La quarta ondata di Covid, nonché la doppia pandemia Delta-Omicron continuano a fare terra bruciata per le industrie dei paesi. Così come tanti anche il settore cinematografico si piega e accusa i colpi dell’emergenza sanitaria che da ormai due anni mette in ginocchio tutti.
A fine dicembre la Cinetel ha messo a disposizione i dati dei botteghini e delle presenze in sala per l’anno 2021 rivelatosi un vero e proprio bagno di sangue e dunque se si considerano correttamente solo i dati sul periodo maggio-dicembre, i mesi in cui le sale cinematografiche sono state riaperte, il mercato ha registrato rispettivamente circa il 51% e il 53% in meno rispetto alla media del periodo 2017-2018-2019 (è opportuno ricordare che nel 2020 le sale sono state chiuse da fine ottobre in poi e quindi non è stato possibile considerare questo anno nella media). I cinema restano aperti ma il pubblico non c’è e i film neppure. Tanti i titoli in sospeso, cambiamenti in vista e ripensamenti sulle date di uscita quasi fosse tutto un gioco di strategia.
Ciò non ha messo a repentaglio solo gli incassi delle case e delle sale cinematografiche ma ha creato scompiglio nei rapporti tra le produzioni e gli attori stessi. Infatti è stato proprio lo streaming il terzo protagonista di questa pandemia. Quest’ultimo, reduce da molteplici lockdown, ha cavalcato sulla cresta dell’onda guadagnandosi il primato come mezzo di trasmissione più in voga per tutte le prime visioni. In un lungo periodo che ha visto le sale cinematografiche inaccessibili, le case di produzione si sono affidate a questo mezzo potentissimo, quale lo streaming, per permettere alle persone di non privarsi dell’unico svago culturale che era in qualche modo praticabile. Ma ha dato anche la possibilità alle produzioni di non mandare in malora mesi (talvolta anni) di duro lavoro, concedendo loro l’uscita dei film anche in situazione di emergenza sanitaria. Dunque un intervento decisivo quello delle piattaforme di streaming, ma che alla riapertura delle sale cinematografiche continua ad essere il mezzo preferito, penalizzando non poco quest’ultime. La principali aziende infatti stanno dando la precedenza ai loro servizi in streaming in modo da spingere la crescita. Questa strategia ha implicazioni finanziarie considerevoli soprattutto per attori i quali vogliono assicurarsi che la crescita dello streaming non li danneggi. Dunque sono stati loro stessi i primi a mettere in atto una vera e propria rivolta contro il gigante dello streaming, penalizzati dal fatto che gran parte del loro guadagno derivi proprio dal “bonus botteghino”: più quest’ultimo incassa maggiore sarà il bonus per l’attore. Polemica inappropriata visto il momento? Forse, fatto sta che è stato proprio il colosso di Disney a dover sborsare la quota maggiore: venti milioni di dollari di risarcimento all’attrice di The Black Widow, che nell’azione legale intrapresa sosteneva che secondo gli accordi con la Marvel Entertainment veniva garantita l’uscita del film esclusivamente in sala e il suo compenso era basato in larga parte sulla performance del film al botteghino. Chiaramente così non è stato e la pellicola è stata da subito trasmessa anche sulla piattaforma Disney, vedendosi costretta a risarcire l’attrice.
Penalizzante e allo stesso tempo confortante la performance dello streaming che però non sembra spaventare troppo i produttori nostrani e così ad esempio Riccardo Tozzi, fondatore di Cattleya ed ex presidente Anica, va oltre: “Il pubblico, quando sarà finita questa peste, tornerà al cinema e saremo più o meno sui 100 milioni di biglietti come l’Italia ha sempre avuto, quello che cambia è la composizione del pubblico e il sistema complessivo: siamo viziati dall’abbondanza di film e serie in casa, saremo chiamati ad uscire ed andare in sala quando sentiremo che c’è l’evento, l’originalità, l’avvenimento che ti ci porta. Per me non è questione di finestre, più o meno lunghe perché tanto sappiamo che prima o poi arrivano, ma di film che ci fanno uscire dalla porta.”