rifiutato di essere perquisito. Il Vicedirettore Salvia perquisì egli stesso Cutolo e si oppose fermamente ai “privilegi” che permettevano al boss di essere un “uomo libero” dentro il carcere in grado, addirittura, di poter riorganizzare l’associazione criminale di cui si ergeva a capo, attraverso una serie di procedimenti atti a sfaldare le “trame” che venivano “ordite” in sordina dentro le mura della struttura carceraria, dando esempio di grande forza e imponendosi, a sua volta, quale figura di legge e di Stato. n.d.r.)
Oggi, quindi, la criminalità organizzata si è meglio “mimetizzata” nei palazzi e “nell’alto borgo” condivide questa affermazione?
Si, la condivido. Oggi la camorra, la mafia, si è riorganizzata come Società, come ”impresa pubblica” e se Lo Stato vuole fronteggiarla deve necessariamente evolversi e crescere di pari passo.
Abbiamo necessità di “Eroi” che rappresentino lo Stato con la loro resistenza, EROI come quelli già avuti nel passato, negli anni bui del nostro Paese che, ricordiamolo, è uno dei più corrotti d’Europa, EROI che non per forza debbano essere “vittime sacrificabili”, ma anche onesti cittadini che si impegnino a rispettare le regole.
È un chiaro messaggio rivolto in particolare ai giovani giusto? Come la rimozione del murales dedicati ai baby boss.
Si, soprattutto a loro. La rimozione recente del murales dedicato al baby boss Sibillo è servito da messaggio. Bisogna cancellare quelli che si ergono a “falsi miti” e portare ai ragazzi esempi concreti di uomini comuni che hanno, comunque, fatto qualcosa per la società.
Purtroppo, mi riferisco soprattutto ai quartieri di periferia dove troppo spesso le Istituzioni tardano ad arrivare, l’assenza delle famiglie porta i ragazzi a perdere di vista la realtà. Qui, direi, diviene un obbligo quasi istituzionale della scuola e, quindi, dello Stato divulgare, diffondere messaggi di legalità, investendo in progetti fattivi, aumentando il controllo del territorio, così come oggi stanno facendo molti Prefetti e molti Questori.
Da figlio di un Eroe di Stato e da cittadino stesso che rappresenta lo Stato nella società, che messaggio sente di dover dare ai ragazzi oggi?
Ai ragazzi, di solito, faccio presente una statistica… Personaggi come Cutolo, (falso Robin Hood dei poveri n.d.r.), hanno passato in carcere circa 60 anni di vita, altri come il baby boss Sibillo, sono morti prima ancora di cominciare a vivere… quindi, conviene? Che beneficio se ne trae? Nessuno. Pertanto è meglio vivere nel rispetto delle regole e realizzare il proprio percorso, qualunque esso sia, ma sulla scia della legalità.
E noi, figli di una terra martoriata dal sangue, dalle tragedie, conosciuta, purtroppo, troppo spesso non per le sue meraviglie, ma per eventi tragici, non possiamo che essere d’accordo con lui ed adoperarci sempre affinché “le idee”, affinché Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Salvia, il Generale Della Chiesa e tanti altri, non siano solo Eroi, ma siano esempio, siano essi stessi la rotta che i giovani debbano seguire senza mai indietreggiare, senza avere paura.
La criminalità organizzata non ha alcun potere, non ha alcuna capacità se tutti rispettiamo le regole, se tutti, indistintamente, siamo Stato.